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Terra, sale e fuoco

Il 17 gennaio, secondo il calendario cattolico, è il giorno in cui si commemora S. Antonio Abate (Egitto, prima metà del IV sec.). È noto come fondatore del monachesimo, a cui diede inizio ritirandosi a vivere nel deserto, tra preghiera e lavoro. A Manerbio, la parrocchia di S. Lorenzo Martire celebra in questa data la benedizione del sale, del fuoco e delle macchine agricole. Una festività - come si può immaginare - molto sentita, in un’area in cui la terra è una voce importante dell’economia. 
            Il 17 gennaio 2017, dopo la Messa in cui è stato benedetto il sale, i fedeli si sono raccolti in Piazza Bianchi per la seconda parte della cerimonia. Il parroco don Tino Clementi ha benedetto un braciere acceso, per poi aspergere uno ad uno i trattori presenti in loco. Il suo discorso, come sempre, ha ricordato il ruolo degli strumenti di lavoro nella “collaborazione alla Creazione”, nell’ottenimento del “giusto benessere” e nel “progresso della società”.
            «S. Antonio è rappresentato col fuoco, simbolo di amore e di Spirito Santo» ha spiegato don Tino, debitamente intervistato. «Il maiale che lo accompagna è segno della sua amicizia con l’universo. Nel monastero, venivano allevati maiali liberi da recinti. Il lardo curava l’Herpes zoster, il cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”. Il sale è un alimento e può proteggere gli animali dalle malattie. Preserva dalla corruzione ed è simbolo della sapienza». Il volume 1 de I Santi nella Storia (2006, Edizioni San Paolo), a pag. 76, afferma che, nella Germania medievale, ogni villaggio allevava un suino destinato all’ospedale, dove i religiosi prestavano servizio. Le parole di don Tino si riferiscono a quanto avvenne nel IX secolo, con la traslazione delle reliquie di S. Antonio da Costantinopoli alla Motte-Saint-Didier, in Francia. Qui, dove già c’era un monastero benedettino, venne istituita una comunità laica che curasse i malati di ergotismo, un morbo causato da un fungo presente nella segale usata per la panificazione. Il male era conosciuto fin dall’antichità come “ignis sacer”, fuoco sacro. Il bruciore, così come quello dell’Herpes zoster, era lenito dalla cotenna suina. Quella prima comunità laica si trasformò gradualmente nell'Ordine Ospedaliero dei canonici regolari di sant'Agostino di sant'Antonio Abate, o degli “Antoniani”, approvato nel 1095 da papa Urbano II e confermato nel 1218 da una bolla di Onorio III. Un privilegio accordato agli Antoniani fu quello di poter allevare maiali per uso proprio, per le ragioni terapeutiche che abbiam detto.
Una leggenda popolare sarda vuole che Sant’Antonio si recasse all’Inferno per rubarne il fuoco da portare agli uomini: una storia che riecheggia quella di Prometeo e che, forse, è legata al ruolo civilizzatore del primo Padre del deserto.
            Sia come sia, a Manerbio, fra gli agricoltori devoti, nemmeno i pensionati rinunciano a far benedire il proprio trattore. E i festeggiamenti del 17 gennaio si concludono con una cena in compagnia: il modo migliore di godere le benedizioni della terra.


Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 117 (febbraio 2017), p. 8.

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