Un esempio di argille dipinte delle Grotte di Mogao: Grotta 328, epoca della Dinastia Tang (618 - 907). |
La
LUM (Libera Università di Manerbio) ha deciso di dedicare due incontri ai continenti
del presente e del futuro, l’America e l’Asia. A quest’ultima è stata riservata
la lezione del 23 aprile 2015: La Via
della Seta. Dalle rotte carovaniere alle autostrade della globalizzazione. Per
l’occasione, il Teatro Civico “Memo Bortolozzi” ha ospitato Luigi Gorini,
caposervizio presso il Giornale di
Brescia nel campo degli esteri. “Via della Seta” (Seidenstrasse) è il nome che Ferdinand von Richthofen diede, alla
metà del XIX secolo, all’insieme di strade e rotte marittime, note fin
dall’antichità, che collegavano le regioni mediterranee all’Asia. L’
“inaugurazione ufficiale” avvenne nel 138 a.C., quando l’imperatore Wu Di della
dinastia Han inviò l’ambasciatore Zhang Qian a cercare un’alleanza con gli Yüeh
Chi contro i nomadi Xiongnu.
Lungo segmenti della “Via”, correva non solo
la seta (impiegata come “moneta di scambio”), ma anche le spezie (da cui la
“Via delle Spezie”), le guerre, le migrazioni, le religioni. Figlie della “Via
della Seta” sono le Grotte di Mogao a Dunhuang: qui, coloro che affrontavano il
deserto del Taklamakan lasciavano affreschi e statue come ex-voto. Ciò ha fatto
delle Grotte di Mogao un patrimonio d’arte buddhista, con tracce di mani
elleniche e latine nelle firme e nei panneggi. La “cultura di Gandhara” (a nord
del Pakistan) fu invece frutto del sincretismo fra cultura dei nomadi
centro-asiatici, ellenismo, Buddhismo e contatti con la Cina.
Nell’antichità, la “Via della Seta”
era più sviluppata a Occidente; tuttavia, essa sarebbe impensabile, senza la Cina.
Quest’ultima, infatti, detenne per tempi innumerabili il monopolio della
produzione del prezioso tessuto. Detto monopolio si sarebbe rotto all’inizio
del V secolo, quando la principessa cinese Lushi riuscì a contrabbandare
materie prime e segreti tecnologici nel paese al cui re era stata data in
sposa.
La seta fu di gran moda nella Roma
imperiale, ma i Persiani erano gelosissimi mediatori di questo scambio. Nel 166
d.C., le cronache cinesi situano un’ambasciata per conto di un certo “Antun”:
l’imperatore Antonino Pio o un certo Marco Aurelio Antonino, mercante residente
a Palmira. Ancora nel 97 d.C., però, il
generale Ban Chao aveva inviato il luogotenente Kan Ying a cercare contatti con
Da Qin, la “Grande Cina”, ovvero
Roma.
La relazione di Gorini è approdata
alla scottante attualità, quando ha illustrato come Pechino torni a
interessarsi alla “Via della Seta”. D’iniziativa cinese è il progetto di
rimodernamento della Transiberiana. Altro punto di grande interesse
internazionale sono i gasdotti. Soprattutto, Pechino ha fondato l’AIIB: Asian Infrastructure Investment Bank, “Banca
Asiatica d’Investimento nelle Infrastrutture”. All’iniziativa hanno preso parte
diversi governi europei, mettendo in discussione il primato finanziario degli
Stati Uniti. Ancora una volta, grazie alla “Via della Seta”, l’Eurasia torna al
centro del mondo.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N°96, maggio 2015, pag. 5.
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