Passa ai contenuti principali

Il laureato

Da Don Camillo (1948):



“Ci fu lo sciopero dei giornalieri e dei famigli da spesa proprio nel pieno del raccolto, e la roba nei poderi grossi cominciò a intristire. […] La ‘Volante proletaria’ comandata dallo Smilzo avvistò una mattina uno che stava lavorando sotto un filare di viti del Verola e lo catturò portandolo quasi di peso in piazza dove i giornalieri e i famigli aspettavano seduti per terra. […] ‘Un momento!’ disse Peppone. ‘Prima vogliamo vedere con che razza di canaglia abbiamo a che fare.’

            Lo Smilzo gli aveva allungato il portafogli trovato in una tasca dell’uomo, e Peppone, passato l’uomo al Brusco, sfogliò le carte e consultò a lungo le tessere. Poi rimise tutto dentro il portafogli e lo riconsegnò all’uomo.

            ‘Lasciatelo!’ ordinò a testa bassa. ‘C’è un equivoco.’

‘Perché?’ urlò la donna scarmigliata.

‘Perché sì’ rispose Peppone duro e aggressivo. E la donna rinculò.

            Fecero salire l’uomo sul camioncino della ‘Volante proletaria’ e lo riaccompagnarono fino al buco della siepe da dove l’avevano cavato fuori.

‘Può rimettersi a lavorare’ disse Peppone.

“No, no” rispose l’uomo. “Torno a casa. Ci deve essere un treno fra un’ora.”

Ci furono alcuni minuti di silenzio. Intanto l’uomo si era lavata la faccia nel fosso e si asciugava col fazzoletto.

“Mi dispiace” disse Peppone. “Però lei, un professore, un laureato, non può mettersi contro dei poveri lavoratori della terra.’

‘La paga dei professori è minore di quella dell’ultimo dei suoi bifolchi. E poi io sono disoccupato.’

Peppone scosse la testa.

“Lo so: ma questo non c’entra. Anche se il bifolco e lei hanno bisogno della stessa quantità di nutrimento, la fame del bifolco è diversa dalla sua. Il bifolco, quando ha fame, ha fame come ha fame un cavallo e non può comandare alla sua fame perché nessuno gli ha insegnato a farlo. Ma lei lo sa.’

‘Il mio bambino non lo sa.’

Peppone allargò le braccia.

‘Se è destino che faccia quello che fa lei, imparerà.’

‘Le pare giusto tutto questo?’

‘Non lo so’ disse Peppone. ‘La faccenda è che non si capisce come mai noi e voi, pure essendo in fondo nelle stesse condizioni, non possiamo mai fare causa comune contro chi ha troppo.’

‘L’ha detto lei: perché, pure avendo bisogno dello stesso nutrimento, la nostra fame è diversa dalla vostra.’

Peppone scosse il capo.

‘Se non lo avessi detto io, sembrerebbe roba di filosofia’ borbottò Peppone.

            Se ne andarono, ognuno per la sua strada, e la faccenda finì lì. E il problema del ceto medio rimase insoluto.”



GIOVANNINO GUARESCHI

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio