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Visualizzazione dei post con l'etichetta francesco petrarca

Chiare, fresche e dolci acque lungo il Pedibus

Dopo Dante Alighieri e Cecco Angiolieri, non poteva che arrivare lui: Francesco Petrarca (Arezzo, 1304 - Arquà, 1374). Appartenente alla generazione successiva, aggiunse un capitolo fondamentale alla storia della lingua italiana. Se Dante aveva creato l’alta letteratura in volgare fiorentino e Angiolieri aveva raggiunto l’apice della poesia comico-realistica, Petrarca fornì quello che - per secoli - fu il modello indiscusso di linguaggio poetico.              Tra disegni, parole semplici e qualche gioco, di lui hanno saputo i bambini delle scuole elementari, durante il Pedibus di primavera (4 aprile - 27 maggio 2016). Hanno sentito parlare dell’esilio dei suoi genitori, della sua crescita in Francia del Sud (a proposito del gemellaggio…) e del suo amore per Laura, di cui non si sa altro se non che era bionda, bellissima e fredda. L’attività ha tratto il nome dall’incipit della più famosa poesia petrarchesca: “Chiare, fres...

Petrarca fantastico

Sarà la sessione d’esame, sarà il mio cervello disposto sempre a saltare di palo in frasca, ma mi è accaduto, recentemente, un episodio di serendipità letteraria. Di quelli che mostrano come, in campo umanistico, “vicino” e “lontano” abbiano un significato molto relativo.     Ho letto, finalmente, La Morte Amoureuse (“La morta innamorata”) di Théophile Gautier (1836). L’edizione è quella offerta dalla Société Théophile Gautier . È citato da Remo Ceserani, nel suo saggio Il fantastico , (“Lessico dell’estetica”), Bologna, 1996, Il Mulino. Il racconto sarebbe un esempio di ciò che Sigmund Freud chiamava Das Unheimliche, “il perturbante” (1919): un senso di disorientamento e angoscia, il dubbio sulla natura di ciò che s’incontra. Nel racconto di Gautier, il prete Romualdo non sa se l’amatissima e tentatrice Clarimonda sia donna o demone, vivente o spettro, realtà o sogno. Ma non è questo che mi ha colpito maggiormente. Né il fatto che la “morta innamorata” sia u...

"Non lassar la magnanima tua impresa"

Il sonetto che comincia La gola e 'l somno et l'otiose piume" occupa il settimo posto nel Canzoniere di Francesco Petrarca ed è il primo dell'opera a non essere d'argomento amoroso. Si tratta, piuttosto, d'un testo d'impegno intellettuale e morale, in cui il poeta si rivolge ad un anonimo corrispondente: La gola e 'l somno et l'otiose piume ànno del mondo ogni vertù sbandita, ond'è dal corso suo quasi smarrita nostra natura vinta dal costume; et è sì spento ogni benigno lume   del ciel, per cui s'informa humana vita,   che per cosa mirabile s'addita   chi vòl far d'Elicona nascer fiume. Qual vaghezza di lauro, qual di mirto?   Povera et nuda vai philosophia,   dice la turba al vil guadagno intesa. Pochi compagni avrai per l'altra via:   tanto ti prego più, gentile spirto,   non lassar la magnanima tua impresa. L' impresa del v.14 non è specificata; è tuttavia chiaro come essa sia legata al...