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La nipote del diavolo - I, 2

Parte I: Fili pendenti



2.

Amedeo si lasciò galleggiare in un lattiginoso senso di voluttà. Il volto perlaceo di Nilde emanava su di lui un lume come di luna, rischiarato da due iridi azzurre. Il giovane tese una mano verso di lei.
            Una vescica dolorosissima gli attraversò la pelle del palmo. 

Nilde scoccò una risata metallica: «Come? Non sapevi che il ghiaccio brucia?»
Amedeo sentì le dita affusolate e forti di lei stringergli le spalle e spingerlo all’indietro. Avvertì, contro la schiena, qualcosa di duro. Una punta in metallo.
            Le punte divennero due, tre, cento, premute contro le sue membra. La ragazza emise un sospiro ironico: «Ah, già… “La vergine di ferro”. Mi aveva soprannominato così mio zio… Darmi il nome di uno strumento di tortura era il suo modo di essere affettuoso».
            Un grido si congelò nella gola di Amedeo. Cercò di divincolarsi. Ma il suo corpo non gli rispondeva.
            Il sorriso di Nilde era sempre più perfetto, celeste. Raggiunse la maestà di un’apoteosi, quando lei posò le mani sulle ante di quell’orribile armadio e cominciò a richiuderle sul ragazzo.
In un estremo sforzo di urlare, lui si risvegliò, nel lettino da studente.

[Continua]

Pubblicato su Uqbar Love, N. 173 (3 marzo 2016), p. 14.

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