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Internet e Google: la storia antica di rivoluzioni contemporanee

pascalina
La pascalina
Mentre l’anno volge al termine, la Libera Università di Manerbio prosegue il proprio viaggio ideale intorno al mondo. Il 7 dicembre 2017, il dr. Andrea Soffiantini ha portato al Teatro Civico “M. Bortolozzi” una conferenza dal titolo: “L’invenzione di Google e la rivoluzione mondiale con l’avvio della rete globale”. 
            La storia è cominciata col grammatico Pāṇini (VII-III sec. a.C. circa): la sua codifica delle regole morfologiche sanscrite pose le basi degli studi che avrebbero portato all’elaborazione dei linguaggi di programmazione.
            Risale invece al 150-100 a.C. la macchina di Anticitera: un congegno in grado di realizzare calcoli meccanici (astronomici). Nel Medioevo, fu prezioso il lavoro di matematici come Al-Kwarizmi (780-850), dal cui nome è derivato “algoritmo”. Del 1642 è la “pascalina”, sorta di calcolatrice elaborata dal filosofo B. Pascal. Attorno al 1672, nacque la calcolatrice di G.W. von Leibniz, in grado di eseguire tutte e quattro le operazioni aritmetiche. J.-M. Jacquard (1752-1834) inventò una scheda perforata in grado di programmare i telai: un’antenata del software (= insieme dei dati salvati nel computer). Ada Byron-Lovelace (1815-1852), lavorando con Ch. Babbage alla sua “macchina analitica”, elaborò un algoritmo per generare i numeri di Bernoulli: una successione di numeri razionali. Detto algoritmo era pensato per essere elaborato dalla macchina: insomma, era un abbozzo di programma informatico. 
           
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Ada Byron-Lovelace (1815-1852)
Da G. Boole (1815-1864) prende nome l’algebra booleana, base dei linguaggi di programmazione. Doveroso menzionare la macchina teorizzata da A. Turing (1912-1954), sempre ricordata fra gli antenati ideali del computer. Ma del 1939 è lo Z1, primo calcolatore effettivamente realizzato a impiegare l’algebra booleana. Al 1944 è datato il Colossus, pensato a fini bellici, per decifrare i messaggi tedeschi. Il SSEM (1948) fu il primo computer ad avere una programmazione salvata nella propria memoria interna. Si basava sull’architettura di Von Neumann: struttura dello hardware (= componente materiale del computer) tuttora valida.
            Nel 1969, le esigenze belliche legate alla Guerra Fredda portarono allo sviluppo di Arpanet: una rete di collegamento fra computer realizzata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Essa fu il primo nucleo di Internet, nato nel 1983. Nel 1991, l’informatico Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web: era nato il World Wide Web (“la Rete Mondiale”), da cui “www”. L’idea gli era venuta due anni prima, presso il CERN di Ginevra, osservando colleghi che si trasmettevano informazioni tramite la linea telefonica e le visualizzavano su schermi. Il WWW fu pensato come biblioteca universale in forma di ipertesto: un insieme di documenti (scritti, audio, video, immagine) collegati tramite rimandi detti “link”. Finché le pagine web erano poche, l’elenco dei link poteva essere stilato da un lavoro redazionale. Quando il loro numero rese ciò impossibile, nacquero i motori di ricerca (come Google): sistemi che si servono di robot per cercare le pagine online. Fu necessario adeguare il linguaggio di codifica dei documenti pubblicati: ciò generò il cosiddetto “web semantico”. “Web dinamico” è invece quello odierno, che permette all’utente non solo di reperire contenuti, ma anche di generarne. Ciò consente l’uso di social network e di servizi online (pagamenti, reperimento di orari…). 
Dr. Andrea Soffiantini
Da biblioteca, Internet è ormai divenuto piazza. Questo significa sterminate capacità di rinvenire dati e informazioni: per accrescere il proprio sapere e soddisfare esigenze, ma anche per danneggiare (cyberbullismo, spionaggio, terrorismo, diffamazione, disinformazione…). Il secolo del villaggio digitale globale richiede dunque dosi massicce di responsabilità e senso critico, per gestire l’incredibile libertà del World Wide Web.


Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 128 (gennaio 2018), p. 13.

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