che quando è
morto bisogna
in mezzo al
pianto pensare
a prender le
misure della bara -
poi ci si mette
d’accordo col fioraio
perché mandi il
cuscino e una bella corona -
- Rose bianche,
narcisi, serenelle,
che cosa si usa
mettere
sul carro di un
bambino? -
Così - m’impegno
oggi a cercare
come potrei
inviarti
questi ultimi
fiori dei miei prati […]
Milano, 15
maggio 1933
ANTONIA POZZI
Ho
conosciuto Alessandro Rizzo nel 2014, quando sono approdata al Circolo TBGL
“Harvey Milk” di Milano, dopo anni di frequentazione di Arcigay Pavia. Era il
mio ultimo anno di università; il dopolaurea mi ha riportato in provincia di
Brescia. Ma, per quanto lo permettevano le ovvie condizioni logistiche, non ho
interrotto i contatti col Milk.
Così, ho conosciuto anche questo
ragazzo riccioluto dal sorriso franco, gentile e affettuoso quasi per necessità
fisiologica, per suo irreprimibile modo di essere. Non aveva l’aria di mettersi
in mostra, ma c’era sempre - come le rocce eterne sotto terra. (Scusa,
Emily Brontë, se rubo le parole delle tue Cime
tempestose).
A lui sottoponevo i miei articoli di
analisi letteraria a tema LGBT, perché decidesse o meno di postarli sul sito
dell’associazione. Il suo giudizio era sempre largamente generoso; con premura
e correttezza, non mancava mai di informarmi dell’avvenuta pubblicazione. Ma il
meglio erano quei “baci” e quell’ “abbraccio” che accompagnavano ogni
messaggio. Poco importava che fossero virtuali. Da parte sua, sembravano sempre
veri.
Alessandro ha dimostrato anche
un’olimpica pazienza, quando gli domandai di correggere l’articolo su
“Bisessualità e pansessualità for dummies”, per tutelare la privacy delle
persone citate.
Di quelle e-mail, mi è rimasta
l’ultima, con cui salutava il pezzo sull’autobiografia di Jeanette Winterson: forse
la più lunga delle sue risposte, piena dell’atmosfera delle feste invernali
2016. Per nulla seccato d’aver dovuto lavorare tra una fetta di panettone e l’altra,
mi ha ringraziato della solerzia. E tanti auguri, naturalmente.
«Sto pensando a eventi culturali da
organizzare insieme» mi aveva prospettato tempo prima.
La
settimana scorsa, gli ho proposto un articolo sul De Profundis, la lunghissima lettera che Oscar Wilde scrisse
all’amante Alfred “Bosie” Douglas dal carcere, per parlargli del significato
del dolore. Di quella sofferenza che è sempre - come dice il poeta - un unico lunghissimo momento.
L’argomento era stato scelto su basi puramente casuali.
La consueta risposta di Alessandro
non è arrivata.
Ho
pensato di non aver inviato l’e-mail: una volta, infatti, l’avevo (per errore)
solo salvata nelle bozze. Nella posta inviata, il messaggio c’era, con allegati
e tutto. Stavo per scrivergli e domandargli spiegazioni.
Ho aperto Facebook, dopo una sera
travagliata in cui la compagnia che frequento nell’amena pianura bresciana ha
seriamente rischiato di spaccarsi. Ho trovato numerosi messaggi sulla chat
collettiva dei collaboratori al periodico Il
Simposio. Ho capito subito che si trattava di un lutto. Sono risalita
all’inizio della conversazione.
Iddio
si sa qual poi mia vita fusi.
La
fine (?) della storia - o, almeno, di questa parte - sono io, davanti a un
computer, intenta a scrivere Inezie,
come il titolo della poesia di Antonia Pozzi che apre queste pagine. Che, poi,
inezie non sono affatto. Come le fotografie del Milano Pride 2016 che ho fatto
stampare e che custodisco gelosamente. Erano preziose in quanto ricordi del mio
primo Pride e dei miei amici milanesi (per inciso: quel Pride durante il quale
feci al buon Rizzo una battuta mezza scurrile su una bottiglietta vuota che non
sapevo dove mettere). Ora, lo sono perché cristallizzano il sorriso e la bella
anima di Alessandro.
Il Simposio - Ciao Alessandro, a cura di Danilo
Ruocco, marzo 2017, pp. 61-63.
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