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Visualizzazione dei post da dicembre, 2014

Per sempre mi sorriderai

"Sheila dormiva. Un silenzio ovattato e instupidito regnava in tutta la stanza, mentre una miriade di fiocchi pioveva pigra sulla città sonnolenta, risucchiando ogni suono e rumore. Solo di quando in quando, il lontano rintocco di una campana o lo schiamazzare di alcuni ragazzini restituivano a quell’universo surreale la parvenza di una sotterranea quotidianità. Nonostante la calda trapunta che l’avvolgeva, arrivando quasi a nasconderle il viso, Sheila fu gradualmente ma perfidamente destata dall’accecante trama luminosa che i candidi muri domestici e la neve, come congiurati, le avevano a poco a poco ordito attorno. Le nebbie di un sonno profondo e oscuro si stemperarono in un torpore diffuso, mentre ella si stiracchiava pigramente sotto le coperte. Che ora poteva essere? A giudicare dalla luce sfacciata che irrompeva attraverso le finestre (come mai non aveva abbassato le tapparelle?), doveva essere giorno inoltrato. Le sembrava di aver dormito una vita intera, ep

Un "Cerchio d'argento" nel cassetto

Fu la mia prima sperimentazione narrativa ad ampio respiro, fra i miei 15 e i miei 18 anni. Qualche anno più tardi, la pittrice e poetessa Beatrice Barnabà (l’autrice della presentazione de La tessitrice di parole   ) mi consigliò di disegnarne le illustrazioni.             Lo propongo ora come e-book gratuito, sperando che incontri l’affetto di qualche lettore. Il cerchio d’argento racconta, in quindici capitoli, le vicende di una curiosa quindicenne, Edvige: nel bel mezzo della quotidianità, le tocca un’esperienza che sarà dirompente e formativa allo stesso tempo. Si ritroverà, infatti, ad attraversare il passaggio verso la Sòmal-Màrie : una terra dove sembrano essersi concentrati e rimescolati i miti, i viaggi e la storia di cui pullula il bacino del Mediterraneo, fino a creare una sintesi inedita. Magia, leggenda e “normalità” si passano continuamente il testimone, senza, peraltro, che ne siano definiti nettamente i confini. Serene vicende d’amicizia si alternano all’intr

Ardente pazienza

Ultimamente, mi son presa la libertà di inviare questo tweet: Ovviamente, sulla mia bacheca di Facebook (collegata al mio profilo Twitter) è giunto in picchiata il solito “Savonarola” antimoderno, antiprogressista, antitutto (o quasi).             A casa, invece, mi sono arrivate le rimostranze telefoniche del “kompagno Peppone”, che mi ha sottoposto per l’ennesima volta all’esame di fede politica. #PepponeStaiSereno: dubito che, dai tuoi interrogatori, uscirà mai qualcosa d’interessante. Mi piacerebbe tanto potermi autodenunciare per qualcosa di figo, del tipo: “Sì, ho creato la lobby dei lombrichi cornuti… Intanto, ho piazzato sotto la sede del Parlamento una bomba caricata a canditi e uvetta…” La verità è che sfamo la mia sinistraggine campando stentatamente di liste civiche.             Comunque, per evitare altre torchiature da parte della Stasi, ho deciso di piazzare nero su bianco il significato di alcuni vocaboli in gazzoldese: Antiprogressismo = terrore patolo

Assolo notturno

Mi lascio alle spalle il cancello umido d’inverno. Nel vicolo cieco, penetra la luce di lampioni lontani. Una figura, in fondo alla viuzza, si stringe al cellulare. Scivolo accanto ai resti cariati di un rustico, alle finestrelle di quella che deve essere stata una stalla. Sorpasso la figura –una donna bassa, infelicemente inguainata in un tubino e nei collant.             Il chiarore dei lampioni, ora, mi raggiunge, senza illuminarmi. La sera fradicia e precoce di dicembre mi avvolge come un abito. Finalmente, sento di essere quello che sono: uno spettro pulsante in uno habitat d’ombre.             Proseguo lungo la via principale –una scorciatoia invitante si apre al mio fianco, ma la ignoro. Mi guardano case sempiterne, dai portoni di legno o dagli usci scheggiati, con finestre alte e mute ormai care ai piccioni Ma, ora, di piccioni non se ne vedono.             Sbocco in una via più larga, senza lampioni, ma con un paio di vetrine illuminate. Davanti a quella del caffè-p

La ragazza che amò Bocca di Rosa

La chiamavano “Bocca di Rosa”, dell’altra non è rimasto il nome; ma che presto fosse andata in sposa è noto senza “perché”, né “come”. Non ebbe tempo nella stazione del paesino di Sant’Ilario, ma avvertì una nuova stagione muover per l’aria del suo lunario. Ignorava l’amore per noia, tantopiù quello per professione; l’era pur toccata qualche gioia, se non proprio la vera passione: quella passione che conduce spesso a soddisfare le proprie voglie, senza saper che non è lo stesso concupir marito oppure moglie. A lei diedero buoni consigli, perché non desse cattivo esempio; capì alla fine ch’eran famigli d’un dio pagato per star nel tempio. Così imparò ad abbandonare quelle comar senza iniziativa, che scaldavano le anime amare al fuoco fatuo dell’invettiva. Quando a lei pure Bocca di Rosa rubò lo sposo in un soffio d’alba, lei ripercorse, discreta e ascosa, l’orme di lui sulla via scialba. A quel rumor d’insolito

Del Politicamente Corretto

Anche senza la boutade di Balotelli su SuperMario, se ne sarebbe parlato. Di Lui, l’Uno e Onnipresente: il Politicamente Corretto. In nome della crociata contro cotesto tiranno, si sono stretti attorno al ragazzo difficile anche coloro che, prima, lo consideravano un gran pezzo di somaro –o non lo consideravano affatto. Quali conversioni non sa operare una buona bandiera? E, dulcis in fundo, il grido di battaglia, con tanto di indirizzo alla sottoscritta: “Questo è il mondo che volete voi, con le vostre paturnie!”             Ebbene, Cavalieri dell’Acuta Frecciata e Paladini della Legittima Beceraggine: sappiate che non siete affatto eccezionali. Intanto, mi sfugge chi sarebbero quei “voi”, dato che io sono una senza essere trina. Ma, ancor più, vi ricordo che   la tizia con le paturnie ha creato Canidia Sagani , Angelico Mazzanti , Dentella D'Erpici  e Makkiavelli . Niente di che, ma sempre meglio del Nulla Cosmico che sapete schierare in campo voialtri. E, volendo continuar

Abbasso Romeo e Giulietta

E bravi, Romeuccio e Giuliettina. Ci avete turlupinato ben benino, col vostro balcone, la vostra allodola e il vostro usignolo (nessuna malizia). Ci avete piantato in testa quel ronzio del perché-sei-tu-Romeo (alla faccia delle domande utili!), non-giurar-per-la-luna, la-rosa-che-si-chiama-proprio-rosa-ma-profumerebbe-lo-stesso-con-un-altro-nome. Una simile matassa di ruffianerie si giustifica solo ricordando che il povero Bardo doveva pur sbarcare il lunario, in qualche modo. Diciamo pure che ci fa piacere pensare che si sia mantenuto in salute, anche per lasciarci un bagaglio di versi che non son spiacevoli da rileggere.             Però, tutto questo è un imbroglio infame. In quel posto meschino che noi comuni mortali chiamiamo “terra”, una storia come la vostra è tutto fuorché applaudita. Due persone nella vostra situazione non possono amarsi: per ovvie ragioni d’amor proprio, se non per altre. Non possono, perché ciascuno dei due è gravido di preconcetti e paure. Quand’anch