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Rivelazioni



Sonno santo-
Non fare troppo raramente lieti
I consacrati alla notte
In questa terrestre
Quotidiana fatica.
Soltanto i folli non ti riconoscono […]
Non indovinano
Che uscito da antiche leggende
Tu avanzi e schiudi i cieli,
Portando la chiave
Dei soggiorni beati,
Silenzioso araldo
Di misteri infiniti.

NOVALIS, Inni alla Notte



L’intrico di meccanismi che regolano la nostra memoria è ancora lungi dall’essere decifrato integralmente. Se da una parte alcune immagini o nozioni, pure importanti, svaniscono nel giro di alcuni minuti, altri ricordi, per quanto legati a eventi fugaci e apparentemente insignificanti, hanno la facoltà di sopravvivere per anni in qualche recondito angolo della mente, al punto che ogni sforzo di recuperare il legame tra quella vaga reminescenza e ciò che l’ha un tempo generata si rivela vano.
Ora, sono conscio che quanto detto possa apparire a prima vista una sterile speculazione, tuttavia posso assicurare che per me assume un significato assai personale e tormentoso: come è possibile, mi chiedo, che misteriosi spiragli su un passato ormai sconosciuto possano arrivare ad ossessionare qualcuno ogni giorno di più, portandolo ad incaponirsi nella folle ricerca di una risposta e privandolo della pace e della tranquillità che una vita ritirata normalmente promette?
Ma mi rendo conto che la mia vena sibillina ed elucubrante sta di nuovo prendendo il sopravvento. E’ dunque necessario narrare con ordine i fatti che mi hanno infine condotto a stendere questa singolare se non unica testimonianza.
Se mai sia esistito un luogo in cui l’intera mia esistenza si rispecchi in profondità, si tratta della mia vecchia casa. Poggia austera sulla cima di un basso colle ed ha sempre rappresentato per me un cosmo in miniatura, un nido al riparo dalle minacce del mondo esterno. Per quanto vasta ed imponente, non vi era pilastro, volta o addirittura mattone che non conoscessi, in cui non risuonasse l’eco lontana di un passato glorioso, ormai sepolto per sempre.
Eppure, ricordo che alcuni mesi or sono, durante i miei vagabondaggi all’interno della magione, mi ritrovai a fissare quasi involontariamente un punto dell’edificio che mi colpì per una sua anomalia. Si trattava di un corridoio al piano superiore, le pareti foderate a losanghe e lungo il pavimento un tappeto rosso sangue. Ciò che mi impressionò stranamente fu lo spesso e minaccioso muro con cui il corridoio terminava in modo improvviso. Già molte volte mi ero trovato a passare in quel punto, ma solo ora concretizzavo l’inquietante irregolarità di quel particolare, il suo essere “fuori posto”, come costruito in un secondo momento per occultare qualcosa:  in una sorta di crescendo, tutto ciò mi condusse dalla semplice curiosità ad una sorta di ossessione, fino a raggiungere una vera e propria affezione morbosa ed ipnotica: era come se quel corridoio chiuso mi attraesse a sé, cercando di risvegliare ricordi sopiti da tempo, e al tempo stesso suscitasse in me un senso di orrore e repulsione. Ricordo che una volta arrivai ad armarmi di un piccone, deciso ad abbattere quella dannata parete, ma un istante prima di vibrare il colpo qualcosa come una forza invisibile fermò la mia mano, al punto da dover mollare la presa: mi sentii gelare nelle vene ed ebbi la netta e terribile sensazione che, abbattendo il solido muro di fondo, avrei dissotterrato uno spaventoso segreto, la cui enormità mi avrebbe di certo sopraffatto. Colto da un simile impulso, abbandonai sconsolato l’impresa.
Molti altri giorni trascorsero, consumati nell’angoscia e nell’inquietudine. Sentivo che, senza alcun appiglio o indizio, non sarei mai uscito da quell’incubo. Ma ecco che, non so ancora se per caso o per intervento di una provvidenza (se mai sia esistita), alcuni eventi inattesi giunsero a portare un raggio di luce in quell’opprimente mistero.
Da alcune notti, infatti, un sogno ricorrente visitava il mio sonno, dapprima in modo indistinto e confuso, poi  sempre più nitido. Al suo termine mi svegliavo di soprassalto, avvolto da una strana sensazione di paura mista ad una vaga speranza. Personalmente non avevo mai prestato credito a coloro che, in modo più o meno scientifico, si ergevano a interpreti dei viaggi onirici che popolano le nostre menti nelle ore notturne. Questa volta, nondimeno, fosse anche semplicemente per dare un senso ad uno stato di cose divenuto insopportabile, mi decisi a trascrivere e a studiare seriamente quanto sognavo, disposto anche a perdere intere giornate pur di arrivare ad una conclusione. Riporto qui di seguito la trascrizione che ne feci.

Mi appare progressivamente un salone ampio e pomposamente addobbato a festa. Grandi lampadari emanano una luce violenta e diffusa, lunghe tavole imbandite costellano l’ambiente e tutt’intorno una ricca e sontuosa mobilia, ornata da varie raffinate suppellettili, corona la scena. La sala è popolata da numerosi invitati, tutte persone di alto rango, ovunque si spandono le risate e il chiacchiericcio.
D’un tratto si aprono le danze; l’orchestrina, in un punto indistinto dell’ambiente, esordisce con un brillante walzer e tutti si lasciano trascinare dai movimenti vorticosi.
Soltanto un piccolo gruppo, di circa quattro o cinque elementi, se ne resta in disparte in un angolo. Non riesco a distinguerne chiaramente i tratti del viso, eppure vi  riconosco qualcosa di vagamente e cupamente familiare. Confabulano tra loro in gran segreto, a voce molto bassa. Come se riuscissi realmente ad avvicinarmi al piccolo crocchio, riesco a carpire qualcosa della loro conversazione: sembrano particolarmente contrariati dal modo in cui il padrone di casa sperpera tutte le sue sostanze in feste e balli, rischiando a breve di ridursi sul lastrico. Altro non riesco ad intendere, ma da certe espressioni assai poco rassicuranti che leggo sui loro volti, intuisco che un losco progetto sta per essere messo in atto. Sentendomi afferrato da un subitaneo presentimento, mi spavento e mi sveglio.

Le lunghe e sofferte riflessioni che maturai su questi brevi appunti non mi condussero molto lontano: di certo i loschi individui della cricca non stavano meditando nulla di buono nei confronti del padrone, ed il fatto che la vicenda ruotasse attorno al denaro confermava la mia ipotesi. L’elemento in assoluto più fastidioso, tuttavia, era la netta sensazione che quanto avevo appena sognato mi fosse in realtà ben noto, addirittura ovvio, eppure tale ovvietà pareva sfuggirmi di mano non appena riuscissi a sfiorarla.
Fortuna volle che nelle notti seguenti si aggiungesse un altro sogno concatenato al primo, che illuminò ulteriormente il quadro che la mia mente, nel suo instancabile lavorio, andava costruendosi. Eccone la trascrizione.

Ricompare il salone del sogno precedente, sempre addobbato ma questa volta completamente deserto. La festa deve essere terminata da poco e gli invitati hanno lasciato la casa. Ecco che, nel silenzio che regna sovrano, odo un leggerissimo bisbigliare di voci provenire da una zona nascosta della sala. Mi avvicino e mi imbatto di nuovo nella subdola cricca di individui, che ancora stanno concertando tra loro.
Appaiono nervosi e guardinghi, timorosi che ci sia qualcuno a spiarli. Nel mormorio confuso delle loro voci riesco a cogliere solamente la parola “adesso”, che in quel particolare contesto risuona lugubre e carica di foschi presagi.
All’improvviso, uno scalpiccio di passi da uno dei corridoi laterali che immettono nel salone. I suddetti si mettono a riparo dietro la parete, in attesa dell’arrivo del malcapitato, perché mi era chiaro ormai quali fossero le loro intenzioni.
Quei pochi istanti paiono interminabili. Sento crescermi dentro la spaventosa angoscia dell’impotenza, del sapere qualcuno condannato e non essere in grado di fare nulla per evitarlo.
Nel frattempo, lo sconosciuto ha raggiunto la sala. Faccio appena in tempo a scorgerne l’ombra sul pavimento che i biechi figuri gli sono addosso. Uno di loro estrae una cordicella e gliela stringe con forza intorno al collo. Paralizzato dal terrore, posso solo udire le grida soffocate della vittima che si divincola, per poi cadere lentamente su sé stessa con un rantolo.
Superato un breve istante di paura e di stordimento, gli individui si caricano sulle spalle il cadavere ed escono dalla sala. A quel punto mi sveglio.

L’esito della vicenda qui trascritta non mi suonò inatteso, sembrava anzi l’unico tragicamente possibile. Dati gli indizi ricavati dalle notti precedenti, potevo facilmente desumere che la sfortunata vittima altri non fosse che il padrone di casa, contro il quale i loschi figuri avevano perfidamente tramato.
Tentando di individuare un ordine logico e consequenziale di quegli eventi (ma erano realmente degli eventi?), provai ad immaginare quale sarebbe stata la prossima mossa degli assassini: di certo avrebbero occultato il corpo, o inscenato un suicidio per allontanare da loro i sospetti e impossessarsi in seguito, e per vie legali, dei beni di quell’uomo.
Fermai per un istante il corso dei miei pensieri e, come se niente fosse, scoppiai a ridere, di un riso isterico e svuotante... Pareva quasi comico che me ne stessi lì a fingermi una sorta di investigatore che possedeva come unico materiale di indagine una serie di sogni misteriosi!
Terminato quell’accesso, mi sentii travolto da un profondo sconforto, dal chiaro sentore di trovarmi in un vicolo cieco, senza vie d’uscita. D’un tratto m’accorsi che le mie labbra, quasi involontariamente, sussurravano una preghiera. Non sapevo a chi mi stessi rivolgendo, né tantomeno ero certo che qualcuno la potesse ascoltare, ciononostante mi abbandonai ad una accorata supplica, speranzoso che una qualche entità superiore che segue con sguardo pietoso gli affanni dell’uomo gettasse anche un solo, pallido raggio di luce sul mio destino.
Se fu per intervento soprannaturale o altro non lo saprò mai, ma il giorno seguente l’ultimo e risolutivo sogno giunse a visitare la mia mente stanca, ponendo fine alle snervanti ossessioni. Lo trascrivo velocemente giacché mi rendo conto di non avere molto tempo a disposizione, la mano fatica ormai a reggere la penna.

Ecco apparirmi nuovamente gli stessi odiosi individui! Questa volta però si trovano in un luogo diverso, sembra un lungo corridoio... Alcuni di loro si trovano all’interno della stanza che da sull’estremità del suddetto corridoio, sembra armeggino con una corda...steso presso di loro, una sagoma scura, inerte... Faccio a mala pena in tempo a scorgere, fuori dalla porta, un secchio di calce e mattoni accatastati, quand’ecco che mi sveglio.

Non era possibile...come avevo potuto essere così stupidamente cieco? Quel corridoio visto in sogno, con le pareti a losanghe...altro non era che quello di casa mia, la fonte dei miei tormenti!
La verità mi colpì con una violenza inaudita: ora cominciavo a ricordare... tanto tempo e tanta solitudine erano passati per quelle mura da impedirmi di riconoscere quel salone, le feste, le danze, la gioia spensierata di quei lontanissimi anni... e poi la tragedia...

Mi sono incamminato fuori dall’edificio. Vi è molta nebbia, non riesco a distinguere quasi nulla di ciò che mi circonda, eppure mi sento sereno, liberato. Fra poco svanirò per sempre dai frantumi di questo mondo, di me resterà solo questa testimonianza, sebbene non pretenda che sia creduta e nemmeno che venga ritrovata.
Prima di intraprendere il mio ultimo viaggio, ho voluto compiere qualche accertamento. Ho rinvenuto in un vecchio ripostiglio dei ritratti di famiglia, e devo confessare di non essermi meravigliato nel riscontrare in alcuni di loro i tratti somatici, seppur vaghi, dei tristi figuri dei miei sogni.
Mi sono alfine diretto verso il famigerato muro del corridoio, di nuovo armato di piccone, e l’ho sfondato. La stanza occultata non era altro che il mio studio, dal cui lampadario pendeva ancora un cappio, a cui a sua volta era appeso un cadavere ormai scheletrito. Osservando gli abiti che ancora indossava e gli anelli alle dita, non ebbi difficoltà a riconoscere in esso il mio cadavere...

Pavia, 31 maggio 2013

MAURO FRANZINI

Commenti

  1. Bella trama, con un crescendo di suspance alla fine ! Le considerazioni generali all'inizio e il successivo concentrare l'attenzione sulle vicende mi hanno ricordato la struttura dei racconti di Poe: ravviso un 'influenza de Il gatto nero, de Il crollo della Casa Usher nella descrizione della casa e un pò di La maschera della Morte Rossa nella descrizione del salone .. queste sono le letture a che hai rievocato nella mia mente :-). E il particolare degli anelli un pò alla Dorian Gray ! Scritto molto bene, complimenti! :-)

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