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Visualizzazione dei post da aprile, 2017

Un viaggio fra dune e rocce

Palmira La Libera Università di Manerbio, il 30 marzo 2017, ha chiuso il mese con “Un viaggio fra dune e rocce”. Al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, Claudio Baroni ha proiettato le fotografie dei propri viaggi. Grande spazio è stato dato alla geografia biblica. Baroni ha ricordato un passo evangelico (Lc 10, 30): “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…” La strada in questione è un sentiero fra rocce, in fondo al quale verdeggia la valle di Gerico. Il deserto di Giuda è caratterizzato da rocce bianche e porose impiegate nell’edilizia, in quanto materiali isolanti dal calore. Nei pressi del Mar Morto, si trova la fortezza di Masada. Nel 70 d.C., vi trovarono rifugio gli ultimi ribelli ai Romani, dopo la caduta di Gerusalemme. Nel 73 o 74 d.C., in seguito a un assedio, quasi tutti gli arroccati si suicidarono, per non cadere in mano ai vincitori. Qumran e le sue grotte, invece, sono famose per altre ragioni: già dimore degli Esseni, corrente particolarmente osservante dell’Ebraismo,

Nowhere: la musica è in nessun luogo

I Nowhere sono una band bresciana nata nel febbraio 2015. I suoi membri provengono da esperienze musicali precedenti; il genere che coltiva può essere definito “alternative metal”. Il loro repertorio è prevalentemente composto da cover. Nel luglio 2016, hanno inciso il loro primo EP di inediti, “Where We Belong”, registrato negli studi di Indiebox Music Hall a Brescia da Giovanni Bottoglia.             Il loro repertorio, che alterna toni aggressivi a momenti distesi, è fortemente intriso di atmosfere tenebrose, romantiche e tragiche; gli argomenti delle canzoni riguardano l’amore, la perdita e il sogno. Proprio “Dreams” (= “Sogni”) s’intitola il loro cavallo di battaglia, nonché il loro primo video. Il nome della band significa “nessun luogo”, ma può essere letto anche come “now here”, “ora qui”: un’ambivalenza voluta, che rimanda alla dimensione onirica senza tempo e spazio. Come logo, hanno scelto un albero, simbolo della foresta (luogo dello smarrimento e dell’immensità).

La Commedia dei quattro elementi

Il 23 marzo 2017, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, la Libera Università di Manerbio ha visto il gradito ritorno del dott. Fabrizio Bonera, amante e commentatore della “Commedia” dantesca. Il titolo della conferenza era, appunto: “L’aria, l’acqua, la terra e il fuoco nella Divina Commedia”. In Inf. XII, vv. 1 ss, è ravvisabile l’allusione a un paesaggio reale: gli Slavini di Marco, a sud di Rovereto. Il dott. Bonera li ha descritti come fondo di un mare preistorico, ma anche come l’inferno personale di suo nonno, durante la Prima Guerra Mondiale. Qui passavano, infatti, le linee del fronte. Dante - secondo Bonera - avrebbe dunque in mente non solo l’Inferno teologico, ma gli inferni delle infelicità personali. Quelle infelicità la cui rimozione è scopo della vita umana, secondo la famosa epistola a Cangrande della Scala.              I quattro elementi naturali, nella Commedia, sono disposti secondo la concezione aristotelica dell’universo, in versione cristianizzata. La caduta

Il mondo sommerso

Non solo finalità commerciali o belliche, ma la stessa natura curiosa dell’uomo lo spinge al limite. Così il dott. Andrea Soffiantini, istruttore di sub e apnea, ha spiegato il desiderio di esplorare gli abissi. L’ha dichiarato davanti alla Libera Università di Manerbio, il 16 marzo 2017, alla fine della conferenza tenuta al Teatro Civico “M. Bortolozzi”: “Acqua - Il mondo sommerso”.              La prima parte ha elencato i piani in cui l’uomo ha suddiviso questo mondo sommerso, a seconda del grado in cui la luce solare li raggiunge. Si distinguono: il piano sopralitorale (al di sopra della superficie marina), mesolitorale (fino a 20 m. di profondità), infralitorale (20-100 m), circalitorale (100-200 m), batiale (200-600 m), abissale (2000-6000 m). A questi piani, corrispondono le zone: epipelagica (piano infralitorale), mesopelagica (circalitorale), infrapelagica (batiale), batipelagica (fra piano batiale e piano abissale), abissopelagica (piano abissale), adopelagica e bentoni

Pierino Porcospino e la morale della storia

Si è conclusa la stagione per bambini al Teatro Civico “M. Bortolozzi” di Manerbio. L’ultimo spettacolo del 2017 si è tenuto il 12 marzo. La compagnia “IL NODO Teatro” era diretta, stavolta, da Fabio Tosato. Recitavano Evian Cigala, Danilo Furnari e Giorgio Mosca. Il testo era un rifacimento di “Pierino Porcospino”: una raccolta di filastrocche moraleggianti a firma del medico psichiatra Heinrich Hoffmann (1845). L’opera è popolare soprattutto in Europa settentrionale. In Italia, uscì nel 1882 per i tipi di Hoepli, tradotto da Gaetano Negri. Il contenuto delle filastrocche è piuttosto paternalistico e autoritario: il monello di turno finirà immancabilmente per scontare le proprie marachelle, anche in modi cruenti. Le preoccupazioni di Hoffmann riguardano soprattutto la salute e l’incolumità (mangiare sempre ciò che c’è nel piatto, non giocare coi fiammiferi…). “Pierino Porcospino” è solo uno di questi personaggi. Deve il soprannome ai capelli irti e intricati, come gli aculei dell’ani

Nilde Ario - Un gotico in salsa pavese

Per chi ha amato La vergine di ferro   e La nipote del diavolo, c'è una bella notizia: le vicende di Nilde Ario sono uscite in un unico volume , su Amazon. La copertina di Nilde Ario: Un gotico odierno in salsa pavese . Questo volume raccoglie due romanzi a puntate già usciti sulla testata on line Uqbar Love e sul blog Il filo di Erica . Essi raccontano la storia di Nilde Ario: ragazza goth scampata alla morte quando era già sul feretro e impegnata in una personale battaglia contro un sostituto paterno dominante. In una cornice odierna e pavese, la storia riprende atmosfere tipiche del romanzo gotico, con qualche cenno di esoterismo. Una vicenda di armi e di amori, insolita nella narrativa attuale, ma nata da un autentico bisogno d'immaginare e raccontare. Se desiderate la versione per Kindle, cliccate qui . Se preferite ordinare una copia cartacea (da far stampare su richiesta), cliccate qui . Buona lettura... o ri-lettura. P.S. Qualora qualcuno si domandasse da

Ultimi fiori

Così - come di un povero bambino che quando è morto bisogna in mezzo al pianto pensare a prender le misure della bara - poi ci si mette d’accordo col fioraio perché mandi il cuscino e una bella corona - - Rose bianche, narcisi, serenelle, che cosa si usa mettere sul carro di un bambino? - Così - m’impegno oggi a cercare come potrei inviarti questi ultimi fiori dei miei prati […] Milano, 15 maggio 1933 ANTONIA POZZI Ho conosciuto Alessandro Rizzo nel 2014, quando sono approdata al Circolo TBGL “Harvey Milk” di Milano, dopo anni di frequentazione di Arcigay Pavia. Era il mio ultimo anno di università; il dopolaurea mi ha riportato in provincia di Brescia. Ma, per quanto lo permettevano le ovvie condizioni logistiche, non ho interrotto i contatti col Milk.             Così, ho conosciuto anche questo ragazzo riccioluto dal sorriso franco, gentile e affettuoso quasi per necessità fisiologica, per suo irreprimibile modo di essere. Non aveva l’aria

Via la benda dagli occhi

Alla favola del “Nord senza mafia” non crede (o non dovrebbe credere) più nessuno. Per questo, all’I.I.S. “B. Pascal” di Manerbio, il 28 marzo 2017, si è presentato in Aula Magna Mario Bruno Belsito, membro della Rete Antimafia Provincia di Brescia e dell’associazione “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” a Cinisi (PA).              Brescia sarebbe nota agli ambienti investigativi come “la lavatrice d’Italia”: un grande bacino di riciclaggio di denaro sporco. Le attività in cui esso viene reinvestito sono, perlopiù, i “compro oro”, l’edilizia (case costruite, ma non abitate), i supermercati (attivi anche con scarsa clientela), i locali di svago (con tanto di spaccio di stupefacenti). Il sito della Rete Antimafia Provincia di Brescia  pubblica l’elenco dei beni confiscati nei nostri dintorni. Essi ricevono destinazioni di pubblica utilità: asili, sedi di associazioni, sale comunali… Il problema sottolineato da Belsito è che tra il sequestro di un immobile sospettato di appart

Il paesaggio bresciano fra arte e natura

Arch. Dezio Paoletti Il 9 marzo 2017, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, l’arch. Dezio Paoletti ha illustrato i “Paesaggi naturali e costruiti in ambito bresciano: complessità, varietà e peculiarità della più ampia provincia lombarda” alla Libera Università di Manerbio. Le prime fotografie proiettate riguardavano Venezia, a ricordare come l’area fosse, un tempo, una ricca parte della Repubblica di San Marco. Lo ricordavano anche i “leoni marciani” sparsi nella Bassa, rimossi in età napoleonica. Rimane il “leone in moleca” (inscritto in un tondo) di Orzinuovi. Rimane anche Palazzo Mocenigo Gambara a Venezia, che porta il nome di due casati bresciani. Come nel caso della Serenissima, del resto, l’architettura bresciana non può prescindere dal rapporto con l’acqua. Prima delle civiltà etrusca e romana, l’area della Bassa (in particolare) era acquitrinosa. Renderla abitabile e fertile comportò non infimi lavori di bonifica. Gli illetterati abitanti della pianura impararono a sfruttare

Sul rogo del tempo

“Bruciare la vecchia”: niente a che vedere coi famosi roghi di streghe, ma una tradizione molto più antica. Essa si riallaccia ai “falò d’inizio anno” diffusi nell’Italia nordorientale, alla vigilia dell’Epifania o a metà Quaresima. Già gli antichi Celti accendevano fuochi per propiziarsi le divinità e bruciavano un fantoccio che indicava il passato da lasciarsi alle spalle. Gli antichi Romani portavano in processione il simulacro di Anna Perenna (divinità femminile agricola di dubbia origine) e la gettavano poi nel Tevere. Questo tipo di pratiche sono, al contempo, riti di fertilità (la natura si rinnova, lasciandosi alle spalle l’inverno e l’anno vecchio) e una versione del “capro espiatorio” (liberazione delle colpe della comunità). Durante la Quaresima cristiana, questa sagra serve anche come pausa da fioretti e astinenze.              A Manerbio, ogni anno, si “brucia la vecchia” nel giorno del giovedì grasso. Nel 2017, il rito ha avuto luogo il 23 marzo, all’Oratorio “San F

Lo Zen e la Bibbia

Il Giappone è un luogo dove l’incontro fra tradizioni spirituali locali e Cristianesimo è stato molto aspro. Ma anche quello dove sono nati risultati originali. L’esperienza di J. Kakichi Kadowaki ne è un esempio. Nato nel 1926, crebbe nell’ambito del Buddhismo Zen. Nel 1950, entrò nella Compagnia di Gesù e fu ordinato sacerdote nel 1960. Il suo maestro zen fu Sogen Omori, presidente della Hanazona University e appartenente alla scuola Rinzai. Fra i suoi libri, ne è particolarmente famoso uno a sfondo autobiografico: Lo Zen e la Bibbia , pubblicato in Italia dalle Edizioni Paoline nel 1985 (trad. di Giuseppe Mariani). L’intento principale del libro è rispondere a una domanda che l’autore si è sentito spesso rivolgere: “Perché un sacerdote cattolico pratica lo Zen?” Domanda tutt’altro che oziosa, in tempi in cui non andava certo di moda il confronto interreligioso. Da seminarista, Kakichi Kadowaki non aveva il permesso di partecipare a un sesshin (= ritiro spirituale zen). Praticava