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Visualizzazione dei post da novembre, 2015

Bandiere

“Tutte le bandiere, anche le più nobili, le più pure, sono sozze di sangue e di merda. Quando guardi i vessilli gloriosi, esposti nei musei, nelle chiese, venerati come cimeli dinanzi a cui inginocchiarsi in nome degli ideali, dei sogni, non farti illusioni: quelle macchie brunastre non sono tracce di ruggine, sono residui di sangue, residui di merda, e più spesso merda che sangue. La merda dei vinti, la merda dei vincitori, la merda dei buoni, la merda dei cattivi, la merda degli eroi, la merda dell’uomo che è fatto di sangue e di merda. Dove c’è l’uno purtroppo c’è l’altra, l’uno ha bisogno dell’altra. Naturalmente molto dipende dalla misura del sangue versato, della merda schizzata: se il primo supera la seconda, si cantano inni e si innalzano monumenti; se la seconda supera il primo si grida allo scandalo e si celebrano riti propiziatorii. Ma stabilire la proporzione è impossibile, visto che il sangue e la merda col tempo assumono un uguale colore. E poi, in apparenza, la maggio

Il dio tragico

“Dioniso non è un dio felice, anzi è il più tragico degli dèi perché è quello che esprime lo spasimo della vita e l’inevitabilità della morte. Dioniso è un dio che muore, un dio che nasce e rinasce per essere ucciso. Perché il suo corpo possa modellare l’Uomo, è necessario che i Titani lo facciano a pezzi e lo cuociano, perché da lui sbocci la pianta che darà il vino all’Uomo è necessario che Demetra ne seppellisca le carni straziate. Dioniso è la vita che non esiste senza la morte, è la maledizione di nascere, è il rifiuto inconscio di morire. Non a caso il suo culto è un’orgia avida e disperata, la sua gaiezza è intrisa di sofferenza e il suo brio di dolore. Ebbene, tra i tuoi mille volti c’era sempre stato il volto di Dioniso che corre pei boschi, sghignazzando zufolando ruzzolando coi fauni e le mènadi: «Giochiamo?» C’era sempre stato quell’impeto di vitalità. All’improvviso però esso aveva assunto un che di esasperato, frenetico, quasi fosse una commedia per ingannare te stesso

Il Leviatano

“V’è una cosa che il tremendo Leviatano, il gran mostro autoelettosi campione di democrazia, l’America, ha in comune con le tirannie di destra e di sinistra. E questa cosa è lo Stato forte, arrogante, spietato, sorretto dalle sue leggi manichee, dalle sue regole mutilanti, dai suoi interessi spietati, dal suo timore anzi dal suo odio per le creature che non rappresentano una massa, per gli individui che nel suo computer non corrispondono a una scheda precisa, a un codice di conformismo, a una religione. I reprobi soli. Il reprobo solo non esce e non entra, a lui non si dà né il passaporto per uscire dalle frontiere della tirannia, né il visto per entrare nelle frontiere del gran mostro autoelettosi campione di democrazia. Proprio perché è solo, perché non ha alle spalle un partito, un’ideologia, quindi un potere che garantisca per lui. Paradossalmente, i dissidenti che lasciano l’Unione Sovietica non sono reprobi soli: dietro di loro c’è una casistica, c’è la dottrina dell’opposta b

La vergine di ferro - III, 1

Parte III: Il filo di Arianna 1. Isabella l’aveva vista. Isabella sapeva di lei – anche se in modo deformato dalla propria immaginazione accesa e dalla falsa notizia della morte di Nilde. Non ci voleva troppo a capire cosa avrebbe fatto, nella sua agitazione. Si sarebbe aggrappata all’unico appiglio sicuro – che credeva sicuro. Nilde ebbe un ulteriore moto di rabbia, pensando all’infatuazione a alla sottomissione della biondina fantasiosa verso il dottor Michele Ario, psicologo e presidente dell’Associazione Lotus. Non per colpa dell’ingenua ragazza, ovviamente. Ma per colpa del proprio zio. Era questo che lui faceva ai suoi allievi, con la scusa di vendere un corso di mnemotecnica e di alzare il loro quoziente intellettivo. Li affascinava, dilavava le loro menti, fino a renderli docili ed entusiasti come tanti bambini – tanti figli. Forse, lei, dopotutto, non era l’ unica per il dottor Ario – pensò Nilde, con un ghigno di sarcasmo.              Questo pensava, ment

Il mondo salvato dalle puttane

Quante volte l’abbiamo sentito dire? La “società liquida”… la “società del caos”… il “postmoderno”… In questo mese, a un incontro sul problema del gioco d’azzardo in Lombardia, è stata intavolata la questione. Gli Stati nazionali, le Chiese e i partiti vacillano in credibilità e autorevolezza. Il che equivale a dire che tutti i prodotti della modernità vacillano.             «Ecco che si può stare un poco in pace!» sbufferà chi non ha mai potuto soffrire indottrinamenti e moralismi. Invece no. Perché sono proprio i naufraghi a tenersi spasmodicamente alle tavole fradice della loro nave. E, pur di non mollarle, sono disposti anche a far annegare coloro che si trovano vicini. Tant’è che stanno tornando di moda le parole onore e puttana. Quest’ultima è da intendersi in senso lato, ovvero “persona senza valori morali, che bada solo al proprio profitto”. Il punto è che, non esistendo più enti morali incontrovertibili, tutti si dettano da soli l’onore e la coerenza che fan loro comodo,

La vergine di ferro - II, 10

Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero 10. Isabella non rallentò la corsa, finché non ebbe raggiunto il portoncino della palazzina liberty in via Mazzini. Schiacciò uno dei pulsanti in ottone – quello contrassegnato col nome di Dott. Michele Ario, psicologo. Le rispose la voce della domestica: «Chi è?»             «Sono… sono Isabella Merini… una delle ragazze del corso di mnemotecnica» rispose lei, trafelata. «Posso… posso parlare col dottore? Si tratta di… di sua nipote». Il citofono tacque per qualche attimo. «Aspetti, signorina» si risolse poi la fantesca. Dopo alcuni minuti, a Isabella fu concesso l’ingresso. [Fine seconda parte] Pubblicato su Uqbar Love, N. 159 (19 novembre 2015), p. 25.

Il confine sottile

Temo che gli animali vedano nell'uomo un essere loro uguale che ha perduto in maniera estremamente pericolosa il sano intelletto animale: vedano cioè in lui l'animale delirante, l'animale che ride, l'animale che piange, l'animale infelice. (FRIEDRICH NIETZSCHE) Li accompagnava una cadenza di rami crocchianti, di terra umida calcata. Licia aspirava gli ombrellini dei sambuchi, l’argento di betulla. Il suono dei loro passi pungeva le radici dei faggi. La schiena ossuta di Cesare le apriva il sentiero. Lei guardava la sua nuca bruna, fresca d’un taglio nei capelli folti e forti. Si fermarono davanti a cespugli in cui si aprivano le coroncine delle rose canine. Il giovane inspirò a fondo. «Aspetta lì». Si avvicinò, felpato, ai cespugli. Tese una mano e, come in una carezza, scostò le foglie crespe.             Una lupa dal manto grigio-marrone levò verso di lui gli occhi affusolati. Nei bulbi chiari, le pupille risaltavano con effetto quasi ipno

Ti ho amata - 3

"Rendimi l'amore  che ti ho prestato, i sogni vissuti,  le lacrime di gioia,,.  che nel piacere hai avuto! Rendimi la tenerezza  che ho provato, io ti restituerò  il falso orgoglio d'averti avuto.. Rendimi i sorrisi che ti donato i gesti, le parole dette, ed i pensieri.. non eri tu  non sei mai stata!" ANTONIO ATZEI (EL GATO EN LA CALLE)

Il realismo di Caravaggio e l'autunno del Manierismo

I corsi della Libera Università di Manerbio (LUM) hanno compreso anche un incontro di storia dell’arte, al Teatro Civico: “Il realismo di Caravaggio e l’autunno del Manierismo” (15 ottobre 2015). Il relatore era il prof. Martino Pini, già conosciuto come ex-insegnante di scuole medie e docente della scuola di disegno compresa nella LUM. Lui stesso aveva scelto un sottofondo musicale, tratto dalla colonna sonora del Barry Lyndon girato da S. Kubrick. Con quelle note, l’uditorio è stato calato nell’intensità e nella drammaticità di Caravaggio. Allo stesso tempo, il prof. Pini ha inquadrato questa figura all’interno del cosiddetto Manierismo. Il termine indica l’arte di fine Cinquecento e deriva da “maniera”, il termine che il biografo Giorgio Vasari (1511-1574) impiega col significato di “stile proprio di un pittore”. Per l’appunto, gli artisti dell’epoca si formavano sulla “maniera” di Michelangelo, Raffaello, Tiziano e Leonardo. Un’altra caratteristica che accomuna i pittori del per

Il Pedibus gioca con Cecco Angiolieri

Il Pedibus di Manerbio ha da poco visto la propria versione autunnale, dal 28 settembre al 30 ottobre 2015. Presentare ai bambini delle scuole elementari la bellezza del camminare non è semplicissimo, in detta stagione. Tuttavia, i volontari contattati dal Comune si sono impegnati per non far mancare colori e giochi neppure sotto le minacce di pioggia. In particolare, ha visto un seguito l’iniziativa “Nel mezzo del cammin…”, nata per commemorare il 750° anno dalla nascita di Dante Alighieri. Stavolta, l’attenzione si è spostata su un’altra figura: un contemporaneo di Dante, più vecchio di lui di qualche anno; come lui poeta toscano, ma di Siena e… di ben altra pasta. Si tratta di Cecco Angiolieri (1260 – 1313?). Questa fermata del Pedibus ha preso il nome dall’incipit del suo sonetto più famoso: “S’i’ fosse foco”.              Guidati da una neolaureata in Lettere, i piccoli hanno potuto vedere che la poesia non è solo solennità, ma anche gioco, sberleffo, vita quotidiana. Al pos

Domenica Brusinelli, 70 anni di ACLI

Il 31 ottobre 2015, la castagnata delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI), a Manerbio, è stata allietata da un riconoscimento. La socia Domenica Brusinelli si era vista assegnare una medaglia e una targa in occasione del 70° anniversario dalla fondazione delle ACLI della Provincia di Brescia. Il suo merito era quello di aver preso parte alla loro storia fin dall’inizio, nel 1945.             Oltre che socia della prima ora, Domenica era “figlia d’arte”. I suoi genitori sono ricordati per aver gestito la “Cristiania”, quella che ora è il bar-trattoria “Scià Bas”: all’epoca, luogo di ritrovo per eccellenza dei parrocchiani manerbiesi.              Per quarant’anni (dal 1936 al 1976), la Brusinelli lavorò al Lanificio Marzotto e fu sindacalista della CISL, in rappresentanza dell’elemento femminile. Grazie alle ACLI, aveva potuto ottenere la formazione necessaria al compito frequentando una “scuola sociale” a Brescia, dal 1952 al 1954.             La sua longevità

Il tempo delle castagne

È arrivato novembre; con esso, le umili gemme dell’autunno: le castagne. Come è naturale per le piccole città, questo porta a pubblici momenti di convivialità a base di caldarroste.             Così, a Manerbio, ha fatto il circolo locale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI). Il 31 ottobre 2015 (coincidenza casuale…), è stata offerta una castagnata a soci e simpatizzanti. Ovviamente, non di sole caldarroste vive l’uomo, perciò erano presenti anche stuzzichini fatti in casa, dolci e salati. Il vino era quello selezionato nell’Oltrepò Pavese dal Gruppo di Acquisto Solidale. La festa, però, era dedicata soprattutto a chi aveva partecipato alle gite del Gruppo Turistico ACLI: le foto-ricordo venivano proiettate nella sede del circolo. “Dulcis in fundo”: una socia, Domenica Brusinelli, era appena stata insignita di una medaglia e di una targa per il 70° anniversario dalla fondazione delle ACLI della Provincia di Brescia, alle cui attività lei aveva preso parte fin dall

Spiedo, cucina e... letteratura autunnale

Arriva l’autunno, coi suoi prodotti colorati sotto un cielo grigio. E la Libera Università di Manerbio (LUM) proprio a questo ha voluto dedicare l’incontro del 29 ottobre 2015, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”: “Spiedo, cucina e… letteratura autunnale”. La relatrice era la prof.ssa Carla Boroni, autrice di volumi sulla rappresentazione letteraria del cibo. «Ho cominciato a trattare l’argomento negli anni ’90, quando non era ancora di moda…» ha ricordato. Sebbene paia antitetico, il legame fra letteratura e pietanze è senza tempo. La relatrice ha citato il frutto proibito e il piatto di lenticchie della Genesi, i frutteti e i latticini dell’Odissea; ha ricordato la sovrapposizione fra valore alimentare e valore spirituale, che avviene nell’Eucarestia e che fu tipica del Medioevo.              Ne “I Buddenbroock” (1901) , Thomas Mann descrive un ricco pranzo autunnale a base di zuppa di erbaggi, prosciutto con salsa e legumi, “terrina russa” (sorta di mostarda). Guido Gozzano can

Quattro ruote in piazza

La passione per i motori non riguarda solo chi può permettersi grosse cilindrate. A volte, bastano una piazza, qualche copertone, ostacoli di plastica, transenne e il circuito è servito. Così è stato fatto a Manerbio il 24 ottobre 2015, in piazza Cesare Battisti. A chi volesse assistere a un piccolo spettacolo di velocità, sono stati offerti go-kart e quod, guidati da piloti pratici del mestiere. L’inizio della manifestazione era programmato per le ore 14:00, con una “finale notturna” prevista per le 21:00. Questo è stato il Kart Day 2015. Mezzi a quattro ruote di piccola taglia si sono dati da fare per circolare intorno al monumento ai Caduti – insolito testimone per un’insolita scena.              L’iniziativa era del Comune. Dell’organizzazione si è occupato soprattutto Claudio Gogna, membro della Commissione Cultura, Sport e Politiche Giovanili. Il referente – per quanto riguardava i rapporti coi piloti – era Cristian Febbrari, che ha dato una mano a sistemare il circuito.

La pieve in mostra

La pieve “S. Lorenzo Martire” di Manerbio è una di quelle bellezze che sembrano avvantaggiarsi dell’età. Perciò, nel trecentesimo anno dalla posa della prima pietra (1715), i gioielli dell’anziana signora sono stati offerti alla vista del pubblico.              Il Museo Civico ha ospitato una mostra, con materiali tratti dall’archivio e possibilità di visita guidata al sabato mattina, in ottobre. Si sono così rivelati un antifonario cinquecentesco, calici, ostensori; l’immagine di una “Pietà” offerta, un tempo, al “bacio della pace”; il diario del curato Nicola Cè (1739-1780). Altri fogli a righe riportavano un frammento del decreto della visita pastorale di S. Carlo Borromeo (1580). Due stendardi ricordavano le compagnie che sostituirono (all’inizio dell’ ‘800) le confraternite, associazioni di laici dediti alle pratiche devozionali e alla beneficenza. Non poteva mancare un Messale tridentino. Un documento della Municipalità di Manerbio (1803) ricorda la singolare storia di fra

Il migliore amico del carabiniere

Il proverbio vuole che il cane sia il migliore amico dell’uomo. Di sicuro, lo è del carabiniere. Così ha fatto pensare l’esibizione cinofila del gruppo “Madonna della Strada”, organizzato per il 68° anniversario di fondazione dell’Associazione Nazionale Carabinieri - Sezione Brigadiere “G. Lai”, a Manerbio. L’evento si è tenuto la sera del 24 ottobre 2015, in Piazza Falcone – mentre, davanti al municipio, scorrazzavano i motori del Kart Day. A fare gli onori di casa, naturalmente, c’era il presidente dell’ANC locale, Antonio Anni.              La scuola di addestramento cinofili, secondo il sito dell’ Unione Nazionale Arma Carabinieri , ha sede in una chiesa sconsacrata nei pressi di Pontevico.             L’esibizione manerbiese è stata diretta dal comandante Aldo Taietti, ottimamente in grado di tenere attento il pubblico, strappandogli anche il sorriso. La simpatia dei presenti, sicuramente, era attirata anche dai protagonisti della serata: i cani. Obbedienti agli ordini, si

La vergine di ferro - II, 9

Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero 9. Isabella fluttuava mestamente sulle rive del Ticino, nella luce indefinita del crepuscolo. Cercava di cullare la malinconia con il fascino del Borgo, il suo monumento alle lavandaie operose d’una volta e la “Linguacciona” che scherniva quelle che erano pettegole. Cercava di non pensare alla favola di Odette e Sigfrido, evocata continuamente dalle acque cristalline del fiume.             D’un tratto, fu riscossa da un guizzo. Un vestito nero che ondeggiava sulla strada, davanti a lei. Fissò quella figura.              Nilde Ario era là, in ampi abiti funerei. Le labbra di Isabella si aprirono in un grido muto. Poi, si voltò e fuggì. Ieri notte, quando ho spento la luce… ho visto… ho creduto di vedere… Nilde che mi fissava nel buio. No, non aveva preso Amedeo per pazzo, quando lui glielo aveva raccontato. E, in quel momento, gli credeva ancor più fermamente. Perdonami, Nilde. Non avrei voluto essere gelosa di te.

La vergine di ferro - II, 8

Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero 8. Michele Ario fissò la strada fra la sponda del Ticino e le case, nel Borgo che prendeva il nome dal fiume. Procedeva cautamente alla guida della Porsche, catturando con lo sguardo ogni centimetro cubo d’aria. Sapeva chi doveva trovare. L’aveva seguito.              D’un tratto, infatti, se lo vide arrivare davanti, a piedi. Probabilmente, cercava l’auto parcheggiata. La chioma rossa, la figura d’alabastro fasciata d’abiti scuri – come quelli che amava indossare la sua “defunta” nipote. Fermò il veicolo; attese che il giovane si avvicinasse e scese dall’auto. L’altro trasalì.             «Signor Bernasconi, La prego caldamente di salire» lo apostrofò Ario, con una cortesia minacciosa. Amedeo fece per ribattere. Poi, notò il figuro sul sedile anteriore, accanto al posto del conducente. Si voltò e si accorse di un ragazzo biondiccio che lo fissava duramente – troppo per essere lì per caso. Era sera e, in Borgo Ticino, non