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Siegfried nel Far West, ovvero Virtù e Fortuna

Trattando di Sentieri selvaggi , R. parlò di “morte del western”, per il venir meno di quel senso dell’ignoto che ne era l’anima. Parlò anche del virilismo e del razzismo indispensabili al genere. Django Unchained   (2013; scritto e diretto da Quentin Tarantino) li ostenta entrambi e lo fa nel teatro più adatto: il Nord America del 1858, in piena economia schiavistica. Il titolo è asciutto e pregnante come quello delle tragedie greche. Esso ricorda per contrasto Prometeo incatenato. Di sicuro, anche qui viene narrato il mito di una figura titanica che si oppone alla “tirannide naturale e necessaria”. Come si fa con ogni forma d’arte ormai esaurita, il film gioca a ricombinare i modelli del passato. “Django” è un nome arcinoto ai cultori del western: proprio poco fa, qualcuno mi ha menzionato la prima versione del personaggio, interpretato da Franco Nero, che ha offerto la propria partecipazione straordinaria anche per la pellicola di Tarantino. Se il primo Django era nero nel...

Sentieri selvaggi

‹‹Voi non sapete cosa significhi giocare a “indiani VS cowboy”… Non conoscete quell’emozione…›› divaga R. Può darsi che sia vero. Anche se a me piaceva giocare coi miei cugini di terzo grado, che facevano giochi “da maschi”, con armi e inseguimenti.             Siamo in una delle due sale TV del collegio e stiamo commentando The Searchers - Sentieri selvaggi  (1956). La complessa trama si può riassumere così: i searchers , i “cercatori”, sono Ethan, soldato dal passato oscuro, e Martin, suo figlio adottivo d’origini pellerossa. Vogliono rintracciare le nipoti del primo, rapite dai Comanche. Naturalmente, dubitano di ritrovarle vive. E, qualora lo fossero, non sarebbero le stesse persone di prima.             Ripensando al film, mi vengono in mente soprattutto quei paesaggi a perdita d’occhio, con campiture rossicce contro il blu lapislazzuli del cielo. Non a caso –d...