Passa ai contenuti principali

Fra Alta e Bassa


È bello cominciare con un esordio alla “Turisti per caso”: Bergamo? Sapevo che c’era, ma non la immaginavo così…

            F. me l’aveva magnificata, perciò gli “dovevo” la replica della gita, in versione “Attenti a quei due”. Appuntamento fissato alla stazione di Bèrghem. La conquista d’un posto sul treno, per la sottoscritta, è stata qualcosa di rocambolesco. A partire dal fatto che Manerbio ignora una meravigliosa invenzione del progresso: i biglietti a fascia chilometrica… Comunque, dopo coda alla biglietteria, improperi, corsa sul vagone e altri improperi, la situazione ha trovato un suo status quo. Il tragitto è stato allietato dalla compagnia di due liceali trentini in viaggio per la Spagna, di treno in treno (che la Forza sia con loro!). Va da sé che, al capolinea, F. era da contare fra le loro vecchie conoscenze per fama.

            Recuperato il compagno di gita, pausa strategica per accompagnare un signore ipovedente a un caffè di Bergamo Bassa. Probabilmente, la giunta comunale del trafficato capoluogo classifica i semafori sonori come “Lussi & Svaghi”.

Infine, abbiamo preso la funicolare, risposta lumbàrda a quella di Napoli. All’arrivo, abbiamo pensato d’esser saliti sul veicolo sbagliato; ma Cecchi Paone ci ha rassicurato: non era la Macchina del Tempo. Ciò non toglie che Bergamo Alta ci avesse catapultato nel Medioevo. Dal basso, era particolarmente scenografica: appollaiata sull’altura e orlata da mura cinquecentesche che –F. si è peritato d’aggiungere- sarebbero state ormai inutili, davanti ai cannoni.

            Prima tappa: la Cappella Colleoni. Era il mausoleo della suddetta famiglia, fondata nel XV secolo da Bartolomeo. Capitano di ventura, aveva realizzato il sogno di Brancaleone: appendere la spada al chiodo e diventare un agiato signorotto. Aveva introdotto l’artiglieria in Italia e si premurò di ricordarlo, facendo scolpire i raggi del rosone in forma di cannone. Tutti dettagli forniti da un signore del luogo, giunto in soccorso dei due che si arrabattavano a interpretare i bassorilievi dello zoccolo. Ciò che non abbisognava di decifrazione era lo stemma dei Colleoni: tre paia d’oggetti globulari, altamente evocativi di quel nome.

            Altro genere di humour era quello gastronomico. Le fornerie proponevano soffici dolcetti, detti polènta e osèi: la versione zuccherina dell’omonima pietanza. Ne abbiamo mangiato uno a testa, dopo il pranzo al “Circoletto”. Una ὕβρις gastronomica che costò alla sottoscritta un infuso di scorza di limone, in una gelateria ove avrebbe potuto tuffarsi su ben altre golosità (sigh!).

            Comunque, la scorpacciata d’arte e storia era stata innocua. La Basilica di S. Maria Maggiore ci aveva rimpinzato d’arazzi e affreschi, per non parlar delle tarsie. Lorenzo Lotto aveva davvero piegato il legno a effetti di tridimensionalità, chiaroscuro e perfino colorismo. Al Duomo, una visita veloce, giusto per ammirare le civettuole dorature. Probabilmente, il resto d’Italia non sospetta fino a che punto Bergamo sia apprezzabile. Se ne sono accorti, in compenso, francesi e inglesi, a quanto abbiamo visto.

            Dalla Rocca, si godeva un panorama profumato di foglie e resina. Così pure dalle mura: almeno, il sacrificio delle case abbattute per far posto a esse è servito a qualcosina. Più in là, era etichettata la casa natale di Gaetano Donizetti: il compositore per il quale Melpomene piangeva e i puttini distruggevano strumenti, sul monumento nella Basilica.

            Siamo tornati alla stazione senza fare shopping, benché venissero vendute magliette che documentavano una lingua affascinante: l’anglobergamasco. Pacificatami con la roccaforte atalantina, ho congedato F. e sono salita sul treno, per tornare in territorio biancoazzurro. Com’era andata? Non c’era che dire: una giornata trascorsa fra Alta e Bassa.

Commenti

  1. Ciao, sono un ragazzo di Bergamo, abito in città alta e sono contento che la mia città ti sia piaciuta, è un vero gioiello (incantò anche Stendhal...) e, anche se ci vivo da sempre, ancora cammino con il naso per aria, nasconde molte sorprese e una visita la consiglio a tutti :)

    ps probabilmente avrai pranzato al "Circolino" se eri in città alta :)

    complimenti per il blog (appena scoperto)!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Megacle, grazie per l'attenzione e l'apprezzamento. :)... Hai ben ragione di camminare con il naso per aria. Ed è una fortuna vivere in una città che non stanca mai. Sì, ho pranzato proprio al "Circoletto" (un posto che mi ha consigliato il famoso F. del post). :) Che dire ancora? W Stendhal! :D

      Elimina

Posta un commento

Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio