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Visualizzazione dei post da febbraio, 2013

Il mito Non-Morto

Il “fenomeno Twilight” ci ha abituati a vederli come un sogno adolescenziale. Ma i vampiri hanno una storia assai meno rassicurante e che travalica la fiction. Essa è in mostra alla Triennale di Milano, sotto il titolo “Dracula e il mito dei vampiri” (23 novembre 2012 – 24 marzo 2013). L’anno scorso è caduto il centenario dalla morte di Bram Stoker, il “padre” del noto personaggio. Da qui, probabilmente, l’idea dell’iniziativa, organizzata in collaborazione, oltre che con La Triennale , con il Kunsthistorisches Museum di Vienna. L’allestimento è stato curato da Alef, lo stesso staff che ha lavorato a Pavia, per la mostra di opere di P.A. Renoir. L’esposizione è articolata in nove sezioni, che tracciano un percorso dalle origini alla modernità, dalle tenebre alla luce. In apertura, il trailer di Bram Stoker's Dracula , diretto da Francis Ford Coppola (1992). Un film che fece tabula rasa dei cliché già affermati, rintracciando l’ispirazione storica del protagonista e puntando

L'equivoco

Un errore che commette spesso il nostro individualismo è quello di confondere sottomissione e dedizione. La sottomissione è la condizione di chi obbedisce alla volontà d’un altro perché questi, momentaneamente o meno, possiede una forma di forza: quella dei muscoli, del denaro, dell’opinione pubblica, delle cariche, delle leggi, della cultura, dei legami familiari, delle armi, della reputazione. La dedizione è la condizione di chi cerca di realizzare la volontà e i desideri d’un altro senza che nessuno glielo chieda: per voluptas diligendi, amore d’amare. Perché quell’ “altro” (singolo o collettivo, concreto o ideale) riempie la vita in modo potente, è una trasfusione salutare nelle vene dell’animo. Cosicché non ha neppure troppo senso distinguere volontà e desideri di chi si dedica da quelli della persona a cui si dedica. Ci sono anche momenti in cui il “dedito” si abnega (è naturale); ma questa abnegazione lo fa sentire ancor più realizzato, come un gran prezzo speso per una pe

Uccidere Platone?

Sto leggendo le Leggi di Platone: IX, 860d-864c. Il volume è quello giallo, gommoso e mastodontico di Tutte le opere del filosofo, che la Newton Compton ha pubblicato, nel 2009, per la collana “I Mammut”. Una massa mostruosa di testi conservati, rispetto ai pochi “fiori rosa” di Saffo, o ai barlumi di Parmenide ed Eraclito. Perfino del famoso Socrate, maestro di Platone, nulla è rimasto (ah, già… pare che non fosse proprio innamorato della scrittura. Sconfitto in partenza, in questo senso). Il filosofo che “sapeva di non sapere”, per noi, è, perlopiù, quello dipinto dal suo più illustre allievo: anche in barba ad altri (Senofonte, fattene una ragione…). E, in base a questo spartiacque made in Plato, si dividono i pensatori della grecità: “presocratici” e “dopo Socrate”, con il rigagnolo del cinismo, la fontana di Aristotele, il fiume ramificato della Stoà… Neanche fosse Gesù Cristo…             Basta questo, per capire cos’abbia significato Platone –cosa continui a significare. I

Prima di partire

  Prima di partire dovrei almeno mangiarmi il mio Paese: tutto, come una mela. Portarlo intero nel mio ventre ed essere -così gonfia- leggera come la luna. Allora volerei ridendo, più alta degli oceani.

No, non ce l'abbiamo coi pavesi

No. Noi studenti dell’università di Pavia non ce l’abbiamo con la gente del posto. Anche se, durante una dimostrazione di protesta contro i tagli all’istruzione pubblica, un cinquantenne temporalesco ci ha biascicato: «Vedete di studiare un po’ di più, eh?» Anche se il fatto di star fuori con amici fino a tarda sera, o prolungare un concerto (pur autorizzato dal Comune), o tagliare edera incolta per farne festoni basta a bollarci come “spine nel fianco”. Anche se litigare con uno stoppino difettoso, in chiesa, accendendo un lumino, ci attira gli strali di una beghina semi-parlante. Anche se, quando il Corallo-Ritz ha chiuso i battenti, un rispettabile Pinco Pallino ha pontificato: «E gli studenti dove sono finiti? Preferiscono spendere 10 euro per una birra, piuttosto che per il biglietto del cinema? O guardano i film sulla pay TV, ‘tanto paga papà’?» Ebbene, rispettabile Pinco Pallino: le commediole e i fantocci in 3D che passavano da un pezzo non valevano neppure i 5 euro del big

L'iceberg sotto la punta

"Camminavo per la città, depresso e furioso contro Judi. Perché mi aveva indotto a partire? Che cosa ero venuto a fare ad Algeri? Che cosa avrei scritto, come avrei giustificato il mio arrivo?A un tratto vidi formarsi un capannello in avenue Mohammed V. Corsi a vedere. Ma si trattava solo di oziosi attratti dalla lite tra due autisti scontratisi all'incrocio. In fondo alla strada intravidi un altro piccolo assembramento. Corsi a vedere. Era una fila di gente che aspettava pazientemente l'apertura dell'ufficio postale. Il mio taccuino era intonso: niente da registrare. E invece, proprio da quel soggiorno ad Algeri avrei imparato che, malgrado gli anni di esperienza giornalistica, stavo sbagliando tutto. Cercavo le immagini spettacolari, convinto che l'immagine potesse sostituire una comprensione più approfondita della realtà, che il mondo si potesse interpretare solo attraverso ciò che ci mostrava nell'ora della crisi spasmodica, quando era scosso da spari

La toga in tintoria

Nel programma di Storia degli studi classici, figura una raccolta di assaggi di vari “piatti forti”: Umberto Eco, Remo Ceserani, Marco Santagata, Mario Vegetti, Alfonso Traina… C’è anche una tartina di Valerio Massimo Manfredi: De imperio, dieci paginette. Così, ho finalmente dato un’annusatina anche a questo antichista re-inauguratosi scrittore. Non che ne sentissi troppo appetito… Di letture sono finanche obesa. Il mio comodino non è mai orfano di carta. Figuriamoci se potrei correr dietro a tutte le meteore del mercato librario… Ho fatto uno strappo alla regola con Twilight, giusto per non restare indietro in vampirologia. Ma di Antichità classiche già mi rimpinza l’università. Un romanzo “pop” non avrebbe potuto aggiungere un granché.             Infatti, non è che Manfredi sia stellare, come scrittore… Ha una conoscenza impeccabile della storia e dell’antiquaria: e vorrei ben dire… è il suo mestiere. Ma, per il resto, fare il romanziere è come fare il cantante. Puoi essere i

Purché sia altrove

Pavia, 14 febbraio 2013   Caro “Attico”, ti scrivo in una notte d’insonnia e di pensieri. La mia sveglia segna le 02:35 e io ho bevuto, poco fa, due tazze di tisana. Ma il Sonno non è stato adescato lo stesso.             Sei presente solo tu: o, meglio, sono presenti i discorsi che abbiamo fatto e rifatto, nei nostri ultimi incontri. Gli ultimi prima della tua partenza: non gli ultimi in assoluto, voglio sperare.             Abbiamo superato gli esami di maturità nello stesso anno. Era il 2008; è avvenuta, allora, quella gaffe del Ministero della Pubblica Istruzione che ci ha fatto ridere fra le lacrime. La traccia A della prima prova prevedeva, come sempre, l’analisi guidata di un testo letterario. Era una lirica di Eugenio Montale; le domande-guida vertevano sulla rappresentazione montaliana della figura femminile. Se non che –è stato scoperto poi- quei versi erano dedicati a un uomo. Tu hai rivolto parole saettanti a un professore, dicendo che “non valeva la pena d

Meritocrazia (2)

Forse, certi argomenti funzionano come la nuvoletta fantozziana. Ho appena finito di parlare di “meritocrazia” che già mi capitano i ricordi d’un professore sessantenne… Qualcuno che ricorda de visu la nascita della televisione (l’ Intervallo con le pecorelle… le manopole al posto del telecomando… Un modello di televisore che, a casa dei miei nonni materni, era un cimelio…), il Sessantotto e gli “anni di piombo”. Nonché un modello di meritocrazia di cui, oggi, restano gli avanzi in realtà circoscritte, come Pavia. ‹‹Fin dalle elementari, si sapeva d’avere due alternative: andar male negli studi e, quindi, lasciare la scuola; oppure, essere brillanti e vedersi tutto pagato (senza anticipare nulla!) dallo Stato: tasse, alloggio, biglietti del treno per i pendolari… Certo, era stressante. Può sembrare anche crudele questo meccanismo di “selezione naturale”…›› ‹‹Ma assai meno crudele che dover studiare e pagare per anni, per poi trovarsi in mano un bel nulla!›› non resisto io. Il prof

Meritocrazia

Va molto di moda, negli ultimi anni, il termine meritocrazia , in riferimento alle politiche in materia d’istruzione pubblica. È arrivato ai tavolini dei bar sotto lo scorso governo Berlusconi, retto da un partito che, nella scelta del proprio organico, l’ha applicato nel modo noto. (Sarcasmo che non occorre sottolineare). L’ex-ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, l’ha sbandierato, insieme alle uscite altezzose sui “corsi inutili”. Lo stendardo precotto è stato riscaldato dal ministro attuale, Francesco Profumo. I due figuri hanno in comune una cosa: il collegamento fra “meritocrazia” e “braccino corto” nel finanziare la pubblica istruzione.             Ora, vale la pena di ridare un’occhiata approfondita a questo benedetto concetto. Così lo definisce il vocabolario on-line Treccani.it: “Concezione della società in base alla quale le responsabilità direttive, e spec. le cariche pubbliche, dovrebbero essere affidate ai più meritevoli , ossia a coloro che mostrano di p

E se si avverasse?

Per incontrare i gusti televisivi di tutta la famiglia, almeno a casa mia, occorre beccare qualcosa come  Racconti incantati (regia di Adam Shankman, 2008). Il protagonista è l’erede spodestato d’un albergatore. Relegato al ruolo di tuttofare, sogna il riscatto e traveste le proprie aspirazioni nelle fiabe che improvvisa per i nipotini. I due piccoli ossi duri hanno sempre il suggerimento pronto per arricchire la trama. E il “Cenerentolo” si accorge che le idee dei bimbi si realizzano nella sua vita… Nel complesso, un’americanata in stile “film di Natale”, “credete-sempre-nel-lieto-fine” e sviolinate sul tema. Che riescono, però, a incorporare grancasse da kolossal d’azione: salvataggi all’ultimo minuto; corse folli in motociclette che sembrano, più che altro, aerei; improbabili colpi di destrezza… I film americani mi fanno sempre sentire ancor più italiana di prima.            Però, Racconti incantati merita pure due righe. Perché, sebbene in modo pagliaccesco, ha colto due pro

Chi di evidenziatore ferisce...

  Accendo, per caso, il televisore. Sono, all’incirca, le ore 10:00 di sabato 9 febbraio 2013. Quello che ho davanti è un talk-show, probabilmente Uno Mattina in famiglia (o qualcosa di simile). Un tale legge, da una rivista, una rubrica di “posta del cuore”. Una signora scrive: “Sono alta 1, 82 m. Ho conosciuto un uomo che è una vera bomba sexy, ma ha un problema: è alto solo 1, 63 m…” Segue il racconto dell’imbarazzo provato in pubblico. La telecamera inquadra da vicinissimo il foglio stampato. Leggo le righe evidenziate dal Tale e anche quelle che lui tace. La lettera della signora, in ogni caso, approda su una richiesta di consiglio: “Ho organizzato una festa per il mio compleanno, ma non so se presentare lui alle mie amiche…”             «E Marta Flavi cosa risponde?» esordisce il Tale. « “Hai ragione: non presentarlo alle tue amiche…”» Uggiolii di scandalo in studio, modulazioni di «Ma comeeeeeee?!» et similia. Però, mentre la telecamera inquadrava il pezzo, ho fatto

In viaggio con Erodoto

“Erodoto vive una vita piena, per nulla intralciato dalla mancanza del telefono, dell’aereo o della bicicletta. Tutte cose che arriveranno solo dopo migliaia di anni, e che niente lascia presumere gli siano mancate: se la cava perfettamente anche senza. La sua vita e quella del mondo contengono una forza propria, un’energia inesauribile e autosufficiente che lui avverte e che lo entusiasma. Erodoto doveva essere una persona serena, rilassata e cordiale: è solo a questo tipo di persone che gli estranei svelano i propri segreti. Le nature chiuse, ombrose e introverse, anziché indurre il prossimo a confidarsi, suscitano il timore e la voglia di scappare. Se Erodoto avesse avuto un carattere del genere, non avrebbe ricavato niente dagli altri e noi non avremmo avuto la sua opera.             Riflettevo spesso su questo fatto, sentendo con stupore, e anche con una certa inquietudine, che, addentrandomi nella lettura di Erodoto, subivo un processo di identificazione intellettuale ed