<<Vorrei sapere cosa ne pensi>> mi dice,
finalmente. Siamo a Radio Aut, davanti al bancone. Ha ragione… Ho letto da
tempo le sue Frequenze clandestine e
ancora non ne ho detto nulla. Strano.
Pesco alla
cieca fra le parole che mi galleggiano in testa. Complesse e complici. Sì, così
trovo le sue poesie. Poi, riemergono due versi. Indimenticabili. Glieli cito:
…perfino
la bellezza resta in agguato
come
un vestito sul pavimento (1)
E Dario sorride. Sorride a lungo.
Cosa c’è di clandestino, nelle
sue Frequenze? A prima vista, nulla.
Vi ho ritrovato Pavia, la nostra città di studenti:
piazza duomo smantellerà i cantieri per
natale
(la statua del cavallo resta immobile nel
buio) (2)
E tanti angoli notturni: pub,
lavanderie, stazioni, percorsi con un’ossessione pensosa e insonne.
dieci sirene, dieci: non mi hanno ancora
preso (3)
Anch’io spero che non lo
“prenderanno” mai, per incarcerarlo in un ufficio o impiccarlo a una cravatta.
Dario è il vento. Dario è uno di quei “gatti randagi” –i più belli, cantavano i
Nomadi- che vivono fra la gente come nella propria pelle. Finalmente, lo trovo:
sono
frequenze radio clandestine
queste voci, questo pugno di volti
rimasti
accesi
per non precipitare… (4)
È clandestino vivere come il
vento. Perché tutti devono pagare un’ipoteca sulla vita alla cosiddetta
“società”, nel cui recinto sono stati allevati. Ma non è detto che i debitori
assolvano il proprio obbligo, vendendosi le penne. Torna la Vita a riprendersi
l’Uomo. Gratis e inafferrabile, come una frequenza radio trasmessa da una
cantina.
(1)
Dario
Bertini, “Una parvenza di felicità”, in: Frequenze
clandestine, (“Il ponte”), Ascoli Piceno, 2012, Sigismundus Editrice, pag.
21, vv. 12-13.
(2)
Dario
Bertini, “Frequenze clandestine”, in: ibid.,
pag. 38, vv. 10-11.
(3)
Dario
Bertini, ibid., v. 1.
(4)
Dario
Bertini, ibid., pag. 34, vv. 15-18.
promette benissimo.
RispondiEliminalo inserirò nella lista dei libri da leggere!
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