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"La fiera delle illusioni": il bivio fra l'uomo e la bestia

Fonte: mymovies.it Il Cinema Estate di Manerbio è in corso. Tra i film proposti, merita sicuramente una menzione quello proiettato la sera del 18 luglio 2022: La fiera delle illusioni (USA, 2021; regia di Guillermo Del Toro). È tratto da Nightmare Alley (“Il vicolo degli incubi”), un romanzo di William Lindsay Gresham pubblicato nel 1946.              È ambientato negli Stati Uniti, durante la Seconda Guerra Mondiale. Vi sono ancora i reduci dalla Prima, mutilati nel corpo e nello spirito, spesso alcolizzati; tanti altri vedranno presto demolita la propria personalità e dignità nei lager. Non c’è periodo storico migliore per ambientarvi la vicenda di una progressiva perdita d’umanità .             Il protagonista è Stan (Bradley Cooper) . All’inizio del film, lo vediamo occultare un cadavere e dare fuoco alla catapecchia in cui l’ha lasciato. Avendo così tagliato ogn...

"Goblin": l'amore nell'ordine dell'universo

Quando Dante Alighieri compose la Vita nuova , inscrisse il suo amore giovanile per Beatrice nella cornice del cosmo quale era allora rappresentato. Non si trattava di una cotta adolescenziale destinata all’oblio, ma di un’esperienza dall’intensità e dalla purezza tali da iniziarlo all’esperienza dell’estasi e alla meditazione sul destino ultimo degli umani. Dopo secoli, questo tipo di letteratura d’amore è rimasto ineguagliato. Se chiunque, nell’Europa occidentale odierna, proponesse di rappresentare i sentimenti privati come parte di un complesso piano divino , sarebbe giudicato anacronistico o folle. Specialmente se parlasse di adolescenti.  Per vedere di nuovo un amore inscritto in un destino superiore, è stato necessario cambiare sia il tipo di strumento espressivo, sia il continente d’origine. È stata necessaria una serie televisiva prodotta nella Corea del Sud. Ovviamente, stiamo parlando di Goblin , attualmente disponibile sulla piattaforma online  Rakuten Viki. È usci...

Vincenzo Calò legge “quore”, di Claudio Spinosa

Vige anche una scienza empirica per mezzo di cui i papabili seguaci attivano un principio tanto corporeo quanto passionale, stando a degli oggetti che vengono così usati   per sviluppare delle alternative, con l’obiettivo di delucidare nuovamente su importanti significati: tutt’altro rispetto alle moderne vicissitudini che quantifichiamo, ma che non qualifichiamo guarda caso, a scapito dell’emotività, a causa delle “innumerevoli” sfumature da cogliere soffermandoci su qualsiasi forma di cultura… quando piuttosto, e il poeta in questione lo ribadisce, il Pensiero lo si può rapportare metodicamente grazie ai cosiddetti alchimisti con della naturalezza che ci lascerebbe esterrefatti, caratterizzando comunque al momento che se ne rilevi l’accezione una sorta di apertura incontrovertibile e continua, col raggiungimento di cime impervie del sapere a rischio dell’equilibrio psicofisico.  “Quando penso non ci sono e mentre fuggo già ritorno”.   Nel retro di ogni fatto che...

L'arte di ascoltare i battiti del cuore

«Non crede nell’amore, Julia?»  Jan-Philipp Sendker, "L'arte di ascoltare i battiti del cuore", BEAT No. Julia (laureata, con madre americana e padre birmano) non è incline a crederci. Non in quella sordida bettola, dove si è trascinata alla ricerca del genitore scomparso, dall’altra parte del mondo. Credeva nel principe azzurro, ma sa ormai che non esiste. Quel birmano poverissimo e precocemente rugoso, con le sue “chiacchiere”, sta esaurendo la sua pazienza. Eppure, lei continua ad ascoltare. «Naturalmente non parlo di quella passione che crediamo eterna, che ci fa fare e dire cose di cui poi ci pentiremo, che ci fa credere di non poter vivere senza una certa persona e tremare al pensiero di perderla. Non parlo di quel sentimento che ci rende più poveri - non più ricchi - perché ci porta a desiderare ciò che non possiamo possedere, e ci spinge ad aggrapparci a ciò che non possiamo trattenere. Non parlo nemmeno del desiderio di un corpo o dell’amore per se s...

Morire di bellezza

Lui si chiama Dorian: ovvero, “dorico”. Fin dal nome, rimanda all’universo estetico greco, quello che ha esaltato –fra l’altro- la bellezza efebica.              Il ritratto di Dorian Gray (1891) è l’unico romanzo lasciatoci da Oscar Wilde (1854 – 1900): autore bensì prolifico, ma di racconti, poesie, pièces teatrali. Non amava la narrativa di ampio respiro. Anche Il ritratto di Dorian Gray fu composto per inserzione successiva di capitoli, necessaria a raggiungere la lunghezza voluta dall’editore. Il risultato, però, non è meno apprezzabile per questo. Esso è descrivibile con un’espressione impiegata da Lord Henry Wotton nel romanzo medesimo: “piacevole come un tappeto persiano e altrettanto irreale” (cap. 3).             La narrazione si apre nello studio del pittore Basil Hallward, un moderno sileno rozzo d’aspetto e colmo di bellezza nell’anima. Buona parte di q...

Il vero volto del fato

"Ora dimmi come hai potuto essere crudele con me, crudele e falsa. Perché mi disprezzasti? Perché ingannare il tuo stesso cuore, Cathy? Non mi viene una sola parola di conforto. Tu meriti questo. Ti sei uccisa da te stessa. Sì, puoi baciarmi, e piangere; e strappare baci e lagrime a me; essi saranno la tua rovina... la tua dannazione. Tu mi amavi; che diritto avevi di lasciarmi? Che diritto? rispondimi. Lasciarmi per quel misero capriccio che ti prese di Linton? Giacché né la miseria né la degradazione, o la morte, né qualunque pena che Dio o Satana potessero infliggere, avrebbero potuto separarci, tu lo facesti di tua stessa volontà. Non io ho infranto il tuo cuore, tu l'hai infranto; e nell'infrangerlo, hai spezzato il mio." EMILY BRONTË Da: Cime tempestose, Torino 1992, Einaudi, cap. XV (traduzione dall'inglese di Antonio Meo).

Maledizione

“Non presso chiari fiumi ma in riva a tristi fossati sostammo dove immerger le mani era smarrirle sotto la mota pullulante dal fondo – Ed il verde degli olmi era lucente nella calura – erano freschi i fiori di prato – e d’altri fiori s’illudeva strenuo il cuore. Ma quell’acqua fangosa traversava la via – quell’odore corrotto solcava l’alito della nostra tenerezza dolente – né potevamo noi sventare quella maledizione della terra – né potevamo soffocare la voce arcana piangente –siete perduti – 12 maggio 1933” ANTONIA POZZI

Amor fati

“Quando dal mio buio traboccherai di schianto in una cascata di sangue – navigherò con una rossa vela per orridi silenzi ai cratèri della luce promessa. 13 maggio 1937” ANTONIA POZZI

La profezia di Frollo

“La scrittura a mano è inadatta alle esigenze del mondo moderno” biascica Tizio, leggendo un articolo di giornale sulla diffusione dei computer nelle scuole.             Io taccio. E prendo la penna stilografica. Ne ho due. Con la più fine, scrivo le mie lettere, talvolta imbevute di profumo. Sulla mia scrivania, invece, ci sono quelle che ho ricevuto –ciascuna tanto cara che avrebbe potuto essere stata scritta col sangue. Nel mio cassetto, c’è un pennino comprato a Firenze, con tanto di fiammante penna d’oca. Forse sintetica. Ma il proprio dovere lo fa. Con una penna stilografica, vergo queste righe, che si tradurranno poi in kilobyte, per viaggiar più leggere.             «Questo ucciderà quello» profetizza l’arcidiacono Frollo in Notre-Dame de Paris. Ha di fronte a sé un incunabolo; il suo macabro monito fissa negli occhi la cattedrale gotica, libro in pietra nel quale...

Fantasmi

Ritualità. Attaccamento alle radici, ai luoghi simbolici, alle date significative. Memoria. Identità. Romanticismo –o vampirismo. Immortale odio o immortale amore. Eterna fissità che è, allo stesso tempo, una fragilità fatale. Chiunque sia vagamente appassionato di romanzi gotici sa che queste sono le caratteristiche di base dei fantasmi.             La loro esistenza fa parte dell’ economia dell’universo. Tutto è impermanente. I fantasmi sono i travolti dall’impermanenza. Per loro, i vivi sono stronzi, perché, nella loro foga e nel loro moto inarrestabile, travolgono tutto quello di cui gli spettri hanno bisogno.             La morte è insopportabile per chi non riesce a vivere (Cccp). I fantasmi esistono. Non possono fare a meno di esistere. Se ne rendono conto con costernazione e sorpresa, ogni giorno della loro perpetua notte. Si alzano dai propri letti, per comba...

Siegfried nel Far West, ovvero Virtù e Fortuna

Trattando di Sentieri selvaggi , R. parlò di “morte del western”, per il venir meno di quel senso dell’ignoto che ne era l’anima. Parlò anche del virilismo e del razzismo indispensabili al genere. Django Unchained   (2013; scritto e diretto da Quentin Tarantino) li ostenta entrambi e lo fa nel teatro più adatto: il Nord America del 1858, in piena economia schiavistica. Il titolo è asciutto e pregnante come quello delle tragedie greche. Esso ricorda per contrasto Prometeo incatenato. Di sicuro, anche qui viene narrato il mito di una figura titanica che si oppone alla “tirannide naturale e necessaria”. Come si fa con ogni forma d’arte ormai esaurita, il film gioca a ricombinare i modelli del passato. “Django” è un nome arcinoto ai cultori del western: proprio poco fa, qualcuno mi ha menzionato la prima versione del personaggio, interpretato da Franco Nero, che ha offerto la propria partecipazione straordinaria anche per la pellicola di Tarantino. Se il primo Django era nero nel...

Grazie al cielo

“«Allora, le profezie delle vecchie canzoni si sono avverate, come al solito!» disse Bilbo.             «Certo!» disse Gandalf. «E perché non dovrebbero avverarsi? Di sicuro, tu non dubiti delle profezie, solo perché hai dato tu stesso una mano a far sì che si realizzassero, vero? Non crederai sul serio, vero, che tutte le tue avventure e tutti i tuoi scampati pericoli siano stati diretti dalla sola fortuna, per il tuo puro e semplice profitto? Sei un’ottima persona, signor Baggins, e ti apprezzo molto; ma sei solo una piccola creatura in un vasto mondo, dopotutto!»             «Grazie al cielo!» disse Bilbo ridendo, e gli porse la tabacchiera.” J. R. R. TOLKIEN (Da: The Hobbit or There and Back Again, 2013, HarperCollins Publishers, p. 351. Traduzione mia).

Vaso di coccio e vaso di ferro

“Il mattino dopo, mentre la casa era ancora immersa nel sonno, uscimmo come due ladri per andare a fumarci i nostri ultimi narghilé in riva al mare. Moussa era avvelenato fino alla punta delle unghie dall’odio che nutriva ora nei confronti della figlia. L’idea di tornare a casa umiliato, dopo essersi tanto ripromesso di riportarla indietro per amore o per forza, gli era più greve che se avesse dovuto recare ai suoi la notizia della morte di Sarah: ‒Ti giuro che scoppierei di gioia se la vedessi morta stecchita, là, sotto i miei occhi! Quella carogna!             Quel mattino ero assai mal disposto ad approvare entusiasticamente un simile esclusivismo sentimentale. Lo sentivo fratello del mio e pieno d’ingiustizia. Cercai anche di comunicare al povero padre i miei stessi dubbi, per diminuire la violenza del suo odio, ma fu fatica sprecata: ‒Certo!... Per te, è facile mostrarti tollerante, dato che tu non ci vai ...