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Visualizzazione dei post da 2016

Le rose della notte - II, 3

Parte II: Il cielo in fiamme 3. Margherita arrivò nella piazzetta, raccolta come il palmo di una mano. Alcuni alberi ombreggiavano panchine, nel sole gentile di marzo. Sotto i suoi piedi, un mosaico di ciottoli. E, davanti a lei, la schiena sicura di Diana.             La precedeva lentamente, con la cadenza degli anfibi in cui aveva infilato i jeans. La catena appesa alla sua cintura non faceva rumore. Invece della giacca, non più necessaria, la avvolgeva una maglietta scura, con l’effigie dell’ennesima band  che Margherita non conosceva. Avrebbe potuto descrivere Diana elencando tutto ciò che ignorava di lei.             Tra la caserma dei Carabinieri e il convento degli Agostiniani, era incastonata una gemma romanica: la basilica di San Pietro in Ciel d’Oro. Le ossa dei contrafforti e del portale biancheggiavano nel suo corpo rosso. Tre bifore – tre paia di pupille feline – e tre finestrelle a tutto sesto aprivano in esso un respiro buio. Sotto il tetto a due spio

La Carne e lo Spettro

Aspetta. Soppesa. Ricorda l’agenda, gli amici, quel quaderno di racconti e poesie che da troppo tempo attende di venir trascritto a computer. Mangia. Parla. Sorridi. Questi sono i desideri della Carne. E i desideri della Carne sono contrari a quelli dello Spettro.              Lo Spettro è una scintilla dal canto delle Sirene. È un sentore di blu dal cuore di scoglio. È la bellezza del Sonno, che ti passa una mano sugli occhi con un sorriso di dama sicura.             Lo Spettro dà il comando dello stoico: segui il destino come un cane segue il carro a cui è legato. Giungerai alla fine con meno dolore. Lui sa che l’anima, a volte, ha bisogno solo di raggiungere la posizione fetale e da lì esplodere, rinascere - o disciogliersi nel suo liquido amniotico. Non distrarti con la vita. Ascolta la verità delle ferite. “C’era una persona in me, una parte di me, o comunque la si voglia chiamare, talmente compromessa che era pronta a vedermi morta per trovare pace.” (Jeanette Winter

Secondo Natura

Ho trovato Giovani streghe ( The Craft, USA 1996; regia di Andrew Fleming) nell’elenco di film che compare sul sito A Study of Gothic Subculture . La nota che accompagnava il titolo non era entusiastica: la pellicola era stata citata unicamente perché uno dei suoi personaggi principali è una ragazza goth. Sono stata indecisa sul guardarlo o meno; ha prevalso la curiosità. Ed è stata cosa buona: The Craft , per quanto non abbia altro di straordinario all’infuori degli effetti speciali, si è rivelato ricco di spunti.              La protagonista è un’adolescente americana, Sarah (Robin Tunney). È rimasta orfana della madre, che è morta nel partorirla; gli immotivati sensi di colpa per la cosa l’hanno anche indotta a un precoce tentativo di suicidio. All’inizio del film, si sta trasferendo in un’altra città, col padre e la matrigna. Niente sembra essere più suo, all’infuori della camera dove campeggia la foto di sua madre e un anello lasciatole dalla medesima. Le prime impressioni

Le rose della notte - II, 2

Parte II: Il cielo in fiamme 2. Diana si schiarì la voce, mentre Agostino cominciava a pizzicare le corde del basso. Gennaro si era già piazzato dietro la tastiera e Giorgio accarezzava i piatti metallici della batteria con le bacchette. Poco discosto, si era già seduto il trio: Michele, col piffero appenninico; Francesco, con la “musa delle Quattro Province” e Luca, con la fisarmonica. Edoardo aveva già impugnato la chitarra elettrica e fissava Diana, alla ricerca di un segnale dai suoi occhi oscuri.             Si respirava l’aria di ogni inizio, quando ciascuno sfiorava i propri strumenti, generando qualcosa che si librava in attesa, indefinito, nell’imminenza di diventare musica. Come sempre, i “Pains of Odin” si erano radunati nel garage della madre di Agostino, ampio a sufficienza per non farli diventare tutti sordi sul breve periodo, e pazientemente insonorizzato.              Cinque di loro si erano decisi a quell’esperimento dopo intense esperienze in gruppi

Un luogo dove ritrovarsi

“Ricordo una volta in cui andai in biblioteca a ritirare i gialli per mia madre. Tra i libri che aveva prenotato, ce n’era uno che s’intitolava Assassinio nella cattedrale, di un certo T.S. Eliot. Pensava che si trattasse di una storia macabra i cui protagonisti erano monaci malvagi, e a lei piaceva tutto quello che poteva dare fastidio al papa.              Il libro mi sembrava un po’ troppo breve - di solito i gialli sono abbastanza corposi - così lo sfogliai e vidi che era scritto in versi. Qualcosa non quadrava, in effetti. Non avevo mai sentito parlare di T.S. Eliot. Credevo che fosse parente di George Eliot. La bibliotecaria mi spiegò che l’autore era un poeta americano, vissuto in Inghilterra per gran parte della sua vita. Era morto nel 1964, e aveva vinto il premio Nobel.             Io non leggevo poesia, perché il mio obiettivo era leggere tutta la Narrativa inglese A - Z. Ma questo libro era diverso… Lessi: Non è che un breve momento / Ma sappiate che un altro si

Erica Gazzoldi e la sera in due

"Quando penso ad una poetessa dotata nella forma, penso ad una giovane e stravagante poetessa di borgo, Erica Gazzoldi. Certo, il cognome non fa una grinza, di un cognome dell'alta borghesia finanziaria medievale non si sa nulla, però si sa che i mecenati sanno scrivere parole divine, lei le scrive e dice di non sapere scrivere bene, ma divinamente male tutto, non è mai soddisfatta, ricerca sempre nuovi stadi della poesia, nuove forme dell'arte, nuovi altari da recitare, lei è una medievista e una filologa concreta, sa distinguere la fantasia e la realtà e preferisce lo studio della mistica, che nei suoi libri compare affannosamente, e nei suoi romanzi compare mai, perché sa dosare la realtà, sa dosare la critica, sa dosare l'epica, sa dosare la storia, sa dosare la necessità, sa dosare l'involucro, sa dosare la custodia è un esteta convinta, è un amore di santa necessità per la letteratura, ironia della sorte abbiamo scoperto una grande scrittrice, ma sappiamo c

Le rose della notte - II, 1

Parte II: Il cielo in fiamme 1. Quando Marcello Valenti dovette arrendersi alla sveglia, l’appartamento era in uno stato pietoso. Il vestito e la parrucca di Greta Sgarbo erano abbandonati su una sedia, come un bozzolo rotto. Il divano-letto che ospitava due dei suoi coinquilini era un caos di lenzuola arrotolate e penzolanti a terra. Si alzò intontito e aprì le imposte. Le sue palpebre lo difesero di scatto dalla luce.             Per sua grazia, non aveva lezione, quella mattina. Aveva tutto il tempo di uscire dalla trance. Grattandosi il pigiama sulla schiena, s’infilò nel cucinotto. Cercò di non mettere troppo a fuoco le sue condizioni, per non vomitare. Pulì il necessario, sul tavolino e sul piano di cucina; poi, si mise a far scaldare il latte.  Prese dalla credenzina un pacco di biscotti già aperto e cominciò a sbocconcellare.             Lo squillo del cellulare lo richiamò in camera da letto. Sbuffò: di sicuro, si era scordato di spegnerlo, quella not

Fiumi e montagne di musica

Il Concerto di Santa Cecilia 2016 si è tenuto il 26 novembre, al Politeama di Manerbio. Il tema era “Rivers and Mountains”, “Fiumi e montagne”. A questo filo conduttore, ne è stato aggiunto un altro: quello di due lutti recenti. Il concerto, perciò, è stato dedicato alla memoria di Lorenzo Gazzoldi, storica tromba della Civica Associazione Musicale “S. Cecilia”, e a Pedro Almeida Carvalho, dipendente comunale conosciuto e benvoluto. La direzione, naturalmente, è spettata al nuovo maestro, Giulio Piccinelli. La presentazione dei brani era a cura di Renato Krug.             I fiumi e le montagne della serata erano gli elementi naturali più ispiratori per i musicisti, ma anche - come recitava il programma di sala - gli alti e bassi della vita. Non poteva mancare un pensiero al Mella.             Il primo brano era esplosivo in ogni senso: “Vesuvius” di Frank Ticheli (Monroe, Louisiana, USA, 1958). Avrebbe dovuto descrivere un baccanale, ma la distruzione di Pompei ed Ercolano corr

La Bella Addormentata nel Bosco e il Principe Ranocchio

Prosegue la stagione teatrale per bambini al Teatro Civico “M. Bortolozzi” di Manerbio. Dopo “Il Flauto Magico” di W.A. Mozart, la compagnia “IL NODO Teatro” ha riletto “La Bella Addormentata nel Bosco”. Il 6 novembre 2016, sul palco del “M. Bortolozzi”, hanno recitato Francesca Carini, Danilo Furnari e Fabio Tosato, con la regia di Raffaello Malesci.              La loro versione della fiaba si apriva con il re Rosone e la regina Rosina: stagionati bambinoni al quarantesimo anno di matrimonio. Ai due, sembrerebbe ora di ampliare la famiglia; ma entrambi sono più esperti di bambole elettroniche che di bambini. Come se non bastasse, il surriscaldamento globale ha fatto estinguere le piante di rose cui dovevano i loro nomi. Ormai, nei giardini reali, non crescono altro che banane, ananas e datteri. Proprio nel bosco di datteri, un ranocchio (scampato al disseccamento del suo stagno) trova una neonata e la presenta alla coppia. Per restare in tema, la piccola viene chiamata Rosaspina.

La Francia in musica e sapori

Il gemellaggio fra Manerbio e St. Martin de Crau continua a suggerire eventi culturali. Stavolta, il piacere del cervello si è unito a quello del palato, grazie alla collaborazione fra il Comune e l’aperitiveria Decanter. Il 20 e il 27 novembre 2016, i manerbiesi sono stati invitati a gustare vini francesi con un poco di stuzzichini, prima e dopo due concerti. L’iniziativa è stata intitolata “La Francia in punta di forchetta e di flûte”. Il suo primo episodio si è tenuto al Teatro Civico “M. Bortolozzi”: s’intitolava “Notturno francese” ed è stato eseguito dal duo Carlo Barbieri (sassofono contralto) e Andrea Facchi (pianoforte). Il programma di sala si apriva con una quartina di Charles Baudelaire: “Già s’avvicina l’ora che trepido ogni fiore/come un vaso d’incenso svapora sullo stelo;/solcano effluvi e musiche la sera senza velo;/malinconico valzer, delirante languore!” È seguita una piccola antologia del Novecento musicale francese: la “Petite suite latine” di Jérôme Naulais (1

Le castagne fanno buon sangue

Arriva novembre, col suo gradito carico di frutti autunnali e prodotti suini. Ne beneficia, come sempre, l’AVIS di Manerbio, per la raccolta fondi. Il 13 novembre 2016, la cittadinanza manerbiese è stata invitata al Piazzolo di via XX Settembre per l’annuale castagnata con vin brulé ed altri extra. A preparare le caldarroste ha collaborato il Vespa Club locale. Giusto per confermare lo spirito di sostegno fra associazioni, i donatori di sangue esponevano volantini dedicati all’AIDO, l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule: la sezione provinciale di Brescia, intitolata a Laura Astori, cerca nuovi aderenti.              Ai banchettanti, l’AVIS ha offerto il suo nuovo calendario, dedicato alla cultura contadina e ai proverbi dialettali. Era possibile anche acquistare i biglietti di una lotteria: l’estrazione dei premi era stata fissata al 16 dicembre 2016, in occasione della Shopping Night.             La solidarietà si è dunque tradotta in un pomerig

Un albero per Emanuela

Il 24 novembre 2016, i dipendenti del Comune di Manerbio hanno voluto ricordare la collega Emanuela, che lavorava presso la Biblioteca Civica e morì prematuramente dieci anni fa. La serata è stata intitolata “Un albero per Emanuela”: l’albero è il ciliegio che è stato appositamente piantato nel giardino comunale. In attesa della primavera che lo farà fiorire, amici e colleghi di Emanuela si sono riuniti nel portico antistante il centro culturale, dove era stata allestita una sorta di salottino. Ciascuno ha acceso un lumino; le fiammelle sono rimaste quali unica illuminazione, mentre due lettrici hanno declamato “le parole che non si osavano dire”: quelle di “Sally”, canzone interpretata da Vasco Rossi (1996); quelle di Emily Dickinson (Amherst, Massachusetts, 1830-1886) in “Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi”; quelle di Adriana Zarri (San Lazzaro di Savena, 1919 – Crotte di Strambino, 2010) in “Non mi vestite di nero”. Tre testi in cui voci di donne hanno meditato sulla fi

«Mio figlio e Pif». Il padre di Michele Astori è manerbiese

Poco prima della metà del novembre 2016, a Manerbio, è comparsa la locandina del film “In guerra per amore”: regia di Pif; sceneggiatura dello stesso Pif, di Michele Astori e di Marco Martani. Nessuno si aspetterebbe di trovare, sulla locandina, un pezzetto di Manerbio. Perché Michele è figlio del nostro compaesano Domenico Astori.              Da giovane, questi dovette cercare una sistemazione lavorativa e la trovò a Palermo. Sposò una siciliana, dalla quale ebbe due figli. Michele mostrò un’inclinazione precoce per lo spettacolo. «Da bambino, faceva le imitazioni di Franco e Ciccio» ricorda il padre. Laureatosi in Scienze della comunicazione all’Università degli Studi di Palermo, Michele si trasferì a Roma e lì frequentò un corso per autori televisivi presso Mediaset. Ha sceneggiato documentari e approfondimenti, come “1960” di Gabriele Salvatores (2010) e “In fabbrica” di Francesca Comencini (2007). Di recente, ha intervistato politici italiani di spicco nel programma “L’Ital

Piccolo è bello

Si dice che la felicità sia fatta di piccole cose. Il manerbiese Giammaria Savio ha preso il detto alla lettera. La sua passione, infatti, sono le miniature: in particolare, quelle che occorrono a realizzare presepi.              L’idea gli venne molti anni fa, quando stava - per l’appunto - cercando una capanna per la Natività. Capì che avrebbe potuto realizzarne una da solo. Da allora, la faccenda è progredita. I presepi di Savio sono ormai diversi. All’oratorio di Alfianello, se ne trova uno ambientato fra impervie rocce di sughero dipinto. Un altro rappresenta una scena collinare attraversata da un fiume; un altro ancora ritrae una vallata di montagna: la capanna è in legno e dal tetto spiovente, guardata da un castello con torri merlate. Quando Savio fa nascere Cristo in una cascina, non manca il lavatoio con tanto di tavola e spazzola da bucato. Uno di questi edifici rustici è corredato da acqua corrente, fiamma elettrica nel caminetto ed interni arredati di tutto punto.

Jazz coi baffi

Anche quest’anno, la beneficenza manerbiese ha scelto la musica per farsi strada. Novembre è il mese di Movember, un’iniziativa diffusa a livello mondiale, il cui nome deriva dalla fusione di “moustache” (= baffi) e “November”. Essa nacque nel 2004, da un’idea di alcuni giovani australiani: farsi crescere i baffi per invitare alla prevenzione dei tumori alla prostata e ai testicoli.             A Manerbio, la partecipazione a Movember è legata alla raccolta fondi per l’ANT (Assistenza Nazionale Tumori), onlus nata a Bologna nel 1978 per iniziativa del prof. Franco Pannuti. ANT, per l’appunto, si occupa di assistenza domiciliare gratuita ai malati oncologici, nonché di prevenzione del cancro. Come l’anno scorso, i fondi sono stati raccolti grazie a due serate di concerti jazz. Il titolo complessivo, naturalmente, è stato: “Jazz coi baffi”.              Il 10 novembre 2016, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, si è esibita “La Banda dell’Ortica”, gruppo ispirato a una canzone di Enzo I