Ogni tanto, sui social, capita di vedere espresso quel che è, in realtà, uno dei messaggi subliminali con cui si viene bombardati praticamente fin dalla nascita:
La mancanza di una relazione stabile è un fallimento esistenziale, checché ne diciate.
Praticamente, tutti voi che siete vedovi/single/separati/fidanzati temporaneamente... andate a buttarvi in un burrone ilico et immediate. Avete sentito? La vostra esistenza è fallita. Non siete professionisti, genitori, cittadini, contribuenti, artisti, manodopera, studiosi... L'unica cosa che conta è che al momento non portate una fede al dito o un equipollente.
Scherzi a parte, basta con il mio beneamato sarcasmo e cominciamo coi discorsi seri.
"Fallimento" è un termine assai di moda, oggigiorno. Ricorre praticamente ovunque. Ma a quale ambito semantico appartiene propriamente?
A quello delle imprese e della finanza.
Un'azienda fallisce quando non può pagare i propri debiti e una banca quando non ha più liquidità. Insomma, si tratta di soldi. Si può anche (più latamente) fallire un obiettivo: qui entriamo nel campo di sport come il tiro a segno e l'arco. Sport essenzialmente individuali.
Il fatto che applichiamo il termine "fallimento" alle relazioni la dice lunga su come concepiamo queste ultime.
Le vediamo come un affare che conferma la nostra bravura e il nostro prestigio sociale, insomma. Non abbiamo fidanzamenti, matrimoni, convivenze, famiglie, ma aziende - di cui ci consideriamo i titolari. Oppure, sono trofei da esibire per ricavarne plauso.
Esattamente, chi ha bandito questa gara alla "relazione di successo" che sconfigge gli avversari e la concorrenza? Nessuno di cui io abbia rispetto - o di cui lo dovreste avere voi. Avanti, su: qual è l'autorità indiscutibile davanti a cui dovreste sciorinare la vostra esistenza per ricevere un giudizio? Mi riferisco a qualcuno di realmente esistente e di infallibile. Praticamente, a nessuno.
Soprattutto, cosa c'entra un concetto legato a competizioni e imprese con le relazioni?
In una relazione, non si è "titolari" o "padroni" di alcunché. Ci siamo noi, insieme ad altri esseri senzienti e in via di costante sviluppo che condividono un segmento della nostra esistenza. Fino alla morte di uno di noi oppure no. Ma, quale che sia la durata, la relazione ha svolto la sua funzione: colmare un bisogno reciproco, farci fare esperienza, farci riflettere, migliorare (o peggiorare!) la nostra vita e quella altrui. Esaurita la sua funzione, la relazione muore e lascia il posto ad altro, come ogni cosa viva.
Si tratta del suo destino naturale.
Si possono avere diverse colpe nei confronti di un partner così come diversi meriti. Questo non significa che siamo onnipotenti nell'assicurare il futuro della relazione e nemmeno che siamo obbligati a marciare insieme fino alla morte per non sentirci falliti.
Per non sentirci falliti.
Sto con te per sentire che la mia esistenza è valida e che sto vincendo qualcosa. Se tu dovessi lasciarmi, non saresti più una persona che imbocca la sua strada legittima per crescere, ma qualcuno che mi dice che ho fallito. Quindi, svaluto tutto ciò che abbiamo passato insieme, perché l'unica cosa che contava per me era sentire che ero un bravo imprenditore della relazione, un campione nella gara dell'amore.
Questo è ciò che diremmo alla nostra cosiddetta "anima gemella", se la pensassimo come i "famosi saggi" citati all'inizio. E non mi sembrano parole d'amore. Non vedo premura, empatia, reciprocità. Non vedo il rispetto per ciò che il partner è: una persona dotata di volontà e sentimenti, i quali possono anche cambiare ed evolversi - senza che qualcuno debba sentirsi offeso o svalutato per questo. In compenso, in tale atteggiamento ci sono egocentrismo e persino narcisismo.
Quanto all' "idea romantica" dell' "altra metà della mela" che "realizzerà tutti i nostri sogni"... c'è bisogno di grandi dimostrazioni per ricordare che è una sciocchezza? Nessuno è la metà di un altro, ma una persona intera e con una sua dignità intrinseca. La relazione arricchisce e migliora l'esistenza... ma, se vedi l'altro solo come un pezzo di te o una proiezione dei tuoi bisogni, soffri quasi certamente di un disturbo di personalità.
Le persone sono quello che sono: risorsa e limite allo stesso tempo. Non hanno certo il potere di risolverci l'esistenza e appagare i nostri desideri. Quello lo fanno le figure ideali... E trasformare qualcuno in un ideale significa ucciderlo, perché gli si toglie la carne, la sua vitale e cangiante umanità.
Lo stesso amore romantico è stato inventato da simpaticoni come Ugo Foscolo: il suo Jacopo Ortis si è pugnalato per Teresa, ma lui (nella vita reale) cambiava più donne che mutande. E non credo proprio che qualcuno si sogni di considerarlo un fallito per questo.
Il vero fallimento è portare avanti una farsa per tutta la vita, per paura del giudizio altrui o per insicurezza personale. Morire ogni giorno perché non si vuole spezzare un legame divenuto catena. Abbiamo fallito tutti quanti nel momento in cui abbiamo smesso di riconoscere la fine, il tramonto, il naturale decadimento come parti integranti della realtà. Dietro l'immagine del "successo nella relazione", troppo spesso, ci sono morti ambulanti che non si decidono a ricominciare un ciclo vitale.
Personalmente (in coppia, polecola o per conto mio che sia) preferisco marciare tra le file dei vivi.
Voi... faites vos jeux.
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