Passa ai contenuti principali

Il «’68» politico e il «’68» goliardico



“Alle matricolari di Padova e Bologna i goliardi si contano ancora a decine di migliaia, e la popolazione segue con simpatia le loro macchiette. Dal 1958 al 1969 Padova e il nord Italia assistono all’epopea della mitica banda musicale ‘Polifonica Vitaliano Lenguazza’[…].

Il cosiddetto «’68», però, bussa alle porte. Con l’occupazione di Palazzo Campana, sede delle facoltà umanistiche dell’università di Torino (Gennaio 1967), viene indicato convenzionalmente il suo inizio. Ad essa il Collino, studente del terzo anno di lettere, partecipa attivamente con tanto di feluca in testa (Bobbio, Viale, Rieser, la Derossi, Donat-Cattin e gli altri lo chiamavano ‘il goliardo di base’), e rimanendo nel collettivo fino a quando le istanze si limitano all’ambito tecnico-studentesco (comportamento offensivo di certi professori, carenze nelle strutture, abolizione della firma di frequenza, appelli mensili, presentazione del libretto solo ad esame superato, ecc…).

Quando, nel ’68 e successivi, la lotta diventa esclusivamente politica, e per di più fanatica, rivoluzionaria nella più bieca accezione marxista-leninista, Collino lascia a casa la feluca, e partecipa alle roventi assemblee come semplice studente, cercando di arginare la violenza prevaricatrice dei ‘rossi’ che vorrebbero far passare mozioni come questa: ‘il caos universitario ed istituzionale dev’essere provocato e inseguito come atto disgregatorio del sistema, che prepari e faciliti l’insorgere di un’ipotesi rivoluzionaria’ (!!). […] Quando ogni tentativo di ragionare diventa palesemente inutile, e attira solo le accuse di ‘fascista!’, Collino desiste e si occupa solo più del S.O.T.C., di cui nel frattempo è divenuto il Pontefice.

Non è affatto vero, peraltro, che il movimento del ’68 abbia seppellito la goliardia. Le fotografie sono lì a dimostrare che a Padova, nel 1969, dopo l’affollatissimo concerto d’addio della Lenguazza, si tiene una favolosa festa delle matricole, con migliaia di goliardi che suscitano la tradizionale simpatia della cittadinanza. Tra i ‘numeri’ ricordo quello di una trentina di apaches inseguiti da altrettante giubbe azzurre in bicicletta. Sarà così anche per le Matricolari del 1971 (in cui Torino organizza una memorabile caccia alla volpe in costume) e del 1972 (in cui Collino fa il venditore di casse da morto). Altrettanto dicasi per Bologna, dove Zeus nel ’71 presenta il numero di Benvenuti nel ring volante e nel ’72, con Napoleone, il concerto di Sergjei Afonin per violoncello senza corde, clarino senz’ancia e coro di pesci rossi. L’unica variante è che nel 1972, invece di Piazza Maggiore, viene riservata ai goliardi la piazza adiacente,  presidiata dalla polizia in modo massiccio. Precauzione eccessiva, perché il sabato sera, dopo le macchiette, tutti vanno tranquillamente a spasso in via Zamboni e sostano al ‘Piccolo’ senza incidenti. Nella sfilata della domenica, poi, l’entusiasmo di Bologna travolge tutti i musi duri del Movimento in un abbraccio caloroso coi goliardi.

Nel 1970 a Torino si disputano le Universiadi, e le delegazioni di tutti gli Ordini Goliardici Italiani, ospiti del S.O.T.C., aprono la sfilata inaugurale in Eurovisione coi loro mantelli e i loro gonfaloni, accompagnati dal famoso scrittore Salvator Gotta, senza che ci sia la minima contestazione da parte dei ‘rossi’ del Movimento Studentesco. Altrettanto dicasi per la favolosa festa tra goliardi ed atleti tenutasi nel cortile del castello medioevale, al Valentino. Nel 1972 i Clerici Vagantes, su invito dell’ex-Gran Maestro del Fittone Piero ‘Kalimero’ Paltrinieri, cantano sul palco di Piazza Maggiore, gremita di ‘compagni’, operai e studenti, e raccolgono solo applausi […]. Nel ’68 e ’69 gli Scacchi di Ferrara organizzano una carovana di auto chiamata Ga.Go.Cul. (Gastronomico-Goliardico-Culturale) che gira tutta l’Italia, di Ordine in Ordine, per dieci giorni, senza il minimo intoppo. Tutti in feluca e giustacuore, ovviamente. Sempre nel 1969 e 1970, oltre alle ‘classiche’ Padova e Bologna si tengono Feste delle Matricole a Firenze, Trieste, Salerno (dove Collino assalta un incrociatore americano ancorato in rada), Roma, e persino Vicenza. A Genova si corre sempre la mitica corsa di carrette chiamata ‘Gran Premio Indianopolis’. Il peggio che può capitare è qualche insulto, qualche dispetto di sparuti gruppuscoli di ‘irriducibili’ usciti dai loro covi e pieni di livore nel vedere le piazze rigurgitanti di goliardi che si divertono col popolo, quel popolo che loro sognano di inquadrare e portare coi pugni in alto sotto un qualche Palazzo d’Inverno.

Poi la bufera passa.”






Da: Gaudebamus, Igitur. Dieci secoli di Goliardia, dai Clerici medioevali ai Clerici Vagantes contemporanei, (“Le Feluche”), Torino 1992, Orient Express Editrice, pp. 122-124.

Commenti

  1. caro Zeus, ci siamo conosciuti tanti anni a ... ? non mi ricordo neppure dove.
    nel frattempo ho scritto un libro sulla Goliardia Fiorentina
    se ti interessa riceverlo te lo mando volentieri
    se ti interessa riceverlo (gratis) fammelo sapere

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io non sono Zeus. Sono una sua sorellina di oggigiorno. ;) Comunque, se vuoi parlare con lui, è reperibile su Facebook:
      https://www.facebook.com/manliozeus?fref=ts
      https://www.facebook.com/Manlio-Collino-41079208742/?fref=ts

      Elimina

Posta un commento

Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio