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La Grande Guerra nei canti e nei ricordi


A cent’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, a Manerbio non sono mancate commemorazioni. Esse hanno visto, in particolare, l’impegno del Gruppo Alpini locale. Ciò è logico, dato che questo corpo dell’esercito fu assai coinvolto nel conflitto, sul fronte italo-austriaco, e dovette affrontare condizioni ambientali durissime. L’hanno ben dimostrato le fotografie, le cartoline postali e gli altri pezzi esposti nella mostra di cimeli storici e divise, che il Gruppo Alpini ha allestito nella Sala Mostre del palazzo comunale dal 25 ottobre al 4 novembre 2018. Essa ha riscosso successo, in particolare, presso le scolaresche. Le cartoline postali, scritte a pennino, mostravano (con le incerte ortografia e sintassi di chi non era abituato a scrivere) le speranze e i disagi dei giovani soldati. Un disegno ricordava il prezioso contributo delle infermiere, così come quello delle donne in generale. I ramponi da ghiaccio ricordavano la difficoltà del combattere in alta montagna; le bombe a mano erano invece un modo di nuocere ai soldati nemici, ferendoli gravemente con le schegge. Le foto riportavano la neve, il trasporto a dorso d’asino (ricordato anche da un basto esposto), i morti. I membri del Gruppo Alpini erano disponibili come guide. 
la grande guerra nei canti e nei ricordi manerbio

            Sempre a cura di questa associazione era la serata del 31 ottobre 2018, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”: “La Grande Guerra nei canti e nei ricordi”. Essa ha visto la partecipazione del coro “Sotto la torre”, del gruppo teatrale “Chèi dè Manèrbe” e del pianista Corrado Zorza. Uno degli Alpini ha guidato il canto introduttivo dell’inno di Mameli. Nel buio, mentre venivano proiettate le immagini dei soldati in trincea, “Chèi dè Manèrbe” leggevano lettere spedite dal fronte alle famiglie dei soldati. La puzza, le provocazioni dei nemici, i pesanti cannoni da spostare, una quasi miracolosa sopportazione occupavano il primo posto. È stato ricordato don Carlo Peroni, curato di Manerbio e destinatario di molte missive: sia per richiedere conforto spirituale, sia per fare da intermediario con familiari analfabeti.
            I brani intonati durante la serata da “Sotto la torre”, naturalmente, erano canti alpini. Tante putèle bèle esprime il dolore di dover lasciare le fidanzate, nella totale incertezza di rivederle. Il testamento del capitano è il rifacimento di una canzone cinquecentesca contenente il lascito spirituale di Michele Antonio, undicesimo marchese di Saluzzo (1495-1528). Stelutis alpinis è un canto friulano: invita l’amata di un soldato morto a raccogliere una stella alpina dalla sua tomba, per ricordo. Tapùm descrive il rumoreggiare delle armi nella battaglia del monte Ortigara (10-25 giugno 1917). Fjol de la guera è una mesta ninnananna per un orfano di guerra. Gorizia, tu sei maledetta fu censurata all’epoca, per la rabbia che esprimeva contro gli alti ufficiali. La leggenda del Piave è un classico; il generale Armando Diaz la considerava “più di un generale”, per la capacità d’incoraggiare i soldati. La canzone del Grappa nacque da una scritta anonima: “Monte Grappa, tu sei la mia patria”. La campana di San Giusto ha un sapore irredentista.
            Non sono mancate letture poetiche: i celebri versi di Giuseppe Ungaretti (1888-1970) e quelli dialettali di Sergio Gianani.
È seguito il lungo elenco dei caduti manerbiesi nella Grande Guerra. La Preghiera dell’Alpino e il canto Signore delle cime hanno concluso la commemorazione. Per non rimandare a casa la cittadinanza nella malinconia, gli Alpini hanno invitato i presenti a un rinfresco: con la consapevolezza del ricordo, prosegue la vita.

Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 138 (novembre 2018), p. 15.

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