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Visualizzazione dei post con l'etichetta panait istrati

Vaso di coccio e vaso di ferro

“Il mattino dopo, mentre la casa era ancora immersa nel sonno, uscimmo come due ladri per andare a fumarci i nostri ultimi narghilé in riva al mare. Moussa era avvelenato fino alla punta delle unghie dall’odio che nutriva ora nei confronti della figlia. L’idea di tornare a casa umiliato, dopo essersi tanto ripromesso di riportarla indietro per amore o per forza, gli era più greve che se avesse dovuto recare ai suoi la notizia della morte di Sarah: ‒Ti giuro che scoppierei di gioia se la vedessi morta stecchita, là, sotto i miei occhi! Quella carogna!             Quel mattino ero assai mal disposto ad approvare entusiasticamente un simile esclusivismo sentimentale. Lo sentivo fratello del mio e pieno d’ingiustizia. Cercai anche di comunicare al povero padre i miei stessi dubbi, per diminuire la violenza del suo odio, ma fu fatica sprecata: ‒Certo!... Per te, è facile mostrarti tollerante, dato che tu non ci vai ...

Amor di patria

“Dal canto suo, Adrian si compiaceva di parlare in greco con Kir Nicolas: – Ma, diceva, Kir Haralambe (era il nome del padrone greco che aveva appena lasciato) m’ha fatto pagar cara la sua lingua. Credo che il numero di schiaffi che incassavo da lui in una giornata superasse il numero di nuove parole greche che imparavo ogni sera. Eppure, Kir Haralambe si diceva fiero di sapermi figlio di greco…             Kir Nicolas esclamava: – Eh! Moré Adriani! Greci, turchi o tartari, non siamo che poveri uomini. La nazione è una parola con cui si agghindano due tipi di persone: i furbi matricolati e gli imbecilli. Purtroppo, c’è anche un piccolo numero di sinceri e d’ingenui che sono in buona fede, è grazie a loro che le frontiere si conservano. Altrimenti, sarebbe presto finita per la parola nazione. – Allora, tu non credi nella Patria, Kir Nicolas? domandava Adrian. – Ma sì, pédaki mou (piccolo mio), ci credo: di notte, quan...

La vera anarchia

  “La libertà, mio bravo ragazzo, quella vera, è l’armonia. L’evoluzione senza urto. Non si trova che nel movimento degli astri, ove riposa il comandamento supremo, il comandamento senza difetto e senza fallimento. Sulla terra, non lo troverai, vicino alla propria perfezione, all’Amore, che nelle creature meno complesse dell’uomo. Conosci la vita delle gru? Le gru formano la comunità ideale. Nel loro stormo, ognuna si muove a piacimento, è libera di mangiare o non mangiare, di dormire o non dormire, di stare su una zampa o su due, e non conosce che un comandamento: quello dell’Amore. Quando si assopiscono, nei campi, nel torpore dell’estate, una sentinella veglia e lancia, se serve, l’allarme. E poi, quando l’autunno arriva e il vento del Nord comincia a sfiorare il loro piumaggio, diventano malinconiche. Qualche giorno più tardi, nel bel mezzo dell’attesa generale, un grido brusco e penetrante, seguito da un primo volo, elettrizza lo stormo, scuote la comunità. L’ordine di...

Virtù

“Figli miei… Mi aspettavo molto male da parte di vostro padre, ma non credevo che sarei stata sfigurata senza morire sul colpo, perché, sappiate, il mio occhio sinistro è quasi uscito dall’orbita. Per me, questo è peggiore della morte… Sono stata fatta dal Signore per i piaceri della carne, così come Egli ha fatto la talpa per vivere lontano dalla luce; e, come questo animale che ha tutto ciò che serve per vivere sottoterra, così io avevo tutto quel che mi serviva per godere d’una vita di piaceri. Avevo fatto voto di uccidermi, se la forza degli uomini avesse voluto piegarmi a una vita diversa da quella che sentivo nel mio corpo. Oggi, penso a quel voto. Vi lascio… Vado a curarmi lontano da casa nostra. Se riuscirò a salvare il mio occhio e a cancellare ogni traccia di bruttezza, vivrò e mi rivedrete… Ecco cos’ho da dirvi: tu, Kyra, se –come penso- non ti senti portata per vivere nella virtù, in quella virtù che viene da Dio e si esercita nella gioia- non essere virtuosa, repressa ...

Per amore dei libri

Dalla Lettera a Romain Rolland (gennaio 1921): “…È molto bello ‘non aver bisogno di sperare per intraprendere, né di riuscire per perseverare’, ma io ho fatto tutto quel che ho potuto, durante venticinque anni di fede sincera nell’arte, nell’amicizia, in un futuro migliore. Mi son privato di pane non già per comprare un libro, ma per poterlo leggere e sognare per il suo fascino. Bambino e domestico, mi son fatto battere tutti i giorni per il crimine d’aver letto sottraendo tempo al mio sonno, dopo diciotto ore di fatica. Operaio, mi son fatto mettere alla porta per non essermi potuto separare un mattino da una lettura più bella della mia vita, più necessaria del mio pane, oppure per aver espresso la mia ribellione all’ordine stabilito. […] La primavera del 1907 arrivai ad Alessandria d’Egitto, giungendo da Napoli. Ero povero e mal vestito, ma felice come un fringuello. La sera, nell’osteria di un connazionale, soffoco la mia fame con un pezzo di pane, un the ed un po’ di ...

Delitto e castigo

Da Codine (1926): “Quando, per la prima volta, ricevetti il suo bacio d’amico, il mondo cambiò colore. Non mi battevo quasi più, sopportavo che mi si dicesse che ero brutto! Divenimmo fratelli di croce, e ci amammo senza secondi fini, di questo non c’era dubbio. Ma, otto mesi più tardi, l’invidia che provava per la mia forza gli guastò il sangue: Tanasse aveva un occhio falso, invidioso. Non mi baciava più. Non dissi nulla, perdonai e, per farlo riavvicinare, l’amai ancor di più, evitai di apparire più forte di lui… Perché la sua gelosia nasceva da quello. Tuttavia, si allontanava, si allontanava sempre di più, fino al giorno terribile in cui, al cospetto di tutti gli amici, le sue labbra che baciavo mi hanno chiamato ‘muso di scimmia’! Per la prima volta in vita mia, piansi. Perdonai. Tanasse sfuggiva, sfuggiva ancora più lontano da me. Non ci fu alcuno che deridesse la mia bruttezza con più talento; e, alla fine, ecco che cercò di picchiarmi! Tenni ancora a bada il mio sangue...

Dal fare al dire (2)

Da: Verso l’altra fiamma (1929) “L’1 febbraio dell’anno corrente, demoralizzato, vinto, io avevo appena terminato tutti i preparativi per la mia partenza dalla Russia e mi trovavo nella mia camera dell’ Hotel Passaggio, a Mosca, quando Victor Serge entrò, molto calmo, ma pallido come la morte […] Si trattava di un articolo abominevole […]:             Il 26 di questo mese, la compagna Mar’ja Svirtsjéva, membro della direzione della casa n° 19 di via Jeliabov, entrò nell’appartamento del cittadino Russakov per esaminare le riparazioni che erano appena state eseguite. Il cittadino Russakov, inquilino principale, avvicinandosi a Svirtsjéva, le domandò rozzamente perché fosse venuta. […] La preparazione verbale dell’aggressione non fu lunga. Una delle donne, la figlia di Russakov, prese Svirtsjéva per la spalla, mentre Russakov la colpiva al viso. Tutti e cinque, Russakov in testa, trascinarono Svirtsjéva lungo il corridoio, fino...

Dal fare al dire

Da: Verso l’altra fiamma (1929) “ Samara Qui mi capitò un incidente che fece eco in Francia e che fu deformato in un modo così malevolo che sono obbligato a ristabilire i fatti. Ecco, prima di tutto, quest’eco, tale quale comparve ne Le Temps del 16 ottobre 1928:             Russia. – Il commissariato dell’Istruzione pubblica prosegue la revoca dei vecchi alti funzionari che occupano vari posti nelle amministrazioni scientifiche e nei musei. Così sono già stati revocati i sigg.: Gravé, vecchio membro della corte di Cassazione; Childlovskij, vecchio governatore; Minkovitch, vecchio direttore del dipartimento degli Interni. Quanto agli impieghi nei musei, vengono revocati tutti i loro titolari che, in passato, erano ostili al bolscevismo. Cosa curiosa, questa misura sarebbe stata suggerita ai comunisti dal romanziere Panait Istrati, che, visitando il museo di Samara, attirò l’attenzione delle autorità sovietiche ...

Uomini e uomini

“Ci sono due tipi di uomini. Il vermiciattolo umano, per nulla turbato nel suo torpore millenario, prosegue la propria piccola esistenza senza troppa pena.   I suoi dolori: l'imprevisto che arriva come alla coda della lucertola, che un nonnulla fa cadere, che un nonnulla fa ricrescere, e della quale il prezzo è qualche goccia di sangue freddo! Le sue gioie : solleticamenti della gola e di certi altri organi. E' tutto ed ecco l'uomo , l'uomo contento di esistere. Gli basta un colpo di dito per farlo vacillare. Poi, la bestiola scalpita... Per fortuna [...] a gloria della Vita, c'è un altro uomo: è colui che non è mai e nient'affatto contento! Non gli piace più fare ciò che ha fatto troppo a lungo, né essere là dove ha vissuto troppo a lungo. Indietreggiare, piuttosto che stagnare. E meglio urlare che non sentire nulla. Quest'uomo non può persistere né nel riso, né nel gemito, come non lo può nella fortuna né nella sventura. Tutto gli va bene per un certo te...

Da "Nerrantsoula" (1927)

“Eh! Miserabile gente dabbene! Molluschi, che non avete sensi che per assaporare la vostra stagnante felicità; che non temete affatto l’immensità dell’Oceano, né la grandezza della vita che il sole non ferisce e che la tempesta non smuove… Se Dio vi ha dato un cuore ed un cervello, è stato giusto per meglio provare che ciò non significa niente, se non che è salutare sentire il bruciore della Sua divina ironia insieme al balsamo della Sua fulgida magnanimità.          Molluschi! Meschina gente dabbene! Un nonnulla che vi sfiora vi fa ritrattare il nulla che siete… Da voi tutto è apprensione, la gioia così come la sofferenza… Non un grido di piacere che sia udito nei cieli… Non un muggito che riecheggi negli abissi… Sprovvisti del più piccolo volto che parli e ciechi al punto di non riconoscervi, siate felici, molluschi, ma mi domando se la vostra prudenza sia un’infermità del cuore piuttosto che una piaga del cervello. Poveri voi, gente dabbene...