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"Le rose della notte" esce in volume

Erica Gazzoldi, Le rose della notte (copertina) Avevo lasciato in sospeso la pubblicazione delle puntate de Le rose della notte , in previsione di una sua uscita in volume. Finalmente, esso è disponibile su Amazon come ebook - o in versione cartacea, per chi lo volesse. Buon proseguimento di lettura!  Quante cose possono esserci, in una notte di Pavia? C'è la passione a fuoco lento fra la metallara Diana e la collegiale Margherita. Ci sono le faide semiserie fra ordini goliardici rivali. Ci sono i concerti allo Spaziomusica. Ci sono amore e gelosia, dietro un volto orgoglioso. Ci sono la musica discotecara e le drag queen di Arcigay, al Caffè Teatro. Ci sono sogni enigmatici e rivelatori. Tante rose lungo un solo filo d'Arianna... Disponibile come Kindle o print on demand . Il volantino originale de Le rose della notte.

Le rose della notte - III, 4

Parte III: Il canto della mosca 4. Il cellulare di Margherita squillò. Lei abbandonò le dispense sulla scrivania e rispose.             «Ciao… Sono Chiara!»  «L’ho visto sul display» le sorrise l’altra, di rimando. «Dimmi». «Ti chiamo da parte del S.O.P.A.» riprese Chiara, alias Lobelia DeMona. La sua voce sottintendeva uno sfizioso mistero. «Tu scrivi ancora per il mensile universitario, vero?» «Certo!» «Bene… Allora, la mattina dell’11 novembre, passa in Piazza della Vittoria, con macchina fotografica e taccuino… perché ci sarà qualcosa d’interessante. »             Automaticamente, Margherita cercò con gli occhi l’armamentario da giornalista, abbandonato su una sedia, nella cameretta di collegio. «Ricevuto!» ammiccò al cellulare. Salutò Chiara e si rimise alla scrivania. Una fossetta di piacevole aspettativa le pizzicava la guancia. [Co...

Le rose della notte - III, 3

Parte III: Il canto della mosca 3. Il ragazzo si lasciò alle spalle la notte autunnale ed entrò nel Black Bull Pub. Fissò la saletta, con gli alti sedili in legno e i tavolini già gremiti di compagnie, con birre d’ogni colore. Il televisore ronzava, trasmettendo un programma che lui neppure guardò. Il tizio muscoloso e tatuato dietro il bancone gli gettò un’occhiata e gli indicò la scala per cui doveva scendere.             Con un cenno del capo, il ragazzo ringraziò e si avviò. Il suo abbigliamento era a dir poco insolito, per quel locale. Sulle spalle aveva un manto con cappuccio, rosso e bordato di giallo. Sulla spalla, era ripiegato un appuntito berretto in feltro – la cosiddetta feluca – tinta di nero e senza alcun pendente, fra gli ammennicoli. Al collo, la figura portava una placca in pasta al sale, raffigurante una spada stilizzata e la sigla “E.O.L.”         ...

Le rose della notte - II, 4

  Parte II: Il cielo in fiamme 4. « Il barone Fanfulla da Lodi,/ cavaliere di gran rinomanza,/ fu condotto una sera in istanza/ da una donna di facili amor… »             La voce di Sanguinella, la Custode dei Canti, si levava spavalda in Strada Nuova, trascinando il coro del SOPA (*) . I manti porporini delle ragazze fluttuavano al ritmo delle loro scarpe, che ticchettavano sul pavé. Una sopportazione da stoiche, per i loro piedi.  La matricola, Bradamante in Fiera, reggeva al collo un coloratissimo cartello a pennarelli: “1 Abbraccio: 1 €. 1 Gufata: Gratis”.              Le “gufate” erano bigliettini accuratamente scritti a mano, ripiegati e contenuti nel sacchetto che Lucia Monella offriva agli eventuali passanti, poco vogliosi di contribuire alla Goliardia cittadina, ma curiosi della propria stessa sfortuna. A loro, poteva capitare un “...

Le rose della notte - I, 8

Parte I: Sorelle 8. Il barista portò al tavolo la consueta bottiglia di vino rosato, nel secchiello pieno di ghiaccio. «Grazie, oste!» replicò Arianna I, spostando dalla traiettoria di lui un lembo del proprio manto porpora bordato d’oro.              L’ “oste” sorrise di rimando. Era facile affezionarsi agli Ordini goliardici. Bevevano molto, pagavano subito e aggiungevano una nota di folklore al locale. O, perlomeno, era facile affezionarsi a quelli che offrivano garanzie di relativa tranquillità – e integrità degli interni.             «Bene!» riprese la capo-ordine, col suo intercalare consueto. «Avete qualcosa che tenete a dire subito?» «Venendo qui, ho incontrato l’Erectus Ordo Liutprandi (*) » cominciò Kiko-san, spostandosi un ricciolo castano dagli occhi. «Non mi hanno visto e mi hanno ignorato. Ma erano tutti insieme e stavano sgattaiolando...

Le rose della notte I, 4

Parte I: Sorelle 4. Margherita appoggiò mollemente la schiena alla sedia. Seguì, per un attimo, le linee dell’uomo vitruviano riprodotto sul piano del tavolino, sotto le briciole di biscotto. Prese la tazzina e vuotò le ultime gocce di caffè.              Davanti a lei, Lobelia DeMona – al secolo, Chiara Fiorucci – la guardava attraverso gli occhiali, giocherellando con la propria sciarpetta. «Sarebbe bello un incontro fra il S.O.P.A. e la Goliardia perugina» commentò a mezza voce. «Ma non so quanto il mio vecchio Ordine sarebbe bendisposto… almeno, alcune Anziane».             «Ormai, puoi considerarti una clerica vagans a tutti gli effetti» celiò Margherita, con un’affascinante fossetta sulla guancia. «I clerici vagantes sono detti “goliardi” come noi, ma non c’entrano niente con gli Ordini… quelli sono novecenteschi» corresse Lobelia.  ...

Le rose della notte - I, 2

Parte I: Sorelle 2. Poco lontano dai soliloqui musicali di Diana, era aperto un altro bar, con un nome elegantemente scritto in corsivo sulla vetrina. Un locale attraente ma lillipuziano, come si usava a Pavia. A un tavolo, erano riunite figure di ben altro genere. Berretti universitari ripiegati su una spalla, manti porporini con cappuccio e – al collo – placche recanti il tracciato del Labirinto di S. Michele Maggiore, con l’acronimo “S.O.P.A.” Sei ragazze dai venti ai trent’anni, riunite attorno a una bottiglia di vino rosato, con calici limpidi davanti a loro – e nemmeno una goccia, sul tavolo di vetro.             «Mi scuso se devo fare lo Shylock della situazione, ma è ora di versare la quota mensile» esordì una di loro – folti ricci castani, profilo languido e una feluca verde sull’omero. Le altre frugarono nei propri borselli e ne ripescarono biglietti da dieci euro. «Kiko-san, c’è il resto?» s’informò un’al...

Del Politicamente Corretto

Anche senza la boutade di Balotelli su SuperMario, se ne sarebbe parlato. Di Lui, l’Uno e Onnipresente: il Politicamente Corretto. In nome della crociata contro cotesto tiranno, si sono stretti attorno al ragazzo difficile anche coloro che, prima, lo consideravano un gran pezzo di somaro –o non lo consideravano affatto. Quali conversioni non sa operare una buona bandiera? E, dulcis in fundo, il grido di battaglia, con tanto di indirizzo alla sottoscritta: “Questo è il mondo che volete voi, con le vostre paturnie!”             Ebbene, Cavalieri dell’Acuta Frecciata e Paladini della Legittima Beceraggine: sappiate che non siete affatto eccezionali. Intanto, mi sfugge chi sarebbero quei “voi”, dato che io sono una senza essere trina. Ma, ancor più, vi ricordo che   la tizia con le paturnie ha creato Canidia Sagani , Angelico Mazzanti , Dentella D'Erpici  e Makkiavelli . Niente di che, ma sempre meglio del Nulla Cosmico ...

Cairoleide

Poemetto eroitragicomico sull’assedio dell’Ordine goliardico del Labirinto al Collegio Cairoli di Pavia (23 aprile 2013) Stanca è la Diva di cantare l’ire, l’arme, gli amori e siffatte boiate, poiché spesso barbati di Morfeo alunni la tediarono grattando le corde a mendicar balordi allori. Dissemi dunque, quand’io la evocai suonando alla porta numero sette: “Ancor le chiome ho nella spugna avvolte e sul fornello vivanda fumante: trova tu –te ‘l concedo- la materia al canto, che nova sia e immortale.” Si faccian da parte Achille bilioso, quel ribaldo d’Ulisse e il pio Enea che in dubbie crociere il tempo consuma; vada Orlando col senno sulla luna e si tenga Goffredo i santi segni. La vera Troia per cui si soffrì è sul Ticin e da esso ha nome; quali uccelli dal disio chiamati, quivi s’adunano molti studenti, de’ quali il fior fiore ha lunghi mantelli e acuto berretto rivolto all’insù. Or mi soccorrano i lor santi numi, spirando...

Molto più che a-Moccia

Può capitare. Ci si trova su un pullman, diretti alle Ferie Matricolari di Perugia, con il televisorino pronto a intrattenere i passeggeri. E –ironia della sorte- il film è Universitari di Federico Moccia. Il quale ci tiene a informarci che gli studenti, quando creano legami di gruppo fra loro, sono molto più che amici.             E lo vieni a dire a noi? A noi goliardi, che ci consideriamo fratelli ? Comunque, un pregio, nella situazione, c’era: mi offrì l’occasione di degustare una deliziosa perfidia. Dunque… Ci sono loro: gli amiconi coinquilini, con tanto di fetentone che si mura vivo e non paga l’affitto, di bell’esule disceso direttamente dai Mori delle chansons de geste (sì, la profondità del confronto interculturale è quella), di giovanotto mal cresciuto che illude una casalinga disperata e – dulcis in fundo- di protagonista che sviene una tantum per “sindrome del cuore spezzato” (Fede, ma da che manu...

Una CAUSTica commedia

La lettura del Faust di J. W. Goethe mi fu consigliata circa dieci anni or sono da un amico. Attesi d’imparare a masticare un po’ di tedesco –fatica tanto immane quanto pressoché vana- per poterlo leggere con testo originale a fronte. Senza traduzione, non avrei capito un granché; però, suonava bene.             Tra l’altro, nel frattempo, era anche giunta al punto di cottura la mia vocazione alla Goliardia. Perciò, leggendo il Faust, sono andata in brodo di giuggiole, davanti agli spaccati di vita studentesca. L’episodio della taverna di Auerbach (vv. 2073 ss), per esempio, è una chicca e mi ha fatto capire molte cose: che ho ancora tanto da imparare, giusto per dirne una. Il suddetto brodo di giuggiole ha sobbollito ulteriormente, davanti a espressioni gergali come Herr Bruder, “signor fratello” (v. 829) e Philisterhaft, “impaccio filisteo” (v. 6802), che non mi sarebbero risultate altrettanto familiari, un decennio fa...

À la fin de la décadence

«Ho letto, ho letto…» sospira G., adagiandosi sullo schienale della sedia. Si riferisce al post Goliardia e Università , pubblicato su questo blog e che io gli ho inviato. G., in un certo senso, è una memoria della storia recente dell’università. Partecipò al Sessantotto, ma senza potersi permettere di saltare gli esami. Organizzò assemblee. Studiò gratuitamente in un periodo in cui un certo tipo di meritocrazia lo consentiva; fu, al liceo, il “figlio di pezzenti” al quale venivano chiesti i compiti da copiare, ma che veniva ignorato nel resto della vita sociale –per la quale, peraltro, avrebbe avuto a malapena l’ “abito buono” da indossare. «Il Sessantotto fu un dire: “Basta, ci siamo stancati di questo!”» chiosa, ripensando al trattamento riservatogli da quei “bennati” compagni di liceo.             «Quelle che leggo sul Suo blog sono pagine belle. Ma ci sono cose che voi ragazzi di oggi non potete capire… perché no...