"L’ultimo
ambito di incertezza che richiede una domanda di teoria riguarda
l'identità del copista: innanzitutto, chi è? Qual è la sua funzione
intrinseca? Sebbene miranti a uno scopo del tutto differente, proviamo a
rispondere con le parole del grande mitologo Károly Kerényi (in foto),
che, per la loro bellezza, riportiamo per intero:
«C’è
pur sempre qualche cosa che si può individuare con sicurezza anche
maggiore, perché è “dato” in modo ancor più immediato: intendo la
condizione dell’artista al momento della creazione. Non resta
nessun’altra constatazione che, in ogni caso, resista a qualunque
critica, quanto quella dello stato di fatto puro e semplice che l’artista si trovava nella condizione d’essere afferrato e commosso, preso, posseduto dalla cosa rappresentata.
Questa constatazione dev’essere intesa in senso ristretto, quasi
triviale: non ci si deve sentire più di quanto possa essere lasciato
sussistere dalla critica più severa e conseguente. Ogni cosa che fu
partorita rende testimonianza del fatto che qualcuno ne fu pregno, e chi la portò non era interamente libero [miei i corsivi]»..." (Continua)
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