Rieccoci con la seconda delle nostre InterviStorie!
Ninetta Pierangeli vive a Roma. È Dottore
di ricerca in Scienze sociali e filosofiche, insegna Lettere ed è un’autrice.
Ha curato l’edizione italiana di Astrazione
rivoluzionaria e realismo cattolico di Augustin Cochin. Fra gli altri
volumi, ha pubblicato Mens sana in
corpore sano: racconti per sollecitare la riflessione di tipo filosofico in
comunità di preadolescenti. La sua copiosa produzione narrativa conta opere
per grandi e piccini. Ha pubblicato anche romanzi storici, sui quali l’abbiamo
intervistata.
1) Sei principalmente un'autrice per bambini e ragazzi, cosa che si accompagna bene col tuo lavoro d'insegnamento. Qual è (secondo te) la ricetta per raccontare la grande Storia ai giovanissimi?
Renderla vicina, mostrare che gli uomini, i giovani come i grandi, sono sempre uguali, i desideri e le passioni che accompagnano le loro vite non cambiano con il trascorrere delle epoche. In questo senso, Il piccolo Gaio. Storia fantastica di Giulio Cesare ne è l’esempio perfetto. Nel primo secolo a. C., un bambino di undici anni, il piccolo Gaio, va a scuola, fa il monello con il maestro, va a correre e a nuotare con il suo amico Licio, gioca a morra, va a teatro e prega gli dèi, come i bambini di ogni epoca. Da grande diventerà il più potente dei generali, ma come tutti i bambini, a undici anni non sa, da grande, chi diventerà.
2) Benito è un nome davvero insolito per un militante della Resistenza. Come mai hai scelto proprio questo?
L’ho scelto proprio per la contraddizione. Il nome Benito era diffuso in epoca fascista, ma nulla osta che un ragazzo a cui il padre per scelta o per opportunità abbia dato un nome fascista, divenga poi, nel suo percorso di vita, un radicale antifascista. Nel romanzo L’amico di Benito volevo sottolineare la contraddizione e anche la facilità e la non prevedibilità negli anni tra il ’43 e il ’44 di trovarsi in un campo o nell’altro. Non per niente, ho messo come introduzione la frase di Calvino tratta da Il sentiero dei nidi di ragno che dice: “E basta un nulla, un passo falso, un impennamento dell’anima e ci si trova dall’altra parte”.
L’amnistia di Togliatti rende ragione di questo periodo in cui crimini e vendette furono perpetrate tra i diversi schieramenti, in quella che fu una vera guerra civile che continuò anche dopo il 25 aprile.
3) Il titolo del romanzo è L'amico di Benito. Secondo te, quanto ha contato l'amicizia nella scelta dello schieramento politico, durante la Resistenza?
Penso che l’amicizia sia stata tutto. Si diventava comunisti o fascisti incontrandone i militanti e diventandone amici. Per gli amici si era disposti anche a morire.
4) La Storia si fonde con le storie dei giovanissimi protagonisti, fra amicizie, amori e tutto il repertorio dell'adolescenza. Ha davvero senso pensare alle piccole vicende personali come a qualcosa di distinto dagli eventi storico-politici?
Sicuramente le vicende personali sono invece strettamente intrecciate con gli eventi storico-politici. Si sviluppano in reazione a quelli, li condizionano e ne sono condizionate.
5) Tu parli di un nucleo armato contemporaneamente cattolico e comunista. Quale fil rouge unisce queste due visioni del mondo?
La lotta dalla parte dei poveri, degli operai, dei disoccupati, dei nullatenenti. Era questa lotta che poteva far essere un militante sia cattolico che comunista. La Banda Ossicini, guidata da quello che poi diventerà il senatore Adriano Ossicini, era una banda catto-comunista che leggeva questa doppia militanza al di fuori della contrapposizione ideologica fondata sulla metafisica, ma nell’unione della battaglia per il potere alle classi lavoratrici. L’ultimo tentativo in Italia di porre al centro della politica gli interessi delle classi lavoratrici al di là degli schieramenti ideologici fu quello del compromesso storico, fallito dopo il sequestro Moro.
6) L'amico di Benito parla di giustizia e ingiustizia. Secondo te, qual è il discrimine fra le due, nella Storia?
La Storia la scrivono i vincitori. Nel nostro caso, gli americani e i partiti antifascisti che con gli alleati si accordarono. E, in quest’ottica, i giusti sono i vincitori. Benito e i suoi amici catto-comunisti furono presto sconfitti. Gli americani non volevano i comunisti nei governi italiani e, nonostante l’impegno armato, la Banda Ossicini non ebbe neanche una rappresentanza diretta nel Comitato di Liberazione Nazionale. La dedica all’inizio del romanzo dice: Alla memoria di Adriano Ossicini e di un’idea sconfitta da Yalta.
7) Una domanda su un altro romanzo storico, Bella Ciao. Stavolta, si tratta di una storia d'amore ambientata durante gli anni di piombo. Quale eredità storica ha lasciato quel periodo all'Italia, nel bene e nel male?
Attualmente, mi sembra che di quel periodo sia rimasta la solida contrapposizione degli italiani a ogni gruppo eversivo, mentre la comunanza ideologica del terrorismo rosso con le masse proletarie sia del tutto tramontata e questo ha contribuito a eliminare ogni alternativa politico-sociale al liberismo consumista.
8) Parliamo ora de Il castello di Baux: la
visita a questo luogo getta il protagonista in una serie di vicende che vedono
in gioco il suo futuro. In che modo il rapporto col passato può costruire il
nostro avvenire?
Mah, naturalmente, ognuno di noi è la sua
storia. In questo romanzo, le storie antiche e leggendarie raccontate nella
mostra al castello di Baux gettano una luce nuova sul presente del protagonista
e lo destano verso nuove opportunità, lo
spingono a diventare egli stesso il propulsore della propria vita.
Vorrei spendere due
parole sul mio ultimo lavoro per bambini: Mago Pachino, mago birichino, un simpatico maghetto, innamorato di Gerenzana, la
fata Balzana. I due coroneranno il loro sogno d’amore e, con l’aiuto dei loro
amici e del librone di Magia dell’antenato mago Prevedino, sconfiggeranno anche
la guerra e la miseria.
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