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Visualizzazione dei post da settembre, 2016

Il nostro eroe

“«Il nostro eroe» disse «che non potrebbe essere italiano, e suonerebbe del resto falso anche come francese, diciamo che è anglosassone; e chiamiamolo per scherzo (perché non c’entra niente) Tristram. È un tipo che potrebbe assomigliare al critico cinematografico di un grande quotidiano che abbia voluto ringiovanire il suo ‘staff’. Biondo, adolescenziale, stupido, spiritoso. È dotato della solita ‘mezza cultura’. Ma è ‘iniziato’. E questo trasforma la ‘mezza cultura’ in una qualificazione sociale che gli consente insieme di essere integrato e di essere all’avanguardia. Di scrivere sul ‘Guardian’ (?) e di ridere con aria nichilistica e il massimo disprezzo (come certi giovani ribelli che si incontrano nei libri russi da Dostoevskij a Bulgakov) dell’establishment (cosa quanto mai gratificante). Bene, tutto ciò lo dico per il piacere del raccontare, che, come si sa, pecca sempre per eccesso (chi decide di raccontare qualcosa ha subito la possibilità di raccontare l’intero universo).

Vincenzo Calò legge Lucianna Argentino

"Lucianna Argentino - Le stanze inquiete ( La Vita Felice ed.) Lucianna desiderava che rimanessero indelebili delle microesperienze ricavate per più di un decennio riscontrando la gente quando fa la spesa ; provando a ricordare principalmente certi esseri, detti “umani”, che per forza di cose si sono avvicinati a lei, così presa da ciò che appuntava delicatamente,  ch’eccedeva in formato tascabile, da una veste professionale.  Questa poetessa era ignara del personaggio che gli si poneva davanti, conscia semmai del fatto ch’era vicina a toccare una condizione privata, immaginare una vita ch’esigeva senza ammetterlo magari dignità, premura e cortesia; col pudore che di tanto in tanto esce fuori, sortendo brillantemente l’opportunità di riprendere a osservare, e quindi a reinventare l’anima, concentrandosi concretamente sulle cose pregne d’assenza, ligia al dovere nel compiere una qualsiasi attività, purché chiunque riesca a trattenersi l’Io, per il bene del suo, tra le t

Un'altra alchimia

Siamo abituati a considerare l’alchimia una “pre-chimica”, un passo che ha preceduto la conquista della scienza matura. Le ricerche di Mircea Eliade, storico delle religioni e mitologo, mostrano ben altro. Se è vero che la chimica ha messo a frutto una certa empiria metallurgica e realizzato un “uomo-creatore” sognato dagli alchimisti, è vero anche che la ricerca di questi ultimi era di natura completamente diversa. Negli studi di Eliade, l’alchimista è un ricercatore spirituale che mira a trovare una vita purificata, non più soggetta alla morte.             Mircea Eliade (Bucarest 1907 - Chicago 1986) era allievo di C. G. Jung. Nel 1945, si trasferì a Parigi e, là, insegnò all’École Pratique des Hautes Études. Dal 1957 fino alla propria morte, fu docente all’Università di Chicago. Qui, considereremo due suoi saggi, pubblicati in Italia nel volume “Il mito dell’alchimia seguito da L’alchimia asiatica” (Torino 2001 e 2014, Bollati Boringhieri. Traduzione e postfazione di Guido Br

I simboli dei Celti

Sabine Heinz , nata a Berlino nel 1963, è collaboratrice scientifica presso l’Università Humboldt. Là, guida la commissione di esperti in ambito celtologico. La posizione della Heinz è dovuta al suo studio di magistero in inglese e celtologia, nonché al successivo studio di ricerca a Berlino, grazie a una borsa presso l’Università di Friburgo i. Br. Sabine ha anche soggiornato più volte in Galles, per ragioni di formazione. Nonostante questo curriculum di tutto rispetto, però, deve lottare per ottenere il mantenimento della sua materia, che viene ancora insegnata a Berlino come “Vollkeltologie” (celtologia generale): facoltà nella quale, dal 1996, nessuno può più iscriversi. Un vero peccato, perché l’interesse non manca. Lo dimostra anche il manuale curato proprio da Sabine Heinz: “Symbole der Kelten” , Darmstadt 1997, Schirner Verlag (in Italia: “I simboli dei Celti” , Vicenza 2000, Edizioni Il Punto d’Incontro; trad. di Gabriella Balzaro). Il testo affronta un ambito culturale ass

La Festa della Musica

La fine dell’estate ha portato con sé la Festa della Musica: l’evento organizzato dalla Civica Associazione Musicale Santa Cecilia, in collaborazione col Comune di Manerbio. La locandina prevedeva quattro serate, dal 25 al 28 agosto 2016, presso l’Area feste di via Duca d’Aosta. La disgrazia avvenuta in Italia centrale ha indotto l’associazione a devolvere parte del ricavato a sostegno dei terremotati.  Ogni sera, giochi gonfiabili intrattenevano i bambini; un chiosco di crêpes e zucchero filato pensava ai loro palati. Era possibile partecipare a una lotteria. I gadget dell’associazione erano proposti su una bancarella che ospitava anche oggetti d’artigianato artistico.             Tutte le sere, i membri della Santa Cecilia si sono adoperati nel servizio bar-ristorante. I piatti serviti, naturalmente, erano a base di salsiccia (immancabile il pà e salamìna ), polenta, formaggi, casoncelli, patatine, tagliata di manzo, torta fritta con salumi o nutella. Oppure, mezzo pollo arrost

La sagra di S. Rocco

Di S. Rocco, esiste una biografia conosciuta come “Acta breviora”, composta in Lombardia verso il 1430. Da essa, è tratta la vulgata che vuole il santo come originario di Montpellier. Di famiglia benestante, una volta orfano avrebbe venduto tutti i propri beni e si sarebbe diretto verso Roma come pellegrino. Lungo il cammino, si sarebbe posto a servizio degli appestati, contraendo il contagio egli stesso. L’unica creatura che gli avrebbe recato qualche conforto sarebbe stato un cane, col quale è costantemente raffigurato. Giunto sulle rive del Lago Maggiore, S. Rocco sarebbe stato scambiato per una spia e sarebbe morto in carcere. Nonostante il suo culto sia popolarissimo sia in Francia, sia in Nord  Italia, non si hanno informazioni sicure su di lui dal punto di vista storico. Unica ipotesi accettabile, circa la collocazione temporale, è quella che lo vuole vissuto nella seconda metà del XIV secolo. La biografia citata, dunque, sarebbe stata composta quasi cent’anni dopo la sua nas

La corsa della memoria

Come avviene annualmente, Manerbio è stata una tappa della “staffetta della memoria” che attraversa Milano, Brescia e Bologna. L’iniziativa, per l’appunto, ricordava la strage avvenuta alla stazione bolognese il 2 agosto 1980, alle ore 10:25. Un’esplosione uccise ottantacinque persone e ne ferì altre duecento. Per il massacro, furono condannati membri dei Nuclei armati rivoluzionari, organizzazione di estrema destra; di depistaggio furono riconosciuti responsabili uomini dei servizi segreti e della loggia massonica deviata nota come P2. Bologna, probabilmente, fu scelta in quanto capitale simbolica del Partito comunista italiano in quegli anni.  Le tre tappe principali della staffetta “Per non dimenticare”, naturalmente, sono unite dal filo rosso del terrorismo italiano nel secondo Novecento. Milano, infatti, fu la sede della strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) e Brescia di quella in Piazza della Loggia (28 maggio 1974).             A Manerbio, il 1 agosto 2016, è arriv