Passa ai contenuti principali

Tre Magi e una capanna

Il 6 gennaio 2017, com’è di rito, ha portato a Manerbio l’arrivo dei Magi. Il teatro è quello consueto di Piazza Italia. Lì, era già allestito il noto presepe di Lino Filippini, collaboratore della parrocchia di S. Lorenzo Martire: una Natività a grandezza naturale, circondata da teche di vetro con statuine mosse da un meccanismo. In linea con la pastorale di Papa Francesco, il presepe era stato dedicato al tema della misericordia. 

            Il giorno dell’Epifania, la piazza si è ritrovata decorata dalle bandiere rappresentanti le nazionalità esistenti su suolo manerbiese (circa una quarantina), più altre recanti i loghi delle Giornate Mondiali della Gioventù, i colori della “Pace” e quelli di Città del Vaticano. Ciò serviva a sottolineare il carattere particolarmente universalista della festività: la manifestazione di Cristo ai popoli di tutto il mondo. 

            Nel pomeriggio, la Sacra Famiglia di statue è stata sostituita da una in carne ed ossa: una giovane coppia ben nota all’oratorio “S. Filippo Neri”, con un bimbo di sette mesi. Accanto al sacro, il Gruppo Alpini si occupava del profano: vin brulé, tè caldo e dolci natalizi, a scopo di ristorazione e raccolta fondi. Al centro della piazza, ardeva un provvidenziale fuocherello.
            Il parroco don Tino Clementi ha guidato la preghiera dell’assemblea, in attesa del momento culminante: l’arrivo dei figuranti vestiti da pastori, soldati romani e (soprattutto) Magi coi doni. Fra questi ultimi, c’era anche l’organizzatore del presepe, il suddetto Lino Filippini. È stata così ricostruita l’offerta di oro, incenso e mirra, accompagnata dai commenti dell’arciprete. Al contempo, sono stati depositati nella capanna doni assai meno simbolici: borse di generi di prima necessità, destinate alle famiglie bisognose di Manerbio.
           
È giunto poi il momento di consegnare un simbolico riconoscimento (formelle rappresentanti scene natalizie) agli esecutori dei presepi più belli; tra i fortunati, c’era anche la Civica Associazione Musicale “S. Cecilia”.

            La sacra rappresentazione si è conclusa con l’invito a godere del rinfresco offerto dagli Alpini. Anche Sacra Famiglia, pastori, legionari e Magi non hanno disdegnato di passeggiare tra i “festeggianti”. Del resto, la magia del presepe vivente consiste nel rendere carne lo spirito.



Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 116 (gennaio 2017), p. 13.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio