Il suo spirito teatrale, comunque, gli conferisce una leggerezza inaudita nel fare il dentista ambulante (un Dulcamara donizettiano) prima e il cacciatore di taglie poi. Si tratta, in fondo, dello stesso copione: rimuovere i denti guasti (dalla bocca o dalla società), con grazia e polso fermo. In fondo, Schultz –come egli stesso ama ripetere – non fa che eseguire una Legge: quella che vuole l’uomo responsabile delle proprie azioni. Poco importa che un ex-bandito stia spingendo l’aratro davanti al figlio: se avesse fatto lo stesso lavoro da giovane, anziché uccidere per avidità, sarebbe scampato al castigo. Non si scelgono le circostanze (Schultz farebbe a meno dell’endemico mercato di carne umana, se potesse), ma come muoversi all’interno di esse. Il dottore sceglie di liberare Django (Jamie Foxx) con un magnifico colpo di scena e di mettersi d’accordo con lui per un’onesta collaborazione. Allo stesso tempo, si interessa del giovane e del suo desiderio di liberare la moglie, punita e marchiata come lui per un tentativo di fuga. Lo fa perché conferire la libertà a qualcuno rende responsabili della sorte e delle azioni di costui. Lo fa perché, in Django, ha ritrovato quel Siegfried che è per lui un eroe familiare. Ci sono un po’ di patria e di somiglianza ovunque, a quanto pare. Dev’essere per questo che Schultz è antirazzista. Meglio lasciare la farsa del razzismo al prototipo del Ku Klux Klan, messo in crisi da un dettaglio di sartoria.
Il suo spirito teatrale, comunque, gli conferisce una leggerezza inaudita nel fare il dentista ambulante (un Dulcamara donizettiano) prima e il cacciatore di taglie poi. Si tratta, in fondo, dello stesso copione: rimuovere i denti guasti (dalla bocca o dalla società), con grazia e polso fermo. In fondo, Schultz –come egli stesso ama ripetere – non fa che eseguire una Legge: quella che vuole l’uomo responsabile delle proprie azioni. Poco importa che un ex-bandito stia spingendo l’aratro davanti al figlio: se avesse fatto lo stesso lavoro da giovane, anziché uccidere per avidità, sarebbe scampato al castigo. Non si scelgono le circostanze (Schultz farebbe a meno dell’endemico mercato di carne umana, se potesse), ma come muoversi all’interno di esse. Il dottore sceglie di liberare Django (Jamie Foxx) con un magnifico colpo di scena e di mettersi d’accordo con lui per un’onesta collaborazione. Allo stesso tempo, si interessa del giovane e del suo desiderio di liberare la moglie, punita e marchiata come lui per un tentativo di fuga. Lo fa perché conferire la libertà a qualcuno rende responsabili della sorte e delle azioni di costui. Lo fa perché, in Django, ha ritrovato quel Siegfried che è per lui un eroe familiare. Ci sono un po’ di patria e di somiglianza ovunque, a quanto pare. Dev’essere per questo che Schultz è antirazzista. Meglio lasciare la farsa del razzismo al prototipo del Ku Klux Klan, messo in crisi da un dettaglio di sartoria.
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