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Visualizzazione dei post con l'etichetta elsa morante

Nella valigia di Nunziata

“Ella [Nunziata] non credeva a una sola Madonna, ma a molte: la Madonna di Pompei, la Vergine del Rosario, la Madonna del Carmine e non so quali altre; e le riconosceva, dal costume, dal diadema e dalla posa, come fossero tante regine diverse. Una, ricordo, era chiusa in rigide fasce d’oro, come le sacre mummie dell’Egitto, e, al pari del suo bambino, fasciato anch’esso d’oro, recava in testa un’enorme corona dalle molte punte. Un’altra, tutta ingioiellata, era nera, come un’idolessa africana, e sorreggeva un figlio che pareva una bambolina d’ebano, carico, lui pure, di pietre sfolgoranti. Un’altra invece non aveva corona: era cinta solo di un alone immateriale, e, se si esclude quest’unico segno del suo titolo, somigliava a una bella pastora fiorente; si divertiva a giocare con un agnello, in compagnia del suo bambino tutto nudo; e di sotto il semplice vestito le sporgeva il piedino, candido e grasso.             Un’altra stav...

Quid est veritas?

  “In verità, io, a mia insaputa, venivo sottoposto a prove più amare di quelle d’Otello! giacché quel negro sventurato, almeno, nella sua tragedia, aveva un campo segnato, dove combattere: di qua l’amata, e di là il nemico. Mentre che il campo di Arturo Gerace era un dilemma indecifrabile, senza sollievo di speranza, né di vendetta.” ELSA MORANTE ( L’isola di Arturo, 1957)