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Visualizzazione dei post da settembre, 2015

Il tafano, ovvero Necessaria follia

“…uno come me, davvero appiccicato dal dio alla città […] come a un imponente cavallo di razza, che è però per la sua mole un po’ pigro e bisognoso di essere stuzzicato da un qualche tafano…” ( Apologia di Socrate , 30e) Buon, vecchio Socrate… Così facile dire di lui tutto il bene e tutto il male possibile… Un mosaico dell’edificio precristiano sottostante la cattedrale di Apamea lo rappresenta attorniato dagli allievi (terzo quarto del IV sec. d.C., regno di Giuliano l’Apostata). In questa stessa attitudine, le composizioni paleocristiane rappresentavano Cristo in mezzo ai discepoli. Sorvolo, per il momento, sulla questione del programma neoplatonico di Giuliano, per il quale i filosofi dovevano la salvezza a Socrate ( Lettera a Temistio, 264d). Mi limito a registrare la somiglianza fra queste due figure di maestri rudi, scomodi e arguti. “Uomini della crisi”, entrambi. Dovevano morire come individui, perché – una volta risolta la crisi – non avrebbero più avuto posto nel “mond

Le "Donne Oltre" festeggiano

L’annuale festa dell’Associazione manerbiese “Donne Oltre” (4 settembre 2015) ha ricapitolato mesi di attività, davanti a un monumentale buffet. Il motivo (oltre a raccogliere fondi e iscrizioni) era la semplice voglia di convivialità con i sostenitori, di ricordare l’impegno dei volontari (come il nome suggerisce, le “Donne Oltre” si compongono volentieri anche di uomini). Un cartello all’ingresso di Palazzo Luzzago, sede del municipio, ricordava i cineforum a tematica di genere, il “Giocamerenda” (quinta edizione) che ha intrattenuto un gruppo di bambini oltre l’orario scolastico, il centro di ascolto e l’appartamento messo a disposizione per chi fugge dalla violenza domestica. A “Donne Oltre” si deve anche il ciclo di conferenze sul pensiero femminile del Novecento, coordinato dalla prof.ssa Rosaria Tarantino presso l’istituto di istruzione superiore “B. Pascal” dall’aprile al maggio 2015.              Un’offerta libera ha permesso di accedere, a partire dalle ore 19:00, al

La memoria corre veloce

Da circa un trentennio, la memoria corre fra Milano e Bologna, passando per Brescia. L’AGAP (Associazione Gruppi Amatoriali Podistici) promuove infatti regolarmente la staffetta “Per non dimenticare”, dedicata alle vittime della strage di Bologna. Il 2 agosto 1980, alle ore 10:25, un ordigno esplose alla stazione della suddetta città, uccidendo ottantacinque persone e ferendone oltre duecento. L’episodio si colloca nel quadro di quello che il settimanale inglese The Observer, nel dicembre 1969, chiamò “strategia della tensione”: un insieme di atti terroristici volto a creare il terrore nella popolazione e a prepararla ad accettare svolte politiche di tipo autoritario. Così le forze reazionarie (gruppi neofascisti, settori degli apparati di sicurezza statali) risposero alle lotte sociali iniziate nel ’68 – ’69 e all’avanzata elettorale del Partito comunista italiano.              Il1 agosto 2015, a Manerbio è avvenuto il passaggio di consegne fra due squadre partecipanti alla staf

Manerbio guarda all'Europa

Il 12 settembre 2015, è stato inaugurato Parco Saint-Martin-de-Crau, in via Papa Giovanni XXIII. Il nome è quello del paese provenzale con cui Manerbio ha celebrato un gemellaggio. La decisione era stata sancita da una deliberazione del Consiglio Comunale (N. 38, 13 luglio 2015). Saint-Martin-de-Crau era stato scelto perché di dimensioni più o meno analoghe a quelle della nostra città, con una storia economica simile e sede di una comunità di origine italiana. Dall’altro canto, a Manerbio si trovano scuole che insegnano la lingua francese. La motivazione principale, però, è «costruire il senso di appartenenza all’Unione Europea», come recita la suddetta deliberazione.             L’idea del gemellaggio risale al luglio 2014, per iniziativa del consigliere comunale Marco Olivetti, capogruppo della maggioranza “Patto Civico”. Un anno dopo, una delegazione manerbiese è stata accolta a Saint-Martin-de-Crau, per celebrare l’evento. L’incontro del 12 settembre ha costituito il contracca

La musica in festa

Una splendida luna piena ha salutato l’annuale Festa della Musica, organizzata dalla Civica Associazione Musicale Santa Cecilia, in collaborazione con il Comune di Manerbio. L’edizione 2015 si è svolta dal 27 al 30 agosto, presso l’Area feste di via Duca d’Aosta. Ogni sera, dalle ore 19:00, era aperto uno stand gastronomico per chi volesse cenare, con salsicce, polenta, gorgonzola, torta fritta, tagliata di manzo o casoncelli al burro fuso. Cuochi e camerieri erano i membri dell’Associazione.             La Manfredini Junior Band offriva – per un prezzo modestissimo – libri usati in attesa di una meritata nuova vita. Al suo fianco, la già nota “Bancarella della solidarietà” raccoglieva offerte da destinare alla ricerca medica, in cambio di abiti per bambini e accessori vari. Vicino alla cassa, si trovavano gadget e CD firmati dall’Associazione, nonché saponette e fermacarte da cucina elegantemente decorati a mano e rivestiti da spartiti musicali – opera di una socia della “Santa C

Il campanaro di Manerbio

L’impiego dell’elettricità ha fatto tramontare la figura del campanaro come professionista a tempo pieno. In compenso, hanno trasformato la sua arte in una passione col sapore del “tempo andato”. E hanno attratto giovani dal talento sportivo. Fra loro, c’è Francesco Dolfini, il campanaro di Manerbio.             Ha diciannove anni ed è figlio d’arte: già il nonno, il padre e lo zio erano campanari e l’accompagnavano sui campanili. Da quando aveva quattro anni, Francesco ne visitò almeno quaranta, nei dintorni. Conosce dunque bene la fatica di percorrere quelle scale ripide e di maneggiare le corde che muovono le gigantesse di bronzo. Ha imparato grazie alla passione, alla pratica e all’insegnamento dei parenti. «Molti preferiscono il sistema manuale» asserisce: ovvero, quello tradizionale di muover le campane tramite funi. Proprio per sistemare le corde delle campane restaurate, Francesco ha presenziato al loro innalzamento in cima alla Torre Civica (7 settembre 2015). Rimaneva un

Il ritorno delle campane

Le storiche campane di Manerbio sono tornate a casa. Come ha scritto Paese Mio Manerbio   (N°98, luglio 2015, p. 12), il 23 giugno 2015 esse erano state calate accuratamente dalla sommità della Torre Civica, per essere sottoposte a restauro. Era il loro primo viaggio, da quel 1947 in cui andarono a sostituire le campane fuse per farne armamenti. Dal 5 al 6 settembre, esse sono state esposte nella piazza antecedente il Politeama, perché i manerbiesi potessero ammirarle: i vecchi ammortizzatori in legno erano stati sostituiti e il colore del bronzo era nitido. Molti hanno scattato fotografie, consapevoli che quelle “celebrità locali” non scenderanno più fra i loro ammiratori per altri decenni. Ciascuna campana era accompagnata da un cartello numerato, indicante la posizione nella cella campanaria, i nomi dei donatori, il peso, le misure, il santo cui è stata dedicata e – dato assai meno poetico – il costo della rimessa a nuovo.              La sera di domenica 6 settembre 2015, dop

La vergine di ferro - II,2

Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero 2. Qualcuno suonò alla porta.  «Vado io!» disse Amedeo, alzandosi dal tavolino del cucinotto. «Anzi, Nilde, è meglio se tu vai a nasconderti in camera… Finché nessuno saprà che sei ancora viva, sarà meglio non farti vedere in giro». Lei gli rispose con un cenno d’assenso ed eseguì.             Alla porta, c’era una ragazza dai grandi occhi chiari, ombreggiati da lunghe ciglia e pieni di un lume infantile. Portava i capelli biondi raccolti in uno chignon e indossava un abito candido ornato di finte piume. Al polso, le tintinnavano braccialetti argentei ornati da pendenti a forma di cigno.             «Ciao, Amedeo!» disse al ragazzo, con un sorriso entusiasta. «Domani pomeriggio, ti andrebbe di andare a visitare il Labirinto nella chiesa di S. Michele Maggiore?»             «Mi dispiace, Isabella, ma sono già andato a vederlo» le rispose cortesemente lui. «Grazie dell’invito.» «Di niente!» ricambiò lei e se ne andò, f

Dico al mio cuore

"Dico al mio cuore, intanto che t'aspetto:  scordala, che sarà cosa gentile.  Ti vedo, e generoso in uno e vile,  a te m'affretto.  So che per quanto alla mia vita hai tolto,  e per te stessa dovrei odiarti.  Ma poi altro che un bacio non so darti  quando t'ascolto.  Quando t'ascolto parlarmi d'amore  sento che il male ti lasciava intatta;  sento che la tua voce amara è fatta  per il mio cuore." UMBERTO SABA

Di cosa stiamo parlando?

Ieri, ho avuto la gioia di rimettere piede in un circolo che, per ragioni logistiche, non posso frequentare troppo spesso. Abbiamo parlato di sessualità – e una persona che conoscevo bene ha affermato che non vedeva il bisogno d’avere una morale, fatta eccezione per il rispetto reciproco. Benché io abbia taciuto, mi è squillato un campanello nella testa. Cosa c’era di strano? Solo ora, dopo un poco di riflessione, so rispondere.              Ho sentito troppe volte una frase del genere uscire dalle labbra di chi si è vantato d’aver più volte tradito l’anima gemella, che ne soffriva. O dalla bocca di chi si è trovato un buon partito “per sistemarsi, perché è pieno di soldi” – continuando, nel frattempo, ad avere avventure intime di ogni genere, all’insaputa del “buon partito”. O anche dalla stessa lingua che ha divulgato la mia privacy alla persona sbagliata. Mi sono dunque detta: di cosa stiamo parlando?             Per deformazione professionale, mi sono attaccata allo Zingare

Maschera nuda

Dico a te.  Sì, proprio a te, che hai dimostrato di seguire questo blog, anche se affermi che “ora come ora, non ti interesso più di tanto”. A te, che hai detto che lo uso per scrivere “quello che mi fa comodo”: ovvero, per pubblicare quello che penso e il mio punto di vista, come ho sempre fatto. Però, quando stavi cercando di accattivarti la sottoscritta, tutto questo era abilità di scrittrice.             Una cosa ammetto: da un paio di mesi, le mie considerazioni sono ispirate alle incomprensioni che ho subito da parte tua. Lo schermo del blog è un modo per sfogarmi e rielaborare allo stesso tempo, mettendomi a nudo davanti ai lettori. È questo che tu hai chiamato “il mio comodo”, o il mio “scarico di coscienza”. Mi spiace per te, ma io non ho un bel niente da scaricare dalla mia coscienza, checché tu ti sia ficcato in testa.             Hai definito così anche il mio tentativo di risvegliare la tua parte ragionante, di farti vedere che comprendevo la tua prospettiva, ma

La vergine di ferro - II, 1

Inizia la Parte II: Il Cigno Bianco e il Cigno Nero 1. Amedeo aveva trasportato Nilde esausta fino a casa propria – aveva un appartamento da studente non grande, ma tutto per sé – e l’aveva adagiata sul letto. A se stesso avrebbe riservato il divano, per tutto il tempo necessario. Le aveva sciolto i capelli, ma non aveva osato sfilarle l’abito bianco che le era stato posto indosso per le mancate esequie, nella camera mortuaria del policlinico S. Matteo. Aveva lasciato accanto a lei la katana che la ragazza aveva trascinato con sé dal catafalco.              In tutto quel tempo, Nilde l’aveva guardato, con uno stanco sorriso di gratitudine. La leonessa che lottava per risvegliarsi completamente alla vita si fondeva con l’amica affettuosa. Amedeo aveva cercato di rimetterla in forze con le proprie modeste conoscenze di studente al terzo anno di Medicina. Ma il più era già stato fatto dalla straordinaria tempra della ragazza, sopravvissuta al trauma cranico e al mister

La bambola

[Questo dialogo conclusivo segue una scena drammatica in cui Helmer, scoperta una firma falsa della moglie su una cambiale, divenuta strumento di ricatto nelle mani di Krogstad, si sente perduto. Egli antepone l’onore all’amore e ripudia Nora, pur dichiarando la necessità di salvare le apparenze. Agli occhi del mondo tutto deve sembrare come prima. Ma Krogstad rinuncia al ricatto e tutto si risolve; Helmer allora ritorna a vezzeggiare infantilmente Nora, «uccellino canoro», «lodoletta», «piccola sconsigliata». Questo episodio per Nora è la rivelazione che non è mai stata amata, ma che è stata per il marito solo un giocattolo.]  “NORA (dopo un breve silenzio) Eccoci qui seduti… non ti viene in mente niente. HELMER: Che cosa? NORA: Siamo sposati da otto anni. Non noti che noi due, tu e io, marito e moglie, facciamo oggi per la prima volta un discorso serio? HELMER: Un discorso serio… Che vuoi dire? NORA: Otto anni interi… anzi più ancora, dal primo giorno in cui ci siamo