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Visualizzazione dei post da gennaio, 2013

Dopo la Giornata della Memoria...



In una grande colonia greca - 200 a. C.

"Che le cose non vadano bene nel Paese non è chi non lo veda. E benché in qualche modo noi si tiri avanti forse è arrivata l'ora -lo pensano non pochi-, di ricorrere a un Gran Riformatore.   Ma l'impedimento, la difficoltà è che questi Riformatori trasformano ogni cosa in grande impresa. (Che fortuna sarebbe poter fare a meno di loro.) Su ogni questione fanno interrogator î e inquisizioni, e subito propongono modifiche radicali da attuare -ingiungono- senza alcun indugio.   Inoltre, hanno una tendenza ai sacrifici. "Dovete rinunciare a quella proprietà. La vostra è un'occupazione precaria: proprio tali possessi danneggiano il Paese. Dovete rinunciare a questa entrata e a quest'altra, collegata alla prima, e a questa terza: logica conseguenza. È essenziale, che volete farci? Ne conseguono responsabilità perniciose".   E più vanno avanti con il loro elenco più trovano sprechi da eliminare. Ma abolire ques

Considerazioni inattuali: lettera a Francesco Dettori

Egregio Francesco Dettori, procuratore della Repubblica per la Provincia di Bergamo, in questi giorni, avrà ricevuto fin troppi pareri sul suo... ehm, “illuminato” consiglio al mondo femminile: “Sarebbe bene che di sera le donne non uscissero sole”.             Innanzitutto, lodo l’ originalità della soluzione proposta. Pensi, non ci saremmo mai arrivate… D’altronde, è solo da qualche millennio che il nostro genere deve mendicare la tutela di familiari e partner maschi, perché la sicurezza pubblica fa quel che può (o meno ancora) e ci sono in giro cervelli che sarebbe bestemmia definire umani. Davanti a questo radicato e mondiale problema, cosa ci sentiamo rispondere? Mi scusi, ma detto da un rappresentante dello Stato e delle sue leggi, suona un tantino pilatesco (oltre che ridondante).             Visto che Lei non è donna, Le lascio solo immaginare cosa significhi doversi guardare le spalle solo perché si sta tornando da una festa, un cineforum, un’iniziativa culturale in

Abiti, monaci e crudeltà di vanità

Questa celeberrima fotografia ha detto, in modo rapido e arguto, ciò che sembra non essere arrivato alle menti umane, nonostante la venerabilità del proverbio: l’abito non fa il monaco. Dire che la lunghezza della gonna definisca la sessualità femminile sarebbe come affermare che qualcuno è un intellettuale perché porta occhiali, che è noioso perché indossa un maglione marrone, che è Toro Seduto perché ha il capo adorno di penne. Che dire? Su questo, le rimostranze femministe hanno pienamente ragione.        Chiarito cosa l’abito non sia, si può anche spender qualche parola su cosa sia: una necessità pratica, per difendersi dal clima; un velo per intercettare gli sguardi indiscreti e non graditi; un mezzo di comunicazione. Il punto 3 è quello più delicato e discusso, come dimostra anche il caso dei “pregiudizi al femminile”. Infatti, anche se è un aspetto superficiale e insufficiente a definire un carattere, il vestito fa pur sempre parte della pe

L’umano animalizzato e l’animale umanizzato: un confronto tra "Maria Giuseppa" e "Mani" di Landolfi - Conclusioni

"Questi due esempi mi sembrano calzanti nel definire un elemento interessante dell’interazione con gli animali in Landolfi. Ho voluto sostanzialmente presentare due tipi antitetici di metamorfosi “mentali” (cioè avvenute nelle menti dei protagonisti). All’instabilità della metamorfosi di Maria Giuseppa, costantemente in bilico tra l’umano e l’animale, risponde la stabilità della trasformazione del topo in Mani , che prende ordinatamente avvio, agli occhi del protagonista, solo dopo la morte dell’animale. Se dovessimo rappresentare su un asse cartesiano i processi metamorfici descritti, probabilmente disegneremmo una sinusoide per Maria Giuseppa e una parabola ascendente per il topo di Mani : la sinusoide ben raffigura l’instabilità della natura di Maria Giuseppa nella mente del protagonista (ora donna, ora animale); la parabola ascendente è parimenti efficace nel riprodurre il graduale processo dell’evoluzione metamorfica del topo..." ( continua )   Lorenzo Dell'

L'eccezione e la regola

La sera del 12 gennaio 2013, al Politeama di Manerbio, è stato replicato il musical Forza venite gente . Terzo titolo inscenato dai ragazzi dell’oratorio "S. Filippo Neri" . E, per una volta, ero in platea, anziché con loro. I ricordi erano freschissimi, anche se la compagnia Suzao – Vivere insieme,  stavolta, ha collaborato con l' Action Crew for Jesus. Molti volti erano nuovi, ma avevan resistito le “vecchie glorie”.             Quando ero nel cast, pensavo alle battute, all’emozione e al calore del lavorare tutti insieme. Essere spettatrice mi ha fatto godere il frutto di tutto questo. Sarà stata una mia impressione, ma le coreografie dovevano aver acquistato maggiore complessità.             A parte ciò, mescolarmi alla platea mi ha fatto un altro effetto. Quello di restituirmi l’occhio dell’ “uomo comune”. La vita romanzata di S. Francesco scorreva davanti a bisbigli, risate apprezzanti e furtive lacrime. Con la sensazione sempre meno incerta che… sì, si foss

Petrarca fantastico

Sarà la sessione d’esame, sarà il mio cervello disposto sempre a saltare di palo in frasca, ma mi è accaduto, recentemente, un episodio di serendipità letteraria. Di quelli che mostrano come, in campo umanistico, “vicino” e “lontano” abbiano un significato molto relativo.     Ho letto, finalmente, La Morte Amoureuse (“La morta innamorata”) di Théophile Gautier (1836). L’edizione è quella offerta dalla Société Théophile Gautier . È citato da Remo Ceserani, nel suo saggio Il fantastico , (“Lessico dell’estetica”), Bologna, 1996, Il Mulino. Il racconto sarebbe un esempio di ciò che Sigmund Freud chiamava Das Unheimliche, “il perturbante” (1919): un senso di disorientamento e angoscia, il dubbio sulla natura di ciò che s’incontra. Nel racconto di Gautier, il prete Romualdo non sa se l’amatissima e tentatrice Clarimonda sia donna o demone, vivente o spettro, realtà o sogno. Ma non è questo che mi ha colpito maggiormente. Né il fatto che la “morta innamorata” sia un tassello pre

L'animale umanizzato: il topo di "Mani". Il "topo animale" e il "topo uomo"

QUARTA PUNTATA "Se in Maria Giuseppa l’identificazione uomo-animale agli occhi del protagonista è instabile e momentanea, diverso è il discorso per il racconto “ossessivo-emotivo” Mani, dove la metamorfosi del topo subentra nella mente del protagonista solo dopo la morte dell’animale stesso e, si potrebbe aggiungere, per mezzo di un processo graduale. Solo dopo la morte del topo, infatti, «scattano l’identificazione con l’animale abietto (…) e il senso di colpa, cosicché alla fine si approda alla "pietà" nei confronti della specie offesa, che diventa oggetto del più accorato vezzeggiamento». La morte del topo fa da spartiacque all’intera vicenda; anche qui poi, come in Maria Giuseppa , la sua metamorfosi avviene solo nella mente del protagonista: da semplice animale il topo diviene – in Federico – interlocutore impossibile e fonte di nevrotici sensi di colpa..." (continua)   Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishin

L'educazione di un re

Io sono italiana. Ciò significa che il mio ultimo ricordo (storico) della monarchia non è molto lusinghiero. Si è defilata nell’epoca del maggior bisogno, per farla breve. Sono nata e cresciuta in una repubblica democratica parlamentare, dunque. Con la sensazione sempre meno incerta che avesse ragione Giorgio Gaber : “…questa democrazia / che, a farle i complimenti, ci vuole fantasia…” Anche se ciò non implica la nostalgia della corona. Del resto, il rampollo dei Savoia sembra più interessato allo spettacolo che al trono.             È stato, perciò, da straniata che mi sono accostata a Il Re Leone . Rai 1 l’ha riproposto, il 2 gennaio 2013, e ho praticamente trascinato la famiglia davanti al televisore. Fotogrammi mozzafiato, a partir dall’alba nella savana che apre la pellicola. Chi è stato nell’Africa subsahariana ne ha decantato il cielo. Non so se Disney gli abbia reso piena giustizia; ma, forse, ci è arrivato vicino.             Mufasa è sicuramente il genitore che vorr

Il microfono e la ciabatta

I venti di Sanremo sono –si sa- familiari a questo blog. Sono una fonte irrinunciabile di umorismo. In questi giorni, per esempio, aleggia nella mia mente uno di quei  "proustiani fantasmi" di cui si diceva poc’anzi.             Quando Anna Tatangelo propose Bastardo , F. alzò un sopracciglio. ‹‹Non mi dice niente››. Sospiro di sollievo per il suo longevo matrimonio: perlomeno, F. non riconosceva il proprio marito nella canzone. A dir la verità, si potrebbero riconoscere tutti e nessuno, nel testo. Perché il “bastardo” non ha fisionomia alcuna. Nemmeno si capisce cos’abbia fatto per meritarsi quel profluvio d’invettive. Lo sventurato non risponde; la sua donna l’ha zittito dal principio (“Non recuperare, ti prego…”). Dopodiché, è partito il fuoco di fila: “Voglio dirti quello che penso,/farti morire nello stesso momento…” E così via, lungo la stessa linea di cuccagna. Se non fosse per la splendida (ammettiamolo) voce della Tatangelo, si potrebbe avvertir l’eco dei piat

La poesia scende in piazza

“Poeti, uscite dai vostri studi…” (L. Ferlinghetti)   Il PaviArt Poetry Festival è giunto alla VI edizione. L’evento è stato organizzato dall’O.M.P. (Officina Multimediale Pavese) e dalle Edizioni FarePoesia. Hanno collaborato l’Osteria Letteraria Sottovento e il Gruppo Armonie Popolari. Il patrocinio è giunto dalla Provincia di Pavia, ma anche dal Comune omonimo, in partenariato con quelli di Travacò Siccomario e Zeccone. Il festival fa parte del progetto P.A.V.I.A. (Partecipare, Abitare, Valorizzare, Ideare, Ascoltare la città), realizzato nell’ambito dei Servizi agli studenti nei Comuni sedi di Università. Ha visto il sostegno del Dipartimento della Gioventù – Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). Si è svolto dal 23 al 25 novembre. Si è aperto con uno sguardo sulle realtà sociali e cittadine : la presentazione del percorso didattico “Per una società libera dalla mafia”, degli allievi dell’Istituto Statale Adelaide Cair

Sarà quel che sarà

L’ultima notte dell’anno è un buon momento per far ciò che non si ha mai fatto. Così, la sera di S. Silvestro 2012, mi sono guardata tutto Gli Aristogatti . La mia cinefilia, piuttosto recente, mi sta facendo riscoprire i classici Disney. Non ho potuto godermeli adeguatamente, durante l’infanzia. Non avendo il videoregistratore, li vedevo a scuola o a casa d’amici. I quali, conoscendo già a memoria quelle pellicole, esaurivano ben presto la propria (e la mia) attenzione. Non che lo avvertissi come un gran danno… Preferivo i libri per l’infanzia che riportavano quei fotogrammi e quelle storie. Il regalo natalizio, di rito, era   la versione cartacea dell’annuale film Disney. Una sciocchezza, col senno di poi. Anche se mi mise in pari con la cultura infantile d’uopo.        Non mi dilungo su una trama nota, dunque. Un’innominata “Madame” parigina, ex-diva d’opera lirica, destina la cospicua eredità alla gatta e ai suoi tre piccoli. A bocca asciutta rimane Edgar, il maggiordomo d’una

La storia continua?

La forza legale non proteggeva in alcun conto l’uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano […] Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza de’ loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d’aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da’ perturbatori, e d’accrescer le violenze e l’astuzia di questi. L’impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d’alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d’interesse, e con gelosia di puntiglio. Or