Per
l’appunto, questa usanza romana (forse anche più antica ed esotica, in origine)
si trasformò nel presepe, quando il culto degli antenati, di Saturno e delle
altre divinità fu sostituito da quello di Cristo. Questi piccoli mondi composti
ad arte, quale che sia il loro significato religioso, hanno sempre un fascino
irresistibile.
A
Manerbio, l’esempio forse migliore è quello delle creazioni annuali di Angelo
Bertelli, presidente delle ACLI locali. Spesso, i suoi presepi artistici
stupiscono con ambientazioni particolari. Per il 2022, ha preferito un classico
set bucolico senza ulteriori specificazioni. Forse, proprio per questo la
fantasia personale ha avuto la meglio sulla preoccupazione della ricostruzione
realistica.
Al centro di tutto, ovviamente, c’era la stalla ospitante la Sacra Famiglia, con ghiaccioli pendenti dal tetto. Da notare la meticolosa pavimentazione in pietra della capanna.
Intorno,
naturalmente, c’era un intero villaggio rurale. Tra i viali di ghiaia, spiazzi
erbosi ospitavano le pecore. Le piante erano state realizzate con rametti
d’alloro. Qua e là, c’erano persino panchine. Sotto le arcate degli edifici al
pianterreno, si trovavano botteghe: quelle d’un salumiere e d’un calzolaio, per
esempio.
Ragazze
affacciate da tetti e balconi, pastori con pecorelle sulle spalle, donne
intente a pesare frutta, fuochi accesi sotto cappe di pietra, una danzatrice
col tamburello, un ponticello, i Magi che giungevano alla chetichella dietro i
muri delle case… Ovunque si gettasse l’occhio, un nuovo sigillum raccontava
d’una vita puramente immaginaria, eppure umanissima. Anche gli interni
illuminati dei portici e delle finestre suggerivano retroscena animati dalla
fantasia.
Il
mistero che ci richiama dal recinto di un presepe, spesso, è pre-religioso. Fa
appello alla tendenza della nostra mente a leggere le immagini, riempire i
vuoti… Tutti quei personaggi si impongono come presenze reali, vogliono
raccontarsi ai nostri occhi. Le loro case (mere scatole di sughero e
cartapesta) sono animate dalla perizia dell’artista e dalla nostra
immaginazione. I simulacri morti vogliono vivere – e possono farlo una volta
l’anno, nel recinto di una composizione familiare, ma sempre nuova.
Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 187 (gennaio
2023), p. 10.
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