“Prima
di procedere, vorrei aggiungere qualcosa sullo haiku, la forma più breve di poesia che si possa trovare in
letteratura a livello mondiale. Consiste di diciassette sillabe, nelle quali
vengono condensate alcune delle emozioni più sublimi che gli esseri umani siano
in grado di provare. Qualche lettore, forse a ragione, si è chiesto come sia
possibile che una sequenza di parole così breve possa esprimere un moto
profondo della mente. Milton non ha forse scritto il Paradiso perduto? E Wordsworth Presagi
di Immortalità?
Dobbiamo
però ricordare che «Dio» si è limitato a pronunciare «E luce sia» e, a opera
compiuta, ha semplicemente osservato che la luce era «buona». Così, ci viene
detto, è stato creato il mondo, questo mondo nel quale eventi grandiosi di ogni
genere hanno avuto luogo dopo un inizio avvenuto in una maniera tanto semplice.
«Dio» ha usato pochissime sillabe, ma la sua opera è stata realizzata con
successo. Quando Mosè chiese a Dio con quale nome avrebbe dovuto trasmettere il
messaggio divino al suo popolo, Dio rispose: «Io sono colui che sono» oppure «il
Dio che è». Non è forse l’affermazione più grandiosa che si possa fare su
questa terra? Non dite che è stato Dio e non l’Uomo, a pronunciare queste
parole. Io direi piuttosto che è stato l’Uomo e non Dio a mettere per iscritto
tutte le parole pronunciate da Dio. Chi ha preso nota è «Colui che è», non chi
ha pronunciato queste parole, perché quest’ultimo appartiene al passato, si
perde nella storia, mentre chi le ha registrate è qui per sempre. È senza
dubbio lui, e nessun altro, a essere «colui che è». Comunque sia, la brevità di
uno haiku in quanto a numero di
sillabe non ha niente a che vedere con il valore del suo contenuto. Nel momento
supremo della vita e della morte lanciamo un urlo o agiamo, senza metterci a
discutere o lasciarci andare a lunghi discorsi. Le sensazioni non vogliono
essere trattate concettualmente e uno haiku
non è il prodotto dell’intelletto. Da qui la sua brevità e la sua
pregnanza.”
DAISETZ T. SUZUKI
Da: Lo Zen e la cultura giapponese, ("Collezione Il ramo d'oro"), Milano 2014, Adelphi, pag. 191 (trad. dall'inglese: Gino Scatasta).
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