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Visualizzazione dei post da gennaio, 2014

Summa pietas, summa impietas

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti…” Ogni volta che penso al cap. 23 del Vangelo secondo Matteo, rimastico la durezza di queste parole. Un’invettiva lunga, rispetto ai consueti rimproveri di Cristo. E rivolta ai farisei. Ai pii per eccellenza.             Agli occhi d’un ingenuo lettore odierno, i farisei evangelici, tecnicamente, non dovrebbero sembrare “brutte persone”. Non uccidono, non rubano, non fornicano. Sono decorosi nel contegno. Pregano e non frodano in fatto di imposte al Tempio. Sono, insomma, quel genere di persone a cui, ancora oggi, si fa tanto di cappello e di cui fa piacere essere visti in compagnia. Doveva essere così anche ai tempi di Gesù, se Lui diceva: “Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini…” (Mt 23, 5). Perché una così speciale durezza verso di loro, dunque? E sì che c’era del marcio in Palestina… Romani invasori, pubblicani avidi e collaborazionisti, prostituzione, sedizioni, omicidi, adulteri, mancata osservanza religiosa. Ma

À la fin de la décadence

«Ho letto, ho letto…» sospira G., adagiandosi sullo schienale della sedia. Si riferisce al post Goliardia e Università , pubblicato su questo blog e che io gli ho inviato. G., in un certo senso, è una memoria della storia recente dell’università. Partecipò al Sessantotto, ma senza potersi permettere di saltare gli esami. Organizzò assemblee. Studiò gratuitamente in un periodo in cui un certo tipo di meritocrazia lo consentiva; fu, al liceo, il “figlio di pezzenti” al quale venivano chiesti i compiti da copiare, ma che veniva ignorato nel resto della vita sociale –per la quale, peraltro, avrebbe avuto a malapena l’ “abito buono” da indossare. «Il Sessantotto fu un dire: “Basta, ci siamo stancati di questo!”» chiosa, ripensando al trattamento riservatogli da quei “bennati” compagni di liceo.             «Quelle che leggo sul Suo blog sono pagine belle. Ma ci sono cose che voi ragazzi di oggi non potete capire… perché non le avete vissute. È cambiato molto, nel corso di que

Fratelli Goliardi

Andiamo, fratelli, a caccia: sotto i tappeti dell’ uomoqualunque troveremo tesori e stemmi da appuntarci sul capo. Pulvis et umbra sumus: alleluia! E fuggiremo i coltelli gelosi di chi ci tende agguati nella foresta del suo sonno, che genera mostri dai nostri manti, dai nostri berretti. Disperderemo i superbi nei pensieri del loro cuore con un fischio intenso come l’euforia e il dolore, mentre le lune svuotate diventeranno casse per le nostre chitarre.

Il «’68» politico e il «’68» goliardico

“Alle matricolari di Padova e Bologna i goliardi si contano ancora a decine di migliaia, e la popolazione segue con simpatia le loro macchiette. Dal 1958 al 1969 Padova e il nord Italia assistono all’epopea della mitica banda musicale ‘Polifonica Vitaliano Lenguazza’[…]. Il cosiddetto «’68», però, bussa alle porte. Con l’occupazione di Palazzo Campana, sede delle facoltà umanistiche dell’università di Torino (Gennaio 1967), viene indicato convenzionalmente il suo inizio. Ad essa il Collino, studente del terzo anno di lettere, partecipa attivamente con tanto di feluca in testa (Bobbio, Viale, Rieser, la Derossi, Donat-Cattin e gli altri lo chiamavano ‘il goliardo di base’), e rimanendo nel collettivo fino a quando le istanze si limitano all’ambito tecnico-studentesco (comportamento offensivo di certi professori, carenze nelle strutture, abolizione della firma di frequenza, appelli mensili, presentazione del libretto solo ad esame superato, ecc…). Quando, nel ’68 e succ

Davanti all'osteria letteraria

Vorrei un bicchiere di succhi della terra, più caldi del giorno, più densi della notte, e sedermi nel rollio delle voci, mentre spira una brezza di canzoni. Il mare ha una porta, quattro mura e qualche nave chiazzata di brocche. La più grande ha un ponte riverberante di promesse imbottigliate –quelle di sora nostra gioia corporale− anche lo spirito ha densità, trasparenza e gradazione. Fatemi uscire, fratelli, dal cerchio del mito; insegnatemi la tensione della rotta. E qualcuno sventola il foglio del giorno, mentre si plaude al mozzo tanto bravo a far danzare il pianoforte −un’acrobazia di piedi infinitesimi sull’ottovolante di quest’aria, nella nostra navigazione sottovento. All’Osteria Letteraria Sottovento di Pavia Compresa in: AA. VV., Tracce 3, Roma 2015, Pagine, p. 67.

Il partitismo nelle università

“Parallelamente, la politica si faceva largo nelle Università attraverso i galoppini dei partiti, che dovunque muovevano alla scalata delle Associazioni Studentesche, di fresco ricostituite. Vi furono città, come Firenze, in cui l’AGF rimase sempre saldamente in mano ai goliardi, pur in presenza di un parallelo ordine goliardico, e altre, come Torino, in cui i goliardi, in nome del sacro principio dell’apoliticità e dell’apartiticità ribadito a Venezia nel ’46, si ritirarono volentieri nella cittadella dell’Ordine Goliardico, giocattolo magico ed esclusivo, puro, ma avulso dal mondo del potere, e lasciarono l’ATU prima e l’ORUT poi nelle mani delle fazioni politiche. Fazioni che non avevano tardato a palesarsi, fin dagli ultimi anni ’40: i cattolici che avevano formato l’Intesa (che comprendeva la FUCI, la DC giovanile e l’Azione Cattolica), i comunisti avevano il M.U.D. (che riuniva FGC e Indipendenti di Sinistra), i Missini avevano il FUAN, i liberali si chiamavano G.I.

Nel quartiere ebraico

Non riesco a muovere un passo che vada oltre qualche centimetro. La sciarpa sui miei occhi mi isola completamente dal sole abbagliante. Mi aggrappo alla mano di J. «Su, su!» mi esorta lui, quasi incredulo. «Come hai fatto al tuo processo goliardico, se ora tremi come una foglia?» Beh… Quella sera, a guidarmi erano in due. Ed ero sotto la benedizione della follia.             Superiamo qualche gradino («Attenta… Adesso!»), un tratto di strada stretta («Un attimo… C’è un’auto che vuol passare…») e percorriamo quello che deve essere marciapiede. Infine, J. si ferma e mi sfila la sciarpa dagli occhi.             Ci metto qualche istante a riabituarmi alla luce. Sono leggermente frastornata. Ma quella di fronte a me è indiscutibilmente la vetrina di una libreria ebraica. In realtà, me l’aspettavo. J. mi aveva promesso una visita a questo quartiere. L’idea gli era venuta dall’argomento della mia tesi (storia biblica) e dal mio interesse per il gioco del dreidel , la tipica trott

Goliardia e Università

“Accontentiamoci, per andare avanti, di dire che la Goliardia è legata all’università in questo modo: si può essere universitari senza essere goliardi, ma non si può essere goliardi senza essere universitari. Almeno questo bisogna accettarlo. Non mi si obbietti che moltissime persone estranee al mondo universitario vivono e si comportano più goliardicamente di certi goliardi con tanto di feluca e mantello. Intanto risponderò che non bastano feluca e mantello a rappresentare il goliardo, ma rappresentano solo l’intenzione, l’anelito, la buona volontà di esserlo. Ed è già buona cosa. Gli altri, i non universitari, ‘si comportano goliardicamente’ e basta. Non dico che ci copiano, per carità. Non abbiamo inventato noi la gioventù, né la ribellione, l’ironia, l’irriverenza scanzonata, le burle, l’anticonformismo, le canzoni, le poesie, l’audacia, la fratellanza, e via sciorinando… Dico solo che chi mostra queste doti e le inquadra in una consapevolezza che parte dall