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L’umano animalizzato e l’animale umanizzato: un confronto tra "Maria Giuseppa" e "Mani" di Landolfi - Conclusioni

"Questi due esempi mi sembrano calzanti nel definire un elemento interessante dell’interazione con gli animali in Landolfi. Ho voluto sostanzialmente presentare due tipi antitetici di metamorfosi “mentali” (cioè avvenute nelle menti dei protagonisti). All’instabilità della metamorfosi di Maria Giuseppa, costantemente in bilico tra l’umano e l’animale, risponde la stabilità della trasformazione del topo in Mani , che prende ordinatamente avvio, agli occhi del protagonista, solo dopo la morte dell’animale. Se dovessimo rappresentare su un asse cartesiano i processi metamorfici descritti, probabilmente disegneremmo una sinusoide per Maria Giuseppa e una parabola ascendente per il topo di Mani : la sinusoide ben raffigura l’instabilità della natura di Maria Giuseppa nella mente del protagonista (ora donna, ora animale); la parabola ascendente è parimenti efficace nel riprodurre il graduale processo dell’evoluzione metamorfica del topo..." ( continua )   Lorenzo Dell'...

L'animale umanizzato: il topo di "Mani". Il "topo animale" e il "topo uomo"

QUARTA PUNTATA "Se in Maria Giuseppa l’identificazione uomo-animale agli occhi del protagonista è instabile e momentanea, diverso è il discorso per il racconto “ossessivo-emotivo” Mani, dove la metamorfosi del topo subentra nella mente del protagonista solo dopo la morte dell’animale stesso e, si potrebbe aggiungere, per mezzo di un processo graduale. Solo dopo la morte del topo, infatti, «scattano l’identificazione con l’animale abietto (…) e il senso di colpa, cosicché alla fine si approda alla "pietà" nei confronti della specie offesa, che diventa oggetto del più accorato vezzeggiamento». La morte del topo fa da spartiacque all’intera vicenda; anche qui poi, come in Maria Giuseppa , la sua metamorfosi avviene solo nella mente del protagonista: da semplice animale il topo diviene – in Federico – interlocutore impossibile e fonte di nevrotici sensi di colpa..." (continua)   Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishin...

L’umano animalizzato e l’animale umanizzato: un confronto tra "Maria Giuseppa" e "Mani" di Landolfi - II e III

2. L’umana animalizzata: Maria Giuseppa 2.1. Maria Giuseppa donna e animale "Che Maria Giuseppa sia una donna, non vi è ombra di dubbio; il testo, a questo riguardo, è pieno di riferimenti espliciti: «Una donna morta per Giacomo?»; «non è peccato essere conquistato dalle grazie di una donna»;«Maria Giuseppa era una donna che tenevo con me» ecc. Ma leggendo tra le righe, si ha l’impressione che la natura di Maria Giuseppa, nel corso della vicenda, sia continuamente messa in discussione; sembra quasi che sia toccata da un’ambiguità di fondo e contrassegnata da qualità insieme umane e animali. Insomma: a me pare che Landolfi attribuisca a Giacomo un’instabilità nel definire la natura di Maria Giuseppa. Vediamo in che modo..." (continua) Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing Si ripete l'ultima parte in: Terza puntata - Maria Giuseppa donna

L’umano animalizzato e l’animale umanizzato: un confronto tra "Maria Giuseppa" e "Mani" di Landolfi

"L’interazione con gli animali è un aspetto che nella produzione di Landolfi si manifesta fin dal testo di esordio, il Dialogo dei massimi sistemi (1937) . In Night must fall , al termine della raccolta, il narratore esprime al riguardo precise considerazioni: «A proposito: mi rimproverano spesso di occuparmi troppo di animali. “Finirai coll’occuparti della gallina” mi ha prevenuto un amico, adottando un bel singolare collettivo. Ora, a parte il detto del saggio indiano che “merita qualche attenzione…” con quanto segue, e senza voler fornire soverchi chiarimenti, l’ho pur mo’ confessato che gli animali sono il mio prossimo, sicché non è meraviglia che con essi facillime congreger . In conclusione mi occuperò, sì, e presto per giunta, della gallina: da queste pagine lo dichiaro ormai apertamente a chiunque voglia sentirlo»..." (continua)   Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Ultima puntata - Considerazioni conclusive

  "Eccoci a chiudere un altro lavoro, diverso e forse più complesso rispetto agli altri, ma questo è stato l’intento. Dunque che cosa possiamo ricavare da un’analisi del genere? Dobbiamo ritenere che il filologo, in vista del testo critico, non possa non tenere conto dei problemi di cui abbiamo trattato. Egli dovrebbe porsi queste domande, e trovare, limitatamente a ogni campo, la via più adatta che, come abbiamo detto, tenda alle certezza; in altre parole: che a ogni situazione generante incertezza, egli ponga domande di teoria. Il confronto con queste problematiche, consentendoci di isolare i campi d’incertezza e riconoscerli come tali, esorta la filologia, in sostanza, a un ripensamento di se stessa come disciplina incerta o relativamente certa..." ( continua )   Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishing

Una riflessione su "Meravigliosamente" di Giacomo da Lentini (II parte)

"Continuiamo il nostro discorso su Meravigliosamente . Andiamo ora a concentrarci su un rapporto più nascosto e di cui poco ancora si conosce: il rapporto tra copista e manoscritto, che in questo caso occorre moltiplicare per tre. Trattandosi di codici assai rilevanti, possiamo qui muoverci su un territorio già ben dissodato. Questi tre famosi canzonieri, infatti, si collocano con certezza verso la fine del Duecento..."  (continua)    Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Una riflessione su "Meravigliosamente" di Giacomo da Lentini (I parte)

"A questo punto, proviamo a porre domande di teoria (relativamente alla critica testuale) a un testo celebre della letteratura italiana delle origini: la canzonetta Meravigliosamente del “Notaro” Giacomo da Lentini. Cominciamo dal primo ambito: incertezza su ciò che vi è, ovvero sui manoscritti che tramandano il testo. Attualmente la canzone del notaro è attestata dai tre manoscritti fondamentali della poesia italiana del Duecento, convenzionalmente indicati con le sigle A, B e C..." ( continua ) Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Il rapporto tra copista e manoscritto. Terzo ambito di incertezza.

"L’ultimo ambito di incertezza che richiede una domanda di teoria riguarda l'identità del copista: innanzitutto, chi è? Qual è la sua funzione intrinseca? Sebbene miranti a uno scopo del tutto differente, proviamo a rispondere con le parole del grande mitologo Károly Kerényi (in foto), che, per la loro bellezza, riportiamo per intero: «C’è pur sempre qualche cosa che si può individuare con sicurezza anche maggiore, perché è “dato” in modo ancor più immediato: intendo la condizione dell’artista al momento della creazione. Non resta nessun’altra constatazione che, in ogni caso, resista a qualunque critica, quanto quella dello stato di fatto puro e semplice che l’artista si trovava nella condizione d’essere afferrato e commosso, preso, posseduto dalla cosa rappresentata . Questa constatazione dev’essere intesa in senso ristretto, quasi triviale: non ci si deve sentire più di quanto possa essere lasciato sussistere dalla critica più severa e conseguente. Ogni co...

Il rapporto tra copista e manoscritto. Secondo ambito di incertezza

"Come si esplica per il copista l’incertezza su ciò che per lui vale? Dal nostro punto di vista l’incertezza sulla valutazione che il copista esprime nei confronti del testo si manifesta in due ambiti: quello tra il copista dotto e il testo che egli deve vergare; e quello tra chi commissiona il testo e il testo stesso. Quando siamo alla presenza di un copista dotto (abbiamo fonti riguardo alla sua vita, alla sua formazione culturale etc., quindi, ci è noto), è semplice indagare la sua componente valutativa nell’atto di copiatura del testo e, soprattutto, di scelta di un certo testo da copiare. Quando, al contrario, ci troviamo dinnanzi a un copista per professione, di cui non conosciamo nulla (nemmeno il nome), l’unico indizio per interrogare la sua componente valutativa potrebbe risiedere nella conoscenza della storia del monastero o, in generale, dello scriptorium , con la conseguente ricerca dei libri lì contenuti: in altre parole occorre conoscere quale “aria” si respiras...

Il rapporto tra copista e manoscritto. Primo ambito di incertezza

"Il secondo livello dell’incertezza investe il rapporto tra il copista e il manoscritto che egli deve copiare. Riguardo al primo ambito – su ciò che un copista dice vi sia – un copista di professione (pensiamo al classico amanuense del monastero medievale) tendenzialmente non si pone, o non si dovrebbe porre, il problema su ciò che vi è, ovvero sul manoscritto che ha dinnanzi, giacché la sua professione consiste semplicemente nel mero atto della copiatura. O meglio: occorrerebbe indagare questo campo, poco battuto dagli studi paleografici. [...]" Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishing

Il rapporto tra editore e manoscritto. Terzo ambito di incertezza

"[...] È chiaro come sia impossibile entrare nella testa dell’autore; ma allora in che modo tendere alla certezza anche in questo ambito? All’idea di completezza nell’approccio che l’editore ha nei confronti di un testo? Potremmo suggerire una proposta, come fa da qualche anno la filologia statunitense. Un metodo (anche questo soggetto in parte all’incertezza) potrebbe consistere nella ricostruzione storica della biblioteca dell’autore, come è stato fatto – e si sta facendo – anche in buona parte della filologia novecentesca: ultimo il caso della biblioteca di Dante, su cui si è recentemente espresso Luciano Gargan. Di altri scrittori – come, per esempio, Petrarca – siamo in possesso di fonti che attestano i volumi fisicamente posseduti dall’autore. [...]" Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publishing

Il rapporto tra editore e manoscritto. Secondo ambito di incertezza

"Com’è noto, una volta concluso il censimento dei testimoni, l’editore procede al loro sistematico confronto volto a definire i rapporti reciproci. In seguito, la collazione mostra identità e differenze tra i testimoni per mezzo degli errori-guida. Scopo di quest’operazione è la ricostruzione della tradizione del testo, rappresentata graficamente dallo stemma codicum . Com’è chiaro, l’individuazione degli errori comuni tra i testimoni è procedimento oggettivo della critica testuale. Inoltre, partendo dallo stemma, l’editore può scegliere tra varianti adiafore sulla base della maggioranza all’interno di ciascun raggruppamento, a partire dal basso (nella rappresentazione dello stemma). Ciò però è possibile solo in caso di criteri meccanici in una recensione chiusa . Che cosa accade in caso di varianti adiafore in una recensione aperta , in altre parole non risolvibile con criteri meccanici? [...]" Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo   su Edoardo Varini Publ...

Il rapporto tra editore e manoscritto. Primo ambito di incertezza

" [...] Cominciamo dal primo livello: il rapporto “solitario” tra un soggetto e un oggetto, ovvero tra l’editore e il manoscritto. Proviamo a calarci nei panni di un filologo che deve allestire l’edizione critica di un testo letterario. Non si tratta, però, di un lavoro arido e privo di humanitas : il filologo non deve solo comprendere e possedere il testo stesso, ma anche chi l’ha scritto. Ha bisogno di entrare nell’anima dell’autore, pur essendo consapevole dell’effettiva impossibilità dell’operazione. Per questo è necessario che sia prudente e guardingo, che non si fidi di nessuno (o di pochi); non deve seguire sentieri che appaiono pianeggianti e ben battuti. Spesso la verità si nasconde dietro le sterpaglie, dove la terra è fangosa e scivolosa, in luoghi che non avrebbe mai immaginato. È un viaggio pericoloso, questo è fuor di dubbio, ma tremendamente affascinante; specie se è stato intrapreso da qualcun altro prima di lui che, giunto a una certa meta, ha creduto che quell...

Sull'idea di Incertezza nella critica testuale - Prima puntata

[...] Quando si genera incertezza, si richiede una domanda di teoria. Questo enunciato, in estrema sintesi, è il punto di partenza della riflessione che Salvatore Veca, in ambito filosofico, compie intorno all’idea di Incertezza; enunciato che è messo alla prova in tre specifici ambiti: su ciò che vi è, su ciò che vale e su chi noi siamo. Scopo del nostro lavoro, oltre a osservare come questi parametri possano applicarsi alla critica del testo – intesa in assenza di autografo – è: in un primo livello, individuare i campi d’incertezza nelle operazioni critico-testuali, isolarli, e riconoscerli come tali; in un secondo livello, porre domande di teoria ai campi di incertezza segnalati, e tendere quindi a risposte di certezza (che non potrà mai essere assoluta) [...] ( continua ) Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Ultima puntata. Un "Rinascimento del XII secolo"? Conclusioni

[...] Dai lavori condotti da Charles H. Haskins in avanti, numerosi studiosi hanno parlato di un “Rinascimento del XII secolo”. Tale asserzione troverebbe la propria giustificazione nel fatto che «il romanzo medievale, accanto alle favolose storie arturiane, sarebbe nato sotto il segno dell’antichità classica, della sua riscoperta, della sua imitazione, del suo fascino» [...] ( continua ) Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

Quarta puntata. Il ruolo "morale" dell’intellettuale: i "Lais" di Maria di Francia

" [...] Il libro dei Lais fu offerto intorno al 1170 (la datazione, tuttavia, è controversa) a Enrico II Plantageneto da una poetessa di nome Maria, nata nel regno di Francia, ma vissuta, probabilmente, in Inghilterra. I Lais , per unanime consenso della critica, costituiscono il suo capolavoro; l’opera alla quale l’autrice dovette la propria fama. Celebre è la lettura proposta da Leo Spitzer, secondo il quale i Lais costituirebbero una summa profana sull’argomento religioso, dei Problemmarchen elaborati da singole questioni della casistica erotica..." ( continua ) Lorenzo Dell'Oso , Filologia del mondo nuovo  su Edoardo Varini Publishing

La consapevolezza della mise en roman dell’opera classica: il "Roman de Troie" di Benoît de Sainte-Maure

"[...] Se il Roman de Thèbes trovava il suo modello classico nella Tebaide di Stazio, il Roman de Troie del chierico francese Benoît de Sainte-Maure , sebbene basato (anche se non fedelmente) su due testi latini di Darete Frigio e di Ditti Cretese , si ispira ad opere ancor più ambiziose come l’ Iliade di Omero e Le Argonautiche di Apollonio Rodio. Gli anni di composizione sono i medesimi del Roman de Thèbes (il cosiddetto decennio dei romanzi antichi, 1155-1165); e, non a caso, appaiono numerosi gli elementi in comune che il prologo del Roman de Troie intrattiene con quello del Roman de Thèbes . Primo tra tutti, l’elemento della “doverosità” della diffusione dell’opera letteraria; il dovere e l’esigenza della divulgazione. Costituisce, infatti, dovere inderogabile dell’intellettuale il non-tacere ciò che è degno di essere ricordato (si rievoca il ruolo di “traghettatore di conoscenza” di cui si parlava in precedenza). Questo principio, d’altro canto, è contraddistinto a...

La genesi dell'intellettuale del mondo nuovo - Seconda puntata

Il Roman de Thèbes   [...] La data di stesura dell’opera oscilla fra il 1155 e il 1160, poco più di vent’anni dopo la composizione del Roman d’Alexandre . Secondo l’ordinamento cronologico suggerito dagli storici della letteratura, si situerebbe nel decennio dei “romanzi antichi”, coeso gruppo di testi provenienti dall’impero plantageneto. Il prologo del Roman de Thèbes , a differenza dei frammenti di Alberico, evidenzia e potenzia l’autoconsapevolezza dell’autore. E la cautezza di Alberico lascia definitivamente il campo alla determinazione dell’autore del Roman de Thèbes : la sua scrittura mostra decisione, fermezza. Queste le sue parole: «Chi è saggio non deve nasconderlo, /ma deve mostrare il suo senno, /così che quando lascerà il mondo/ di lui resti sempre il ricordo» . Dai primi quattro versi affiora già un elemento del tutto assente nei versi di Alberico: la ricerca della fama; l’agognata immortalità delle proprie gesta letterarie [...]   Lorenzo Dell'...

La genesi dell'intellettuale del mondo nuovo - Prima puntata

"[...] Nel XII secolo una nuova figura d’intellettuale dialoga con la classicità. In che senso, però, “nuova”? Anche questi uomini, come i loro predecessori, percepiscono sulle proprie spalle la pesantezza della tradizione; anch’essi colgono la rilevanza dei grandi autori greci e latini. Tuttavia, nello stesso tempo, guardano a quel mondo con lenti diverse. Vogliono cimentarsi con esso, ne diventano gelosi guardiani, intendono comunicarne le bellezze ai loro simili: ma non si pongono solo come meri custodi di conoscenza. Guardano al passato, ma posano l’occhio anche al presente; interrogano i grandi letterati, si confrontano con essi, discutono, li superano in larghezza di veduta. Sono consapevoli dell’efficacia comunicativa della lingua romanza; ed è essa a costituire il principale veicolo delle loro opere. Sono coscienti del ruolo gradualmente sacrale di cui sono investiti. Ed è nella consapevolezza di sé che trova posto il primo mattone della costruzione di un intellettuale ...

Settima e ultima puntata. Conclusioni.

" Sissignori, la nostra analisi è giunta al termine – ma, in realtà, che cosa ha un termine? Suvvia, manteniamo un atteggiamento accademico. Basta scherzi. Dunque, dicevamo… ah, ecco. L’obiettivo prestabilito, come specificato nella premessa, era di condurre un ragionamento logico e funzionale che arrivasse a proporre un’interpretazione di un determinato oggetto; interpretazione che indossa le lenti dell’antropologia del mondo antico. Speriamo di non esserci riusciti; sarebbe meraviglioso, infatti, se qualcuno ci fosse riuscito meglio e in maniera più approfondita di noi (o, dovrei dire, di me. Ma continuiamo col formalismo del pluralis maiestatis ). Consapevoli dei nostri limiti, ci scusiamo per gli errori senza dubbio presenti, dovuti più che a disattenzione o frettolosità, a semplice ignoranza nel campo delle lettere classiche. Comunque. Non era nostra intenzione costruire un processo di “evoluzione” o “disvelamento” dei caratteri antropomorfici della porta. Anzi. Ciò che ab...