Passa ai contenuti principali

La vertigine


“La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare.” Chissà cosa ne direbbe John “Scottie” Ferguson, il protagonista di Vertigo. Questo film di Alfred Hitchcock è noto in Italia come La donna che visse due volte (1958).

            Per John, la vertigine è terrore, abisso di follia. Nasce come cicatrice di un trauma e potrà essere cancellata solo da un altro trauma. La cura è affidata, fin da subito, a mani femminili: quelle di Midge, vecchia compagna d’università, fidanzata mai troppo ex. L’ambiguità fra eros e vertigine è sottolineata da un malizioso siparietto fra i due: discutono sul design di un reggiseno. “È fondato sul principio dei ponti sospesi” spiega lei, compiaciuta. E i ponti sospesi sono proprio la prova più ardua per chi soffre di vertigini.

Tuttavia, questa materna civetta acqua e sapone non sembra la guaritrice adatta. Entra in scena, allora, un’altra figura: Madeleine, glaciale ipostasi del desiderio.  È la moglie di un amico e, a detta di costui, è posseduta dal fantasma di Carlotta Valdés: bellissima e tormentata antenata della donna. Madeleine e Carlotta sono due pedine in questo infernale gioco di specchi, che rimbalza da un quadro a un gioiello, da una finestra a una tomba.  L’eros, come la vertigine, nasce dagli occhi. “Vieni almeno a vederla” incalza il marito di Madeleine. E l’invito non è innocente. John, come i trovatori ed i poeti elegiaci, è preso al laccio da quello sguardo. Così Properzio divenne schiavo di Cinzia. Così Bernart de Ventadorn fu legato ad Eleonora d’Aquitania.

Ferguson accetta di sorvegliare in segreto Madeleine –ufficialmente, come ex-poliziotto, per proteggerla dal suo fantasma.
L’amore arriva, fatalmente; esso trascina John su per le scale di un campanile, per fermare la corsa della donna ed il suo tempo, che fugge nel gorgo della vertigine. La tomba vuota –l’incubo di Madeleine- esercita un magnetismo irresistibile. La combinazione di repulsione ed attrazione è anch’essa una forma di vertigine.
Giochi d’illusione ottica (utilizzo eterodosso degli strumenti di proiezione) materializzano la fobia di John. Il sortilegio funziona. Il salvatore impietrisce. La figura di Madeleine –corpo o fantasma?- precipita e s’irrigidisce, pallida, sul rosso dei coppi.

  John eredita gli incubi della donna invasata. Hitchcock li mostra, facendo sfoggio di virtuosismo: la pellicola si tinge di colori violenti; vi sono inserti d’animazione. Pionierismi che sottolineano un’idea fondamentale: il cinema è sogno.  Il realismo non c’è, né è cercato. La pellicola fa turbinare una fantasmagoria di rimorsi, sensualità, urla sepolte. Perfino l’ingenua Midge li percepisce. Ma il suo tentativo di entrare nel gioco di specchi decreta –invece- la sua uscita di scena. Non si scherza con i fantasmi del destino.
Esso ha già in serbo un’altra apparizione. Una civetta imbellettata, volgare, ma identica a Madeleine: una sua copia rovesciata, che folgora l’eroe.  È il tema di Odette e Odile, da quel Lago dei cigni riproposto per il cinema con Il cigno nero.
Però, stavolta, è il principe azzurro ad inghiottire la seduttrice nelle proprie spire. La somiglianza con l’amata perduta accende in lui una sottile ossessione necrofila. Logora la personalità della donna, per mutarla nella carissima estinta. Come un diabolico Pigmalione, può unirsi solo all’opera della propria arte. Sull’idillio malato, si stenderanno di nuovo le ombre di Carlotta e Madeleine. E la vertigo sarà sconfitta da un altro sguardo in un vuoto: quello, atroce, del cuore.

Commenti

  1. Io ho dovuto aspettare l'università... per capire da dove venisse quella misteriosa scena sul campanile che avevo captato in TV da bambina!! xD

    RispondiElimina
  2. Non me lo ricordo più tanto, ma mi era piaciuto, credo. :O

    RispondiElimina

Posta un commento

Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio