rampicante sui muri, in corridoio.
È un sentore di musica arcana,
il pregno brivido del golfo mistico
quando inizia il serpeggio degli accordi.
E infatti: cadon boccoli argentini,
la pioggia carezzevole del piano-
forte. Incontran lo specchio dei miei orecchi
e si frangono in stille, in mille lucciole.
Non so distinguere Mozart o Handel,
né padroneggio la danza sofistica
che si arzigogola su un pentagramma.
Ma quel fantasma di corde ha una voce,
anzi, più d’una. Non sarà la pioggia
nel pineto e nemmen sarai Ermione
tu che m’aspetti; ma vuole silenzio
anche questo stillar di note incerte,
vuole che io mi perda nel suo bosco
-per ritrovarti, aprendo quella porta,
seduto al consüeto pianoforte.
Pubblicata in:
AA.VV., Dieci anni I, a cura di
I.v.a.n. Project, Villasanta (MB) 2017, Limina Mentis, p. 23.
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