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Via la benda dagli occhi

Alla favola del “Nord senza mafia” non crede (o non dovrebbe credere) più nessuno. Per questo, all’I.I.S. “B. Pascal” di Manerbio, il 28 marzo 2017, si è presentato in Aula Magna Mario Bruno Belsito, membro della Rete Antimafia Provincia di Brescia e dell’associazione “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” a Cinisi (PA). 

            Brescia sarebbe nota agli ambienti investigativi come “la lavatrice d’Italia”: un grande bacino di riciclaggio di denaro sporco. Le attività in cui esso viene reinvestito sono, perlopiù, i “compro oro”, l’edilizia (case costruite, ma non abitate), i supermercati (attivi anche con scarsa clientela), i locali di svago (con tanto di spaccio di stupefacenti). Il sito della Rete Antimafia Provincia di Brescia pubblica l’elenco dei beni confiscati nei nostri dintorni. Essi ricevono destinazioni di pubblica utilità: asili, sedi di associazioni, sale comunali… Il problema sottolineato da Belsito è che tra il sequestro di un immobile sospettato di appartenere a un mafioso e la sua confisca trascorrono lunghi anni, per via dei tempi processuali. Ci vuole anche il coraggio di riutilizzare un bene confiscato, sotto gli occhi dei vicini mafiosi.
            «Mentre, in tutta Italia, le caserme dei Carabinieri chiudono, a Brescia si apre la DIA [Direzione Investigativa Antimafia]» ha sottolineato Belsito. Apparentemente, non ci sono violenze, né “pizzo” da pagare. Ma voto di scambio sì. L’ex-assessore della Regione Lombardia Domenico Zambetti è stato condannato lo scorso febbraio per aver comprato quattromila voti dalla ‘ndrangheta, alle elezioni regionali del 2010.
            Come ha illustrato Belsito, le organizzazioni di stampo mafioso hanno adottato la strategia del silenzio e della collusione, dopo quella del terrore che ha portato alle uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un motivo in più - ha ribadito Belsito - per ricordare le vittime della criminalità organizzata: «L’Italia, attualmente, possiede la legislazione antimafia migliore del mondo. Si possono ottenere grandi risultati, quando la società civile è consapevole».
            Durante l’incontro, è stato proiettato il video “Sulle orme dei veri eroi”, che raccontava delle altre attività di Belsito nelle scuole. In esso, comparivano i nomi di Peppino Impastato (Cinisi, 1948-1978) e di Rita Atria (Partanna, 1974 - Roma, 1992). Il primo era un giornalista socialista, costantemente impegnato nella denuncia della mafia, sebbene provenisse da una famiglia mafiosa; morì brutalmente assassinato. La seconda si rivolse a Borsellino per ottenere giustizia contro gli assassini di suo padre e suo fratello. Le rivelazioni sue e della cognata portarono ad arresti e indagini. Rita, però, si suicidò per la morte di Borsellino. Sia la biografia di Impastato che quella della Atria hanno ispirato film: “I cento passi” (2000; regia di Marco Tullio Giordana) e “La siciliana ribelle” (2009; regia di Marco Amenta). Da Belsito, è stata raccontata anche la storia di padre Pino Puglisi (Palermo, 1937-1993): nel quartiere del Brancaccio, accoglieva i ragazzi nel proprio oratorio, sottraendoli al destino della manovalanza mafiosa. Anche lui fu assassinato. Oltre alle “vittime illustri”, Belsito ha voluto ricordare quelle che rimangono anonime, come i membri della scorta di Falcone.
            Che differenza rimane, dunque, tra Brescia e un quartiere come il Brancaccio? Il fatto che «i giovani del Brancaccio sono consapevoli di avere un problema».

Paese Mio Manerbio, N. 119 (aprile 2017), p. 14.


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