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Vincenzo Calò intervista Sergio Messere

Sergio Messere… 


Sergio Messere ha 44 anni; diplomato in elettronica industriale, lavora dal 1991 come tecnico di settore in un centro di coordinamento e supervisione delle reti Mediaset.

Nel 2002 ha conseguito il master in marketing e comunicazione presso il consorzio interuniversitario FORCOM, presentando la tesi “L’impresa televisiva e orizzonti futuri”.

Cura un blog su Libero, Giorni strani, dove affronta argomenti di vario genere, e una Community su Google Plus chiamata Scrittori in erba.

E’ appassionato di letture del paranormale, romanzi classici, tennis, cinema e viaggi.

Da circa 20 anni la mente mi veicola la voce e il profumo di Laura, una creatura diafana,  forse appartenente a un’altra dimensione… mi consola, mi conforta, m’incoraggia nella scrittura: la considero come uno spirito guida”

Da qui l’idea di un romanzo thriller e distopico: Generazione oltre la linea, ambientato nel 2040; la pubblicazione è avvenuta nel Luglio dell’anno scorso con la Prospettiva Editrice di Civitavecchia.

Nel luglio 2014 ha pubblicato le poesie della Tetralogia degl’Inquieti nelle antologie Forme liquide e I glocalizzati, per opera della deComporre Edizioni.

Attualmente sta lavorando al secondo romanzo, un misto di thriller e amore, orientato su personaggi più “maturi”.

Sta inoltre valutando la pubblicazione della raccolta omnia di trentasette poesie, suddivise in sette aree tematiche. 


Sergio, dove denoti della dignità narrativa?

Laddove l’autore mantiene una coerenza di fondo, e, non meno importante, segue un proprio percorso senza scimmiottare modelli narrativi commerciali prêt à porter.

Gli autori emergenti cos’hanno da denunciare?

Beh, anche se trattasse fantasy (come il mio romance), un emergente dovrebbe sempre essere testimone del proprio tempo; quindi dovrebbe denunciare le ingiustizie e far riflettere sulle incongruenze della nostra società. In particolar modo, io sono molto sensibile alle tematiche degli Ogm.

L’esigenza culturale rischia ancora la deriva ideologica?

Sì, se rimaniamo ingessati sulle nostre posizioni, e ci contrapponiamo puntualmente al nostro interlocutore di turno. La politica docet. E il problema non è da poco, perché la “cultura”, in senso alato, essendo una manifestazione della nostra identità, in qualche modo rientra anche nella vita sociale e nelle nostre scelte. L’ideologia non ci deve accecare.

Non credi che molte riviste letterarie s’inabissino nei discorsi d’umanità, di valore oggettivo?

L’oggettività è una dimensione figlia del realismo, e una rivista letteraria non deve mai cadere in questo errore: bisogna dar spazio anche alle istanze opposte, quelle idealistiche, che fanno sì che un oggetto sia un qualcosa di diverso dall’aspetto naturale, conferendo potere alla coscienza del singolo.

V’è un problema solido di risparmio della parola, d’eccesso di sintesi?

Dipende dal contesto dove ci si muove; a volte la sintesi può essere più efficace se non addirittura necessaria. In un contesto di romanzo, invece – nell’approfondimento di personaggi e stati d’animo, sfumature e contraddizioni –, la sintesi sarebbe come un colpo d’accetta.

Ma il potere di programmare chi lo detiene davvero?

In tal senso, penso che i politici abbiano il compito primario. Ma poi tutti dobbiamo fare la nostra parte attiva, dagli insegnanti ai genitori sino ad ognuno di noi.

L’ultima volta che sei risultato assente?
Dopo che avevo svolto il turno lavorativo di notte! Ihihihi

E’ mai capitato di risultare tale alla luce di una bella notizia…?

Devo rovistare fra i cassetti della mia memoria: la presenilità incombe.

Sei mai andato a ruba…?

C’è stato un periodo in cui frequentavo i blog di Libero, dove avevo frequentissimi scambi con i colleghi blogger. Si percepiva un gran fermento ed entusiasmo, anche perché si parlava di qualsiasi argomento. Poi ho dovuto giocoforza concentrarmi sulla scrittura. Dovrei clonarmi.
Comunque, posso asserire che i “rapporti virtuali” sono davvero un microcosmo a sé stante.

Grazie a Roma Capitale Magazine, buone letture a todos e vi sollecito a salire a bordo del folle casale oltre la linea di Sir Gabriel! Forse Camus ci sarebbe salito volentieri, senza alcuna esitazione… J


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… Generazione oltre la linea (ed. ProspettivaEditrice) 


Tornando da un domani che non deve morire mai, lucidi il ricordo del tempo che parve fermarsi, in periodo autunnale, per permettere di forgiare persone con la voglia di vivere, sforzandosi a riflettere s’una condizione al dir poco umana, fino a rimanere travolti dalla propria sensibilità e non accorgersi di muoversi in un riferimento irraggiungibile all’apparenza.

Con questo romanzo (scritto in modo trasognante, ma che non si rivela leggendolo moccioso affatto, cioè lungi dal fenomeno “letterario” imposto da Federico Moccia, tanto caro agli adolescenti) riesci ad apprendere come condividere un qualsiasi sentimento, per consolidarsi come snodo collettivo, e provocare a tal punto da smontarne le forme, brillanti dacché misurate, con l’esperienza ben dosata da una specie d’insegnante che ci tiene all’autenticità delle emozioni.

Si agisce in maniera spudorata, dirigendo respiri conquistati, da sviluppare, per andare a genio all’ennesima potenza percorrendo appieno delle vie banalizzanti un popolo, addentrandosi in un paese che non si stanca di attrarre chi non riesce a cercare del disagio dentro sé, garantendo contatti per un intelletto al naturale, col mare che stuzzica la vista serenamente, in armonia col resto della dote terrena.

E’ possibile immaginare almeno un individuo in grado di ascoltarti per recitare in fondo la sua parte, quel senso di trasporto convincente perché rinnovabile, con la depurazione delle dinamiche di autonomie minuscole ma rispettabilissime, a comportare l’atmosfera adatta per ogni occasione, e dunque anche acquisti e vendite di prodotti rievocanti il progresso, bello che inteso.

Siamo a Siagora, una località situata nel viterbese, apatica a prima vista ma capace di custodire delle potenzialità inesauribili; dove i giovani vengono incentivati a dettare legge, a dare il buon esempio sotto il sole sferzante dell’occidente, avendo osservato tutto ciò che ha fatto la Storia, per orientarsi al minimo passo in avanti, e incantare con un marchio affisso come lo si vuole.

Per ricominciare a socializzare recuperando la dignità distrutta da una crisi economica che ti stava prosciugando l’anima, portando appresso assolutamente un’arma da difesa multiuso e un argomento su cui discutere, senz’alcuna riserva e cullati dall’ingegno che va semplicemente determinato.

All’inizio la voce narrante, un ragazzo che s’impegna nell’aderire alla propria carta d’identità, si lascia affiancare da due cari ma non affidabili compagni di scuola, ossia da un delirio di grandezza che non si lascia disattivare, che risponde al nome di Roland, e da Alessio, un finto buono, coinvolgente quando riprende a realizzare la sua cattiveria.

Far girare inversamente la ruota trattando un fatto di cronaca, e rendendo incompetente così chi di dovere, è il piano che riesce perfettamente, da non venire mai giudicati in positivo; ma poco o nulla importa se occorre sincerarsi sulla libertà della ragion d’essere, frequentando magari un ente speciale per quanta materia prima andrebbe riproposta, purché posseduta non badando troppo al caso, e quindi senza oscurarla illuminandoti, per paradosso!

Già, con la mente da sempre elabori idee spiazzanti, sapendo che prima o poi ti tradirai.

Ne deduci che il proprietario del ritrovo sia un incallito turista, con l’apprensione tipica del genitore verso i figli, in giro a vivere le epoche, convinto che si debba emergere densi d’interessi percepibili, da far connettere a un battito animale, come se costretti a inseguire quel che si vuole, ma consci ch’è arrivato il tempo di faticare per creare una forte immagine, senza preoccuparsi di come si debba cominciare, di quant’è difficile riconoscersi negli altri, avendo a disposizione la libertà di significare una svolta radicale, concretamente, per l’umanità da rilanciare, smuovere, partendo da una zona costiera che volge al mar Tirreno…!

Si può diventare artefici di un avvenimento senza precedenti, non ritenendosi per forza speciali, facendo comunque attenzione a pregare a un Dio comune, perché l’ambizione consiste nel far nascere un consigliere fidato che abbia cura di sé, non recando alcun ostacolo alla fantasia indiscussa al momento d’osservare un solido sistema aggregante, fedele ai doni della terra, preparatissimo per stimare visite pazienti al fine ultimo di qualsiasi forma di sviluppo tendente al rialzo di un agire gentile.

Per stare bene di base basterebbe prendere spunto dai colossi orientali, che, come freddi calcolatori di sentimenti, appassionano fregiandosi di un utile per mezzo di cooperative ben compatte e focalizzate per esteso, premianti per la reperibilità di beni riproducibili con una manodopera altrettanto sofisticata, da lasciar presupporre l’inaudito positivamente; invece di essere alle prese con misteriosi assassini di talenti rassegnati alla strumentalizzazione e per giunta impuri, un male che si oscura dando risalto al superfluo degli eventi, rendendoci incapaci di elaborare qualcosa di buono alla luce di un contenuto.

Superato il 2030, non si smetterà d’ignorare gl’ingredienti utilizzati per una pietanza insaziabile, scagliando allegria senza accorgersi di come siano visibili le nostre debolezze, e se sceglierai di non prendere lezioni di vita allora sarai obbligato a studiare all’Università in maniera insensibile, inghiottito dalla furia della gente che non vuole essere presa per il culo, da perfetta disincantata.

Sembra di stare al Grande Fratello, ossia a sporcarsi di un piacere eccezionalmente fisico, tra soggetti schedati, che si sbranano tra di loro per una descrizione caratteriale, per non aver gustato un boccone di gioventù… con l’augurio di fare squadra e sorprendere un intero pianeta passivo, ma dove c’è vita, spremendo le meningi per non avvantaggiare le vecchie generazioni.

E’ necessario comprendere ch’è indispensabile seguire elementari norme; i ragazzi se non vogliono trovarsi in difficoltà, aspirando a delle competenze a scanso di equivoci, devono ricompattarsi, altrimenti verranno trafitti dalla loro stessa foga, rinunciando per stanchezza derivata a una concezione del fare che non si smette d’impreziosire ripulendola, con limiti accresciuti dalla semplicità del rimanere sorpresi, infrangibili per una sapienza tutta da utilizzare, come per un’autorevolezza posseduta da perfetti incoscienti, confrontandosi su valori che non passano mai inosservati, nonostante la frantumazione interna a codesti, imperturbabile.

Aggregazioni di questo tipo, dette Uei, godono di una forma di gestione ricavabile senza dipendere l’una dall’altra, in base a dei ruoli assegnati in modo distinto, per la buona riuscita delle attività produttive, dell’istruzione e della sicurezza suppergiù militaresca, affine a una data zona; con in dotazione una struttura più che adeguata per prepararsi in vista di frequenti e diverse prestazioni sportive, apportando cure mediche per ogni evenienza.

E’ bello notare come l’associazionismo determini l’orgoglio d’appartenere a una certa civiltà, un qualcosa d’inesistente oggigiorno, segno che l’umanità è in grado d’evolversi senza tralasciare le sue menti rassegnandosi alla contorta prosecuzione degli eventi.

Può capitare che la tecnologia influisca sui peccati di gola,  facendo emergere della conflittualità tale comunque da ricordarsi che viviamo per motivare a tutti gli effetti della sacrosanta, dacché imperdibile, curiosità, con metodiche buone o cattive, al fine di colpire e centrare quanto sognato, condividendolo magari; purché ci si soffermi sulla psiche prima di spiegare come andare sul pratico.

Il luogo condiziona ulteriormente la fragilità di coloro che dovevano divertirsi abitandolo, allo show si assiste non travisando cotanto intento.

Attenendoti alle applicazioni moderne maggiormente dispendiose sfrutti il privilegio di consolidarti a un livello emotivo, per provocare scompensi alla natura umana, avere successo, senza accontentarsi d’aver partecipato, tra il serio e il faceto.

Il problema è che l’intrattenitore, che si chiama Gabriel, risulta inaccessibile, sostenendo serenamente come sia irraggiungibile; allora tanto vale pensare come conquistare l’interesse del sesso opposto, respirando la dimensione che ti eri attribuito, constatando l’impossibilità di debellare una pena almeno, pur sconvolti da ripercussioni storiche e tendenziose, dovuta probabilmente dal fatto che sta venendo meno il gusto di reagire da contadini o d’avventurarsi improvvisamente combattendo, pagando con il proprio sangue.

E vallo a dire a una Laura, così amabile da destare nient’altro che comunicazione, girando e rigirando la probabilità di sforzarsi a essere degli eroi in termini di solidarietà, al tramonto di una palla infuocata, che amplifica un paesaggio energizzato col sentimento prossimo alla confidenza più intima, confessando d’avere un riferimento inesauribile, un riempitivo per maturare all’occorrenza; con l’atmosfera bloccata per dichiararsi colpevoli o innocenti, stupidamente.

Siamo legati all’ideale scandito dalla persona che approfondisce, ma che magari ha deciso di esaltarsi per sempre senza alcuna soluzione di ritorno, rinunciando alle sue umili origini, a portata di mano.

Il sole calando del tutto per poco meno di un attimo c’illumina di un verde da compensare affermando un disavanzo personale, nel cuore di Monica & Alessio; rapiti dalla descrizione infinitesimale di un contesto logistico, per essere percossi dalla trasparente fomentazione dell’intelletto, che non sembra fermarsi, scomodante in testa ma armonizzante al seccare della quotidianità, a scapito della consistenza del nostro essere, a riprova di un’efficacia d’affascinare per quello che siamo, ossia un’invocazione da estendere, che squarci le ingiustizie da sfidare svuotando la fede che serbiamo per un’entità nuova, toccando il parlato (solo, per quant’è significativo).

E’ solito prestarsi allo stupefacente, dando manforte a stranezze sull’orlo della censura, in posti proclamati consoni a ciò e senza arrecare quindi troppo disturbo, avvantaggiandosi per mezzo dell’attribuzione di un compito, forse arduo per dell’orientamento che presupponeva una sorta di aridità interiore, come a imporre dei comandi al mistero della crescita dell’individuo.

In silenzio svanisce l’inconcludenza di un contatto oltre la pelle, foriera di assistenze per niente terapeutiche.

Per principio d’intrigo, il conforto che suscita la dimora, una casa di campagna da mantenere cara in ogni angolo, va a braccetto col caos di una gioventù da rendere eccezionale, con scorrevolezze e dinamismi sconosciuti a travolgere programmi che sembrano prefissati; merito della perspicacia di un uomo navigato qual è Gabriel, che chiede che ci si rimbocchi le maniche per essere portati un giorno a fare ciò che si vuole.

Motivarsi per imprescindibilità di scopo terreno, selvaggiamente, a costo di rinunciare all’ego, e di venire fottuti da un collettivo magari incapace di ambientarsi, è davvero giusto?

Eppure paradossalmente la sfortuna può migliorare le singole osservazioni, per sconfinare, in base a una dimensione da colmare con l’intensità di un gesto come quello di donarsi oltre le apparenze, e non sentirsi disintegrati.

Se un’allegra brigata diventa insostenibile allora a farne le spese è il più abile esaminatore degl’ingranaggi altrui, la cui punizione consiste nell’attraversamento alla cieca dell’odio che si prova per alcuni coetanei che si nutrono in eterno di una definizione: “sfigati”.

Costui riesce a contemplare la massima fiducia acconsentita per evolversi in maniera solidale, da una generazione disadattata, di benemeriti viziati, di soggetti intrappolati da una sorte da far mutare, rimpastando giudizi a vigor di logica morente, affezionati a un malessere di tempo imbattibile, attuale.

Il compimento di un ideale è così invisibile che secondo l’insegnante si ha modo di procedere rievocando sacrifici indiretti per un virtuosismo che induceva all’esplosione dei sensi nelle festività, in un contesto esclusivamente popolare.

Gabriel accumula sospetti su cosa rappresenta, per poi finire a premiare coloro che sono svegli per stuzzicarlo, stando nascosti nella voglia di praticare un mestiere oramai dimenticato, per alleggerirlo cercando complicità inesauribile, sfoggiando una propensione allo sport coinvolgente.

Sembra esagerare, in un futuro da evidenziare disponendo di strutture per confrontarsi in modo sano e di pause sublimi, con letture che come minimo accontentino, e un’idiozia incrollabile, da scalare, permettendo passatempi ingiuriosi, grazie ai quali si constata il privilegio di assumersi una sessualità, per svariare nelle vicinanze di un azzardo che non ti annienterà mai, prossimi a sfidare il buonsenso, posseduti dal protagonismo, con l’orrore di offrirsi gratuitamente alla gente che si autocelebra per una passiva conduzione del disamore.

Un ordine corrisponde a un avvertimento, mentre serenamente mastichi un dolce di sola droga, movimenti l’inquietudine dei se e dei ma che strattonano le opportunità di alzare la testa, coi propri mezzi che ti rassicurano sulle conquiste da fare, respirando sportività.

Occorre distinguersi per andare d’accordo con gli altri, non ci si può ritenere mai del tutto soddisfatti, finiresti a impigrirti in un niente, travolto dalla fragilità che ti riservi.

Menomale che c’è Gabriel ad attrarre il moto confidenziale, con una voglia d’andare avanti imperscrutabile, chiudendo una sorte che sembra avversa per com’è ampia e primeggiante, e se ci caschi allora sappi che non sanno vedere coloro che poi provvedono a punirti, con il resto della compagnia chissà se perennemente ignara (che acconsente ugualmente!), come a riscattarsi per una bruttezza estetica a completare una verità d’Anima fredda, permissiva al godimento che non ti aspetti, provato in modo ristretto ma amplificante.

Arrivati a ciò, non si prova più pietà per il diverso, ma per paradosso diventa inaccettabile non lasciarsi prendere da un vortice solidale: ne scaturisce la forza delle alleanze, estremizzante, che traspare sul tardi.

E pensare che non ti accorgi di come si possa degenerare in un momento sancito proprio per quella libertà di peggiorare, di come sia incalcolabile la superficialità, di come s’è letteralmente incoscienti!

Dovendo stare sereni, ripartendo dal fatto che nessuno ha l’esclusiva per dettare legge, che la pazzia implica carisma sempre e comunque per comprendere che nessuno è meglio di te, coerente per un certo grado d’onestà.

Ed è così che puoi massimizzare la psiche e invertire le pene che sembra t’abbiano inflitto per una sorta di razzismo tutto da scovare.

L’incanto te lo porge chiunque purché si sappia dare un senso di grandezza come di protezione, emergendo come soluzioni misteriose, in base a delle abilità da confrontare piano, col buongusto da riconoscere rispettando chi succederà a te, emozionando col coraggio di non ridicolizzarsi dinanzi alle patologie, a quello ch’eravamo per affetti che crediamo non possano durare, in quanto la sensibilità viene centrata ritrovando scelte e combattimenti che si finge d’avere dimenticato, con la furbizia essenziale per realizzarsi.

I ragazzi non riescono fondamentalmente a detestare chicchessia, incorporando una casistica che tende all’insopportabile, una specie di privilegio che sorvola chi non accetta d’avventurarsi ed è invece alla ricerca disperata di un vanto insaziabile, fin troppo visibile, credendo di respirare a pieni polmoni del benessere mentre si disintegra la mente e parla male in forma avveniristica.

Chiamasi Silvano tale individuo, in tutta la sua tossicodipendenza, che non se ne sta affatto solo, irriducibile nel volere il totale del Creato calcolato a ridosso di un’angoscia latente, determinante.

Al momento di spiccare il volo ci si carica d’agitazione, trattasi di un’impressione che al procedere di ogni atto illuminante lascia il posto regolarmente a un sentimento forte e piacevole, che intensifica e intenerisce, non più abbandonabile una volta che si riscende a terra, a constatare ch’è errato ritenere in generale le competizioni, dall’accanimento fisico contrastante, dei cattivi esempi di scollamento dal principio dell’uguaglianza fra i popoli, soliti a pensare suggestionati dalla conseguenza e basta.

Succede eccome d’assistere al compimento di un qualsiasi gesto per sentenziare d’istinto, d’essere quindi in uno stato d’inferiorità, senza dare tempo per la messa alla riprova di una concezione strumentale, palpabile, avendo appurato che la spregevolezza e la finezza si sono mischiate, costituendo una teoria politica cancellabile dall’attualità (e non v’è dimensione territoriale che tenga), per consultare nient’altro che Gabriel, un uomo sconosciuto, convinto che il consumismo è agli sgoccioli, di cui fidarsi giocoforza, alla minima piega dell’inappuntabile pigrizia sollecitata sapendo d’aspettare un accenno di fede o d’illusione, il ché vuol dire anche rischiare di restringere il raggio d’azione alla prima grande opportunità per realizzarsi.

Il luogo in cui si dimora sembra irraggiungibile, sei cittadino del mondo, ma non ti preoccupi delle ribellioni, sia pacifiche che violente, dell’avanzare di un processo alieno, o di fare parte di un film dagl’improponibili effetti speciali.

Si sta per costringere l’umanità ad accendere la propria luce spartendo per bene l’appetito, non più ignari di come si possa esaurire un cambiamento epocale, ossia a causa della mancanza di un progetto dettagliato e di un modo di governare che non ledano le dignità delle persone comuni.

Occorre comporre una situazione da esporre chiaramente, conoscendosi l’un per l’altro, anche se ricordare a breve distanza di tempo d’aver vinto o perso cosa si dovrebbe mandar giù diventa un’impresa, forse perché di definito prevale l’assistenza ai più bisognosi, oramai resi indimenticabili?

Il ragazzo dalla voce narrante facendo gruppo si prende una posizione poliedrica impensabile, nonostante una spiccata ambiguità arriva ad attrarre il genere femminile che sente di poter ricorrere a una figura intransigente e autorevole, autentica insomma, da cui la collettività in futuro dovrebbe trarne giovamento… assurdo, pensando ugualmente che la sopravvivenza è all’ordine del giorno e che gli esempi di leader che perdono il senno della ragione non sono da trascurare affatto!

Capita lo stesso d’oscurarsi tendendo la mano agl’inganni dolceamari del subconscio, con la probabilità di non riuscire più a scoprire la malafede dell’orchestratore per vendicarsi, e di ammettere d’aver perso per subire il seguente Destino.

I concorrenti di questa svolta, in stragrande maggioranza, trattengono a stento la loro fame di conoscenza, e, convinti che l’ennesima delusione sogghigni dietro l’angolo, una scelta attende d’essere suggellata: se procacciarsi orgasmi, e magari perlopiù sterilizzanti, tra ventenni, o disabilitare un processo industriale, sommario.

Giovani privi di mordente rafforzerebbero come non mai le egemonie odierne, mentre la proposta di ricominciare tutto daccapo è a portata di mano, in una piccola società indipendente ed efficiente, priva d’ostacoli per la capacità d’esprimersi, che travolga l’opinione pubblica; come da bambini, immaginando degli eroi con costruzioni di plastica, ma stavolta impegnandosi a considerare un azzardo per ogni agevolazione, nella misura di una novità che importi al resto del mondo, che deve rimpossessarsi di modalità e strumenti per emergere con piacere, a fronte di un nutrimento dispersivo, sempre e comunque.

Fra vent’anni la contaminazione di un piccolo terreno, se la si accertasse, globalizzerebbe un disastro economico, e garantirebbe perciò l’invasione del buonsenso; con disinvestimenti truci alla minima impressione negativa e una funzione del credito da dichiarare in un battito di ciglia, inaccessibile per i mostruosi operatori del comparto agricolo.

L’ambientazione del romanzo è così fuori dal comune da imporre imprese straordinarie, intramontabili, a soggetti energici se il moto degli eventi (inclusi quegl’irreali, basta che s’integrino degli elementi sinergici!) verte in positivo, al fine di riassettare il genere umano per una forza di volontà che… non per forza va compresa!

Discutibile sì, ma fondata su un piano educativo finalmente assodato, valutato per sincronie, con disamine civili accresciute da studi scientifici smussabili dalle allusioni artistiche.

L’ambizione va riepilogata con una competenza imperturbabile, necessaria per frenare gl’ingranaggi e le intese che s’infittiscono arrecando un marasma espositivo ad atti di fede e di solidarietà, sotto l’aspetto diplomatico e dirigenziale.

Richiedendo della collaborazione si evidenzia l’infinito mutamento, da cui puoi estrarre eccessi di trasgressione; gli sviluppi di uno stato d’animo che riempie un dato comportamento, col nervosismo impelagante, tale da provare a risultare invincibili.

Ma Gabriel non sta nella pelle, non vede l’ora di vivere, e si trova volontariamente degli ostacoli, tiene accesa la mente, con l’intento imprescindibile di formare e spargere consorzi a macchia di leopardo, dalle dimensioni che inducano a dare lavoro in maniera regolare, vincente, per il bene di territori estesi, evitando d’inquinare con macchinari insulsi, in perenne, invisibile movimento, e compromettersi il più possibile.

Perciò è necessario concentrarsi sul salto di qualità di ogni giovane avvicinato, in mezzo alla natura di luoghi illuminati all’inverosimile, ma anche lacerati dall’inconquistabile notte.

Certamente non si scampa dal dolore di crescere, più forte per chi ci resta ignaro sprofondando in una solitudine del tutto comoda.

Arrivati quasi a una decisione d’assumersi, disgregante, ci si convince d’essere finiti per sempre in ballo; le ragazze risultano maggiormente scaltre e pratiche, godendo di autonomie in accelerazione e di orizzonti ampi di conseguenza, ben lungi dai processi per incolparsi a vicenda o dalla violenza espressa per gioco.

I buoni frutti non tardano a spuntare, e te li gusti nella morsa della premeditazione, nella culla di un destino impronunciabile (che rimanda all’inizio del romanzo, rievocante a tratti l’essenza di un film come “Sliding Doors” per esempio), accorgendoti con leggerezza della riconoscenza di un tizio chissà se complice del tuo maestro di vita.

Facendo parte di un nuovo stuolo di combattenti, non più alla mercé di riferimenti e complotti scanditi col freno inibitorio, ci si organizza per fronteggiare l’eventuale ricomparsa di nobili guerriglieri, che si può rivelare nient’altro che una comune, fragorosa allucinazione!

Mentre il mondo di Gabriel coinvolge senza troppa fatica i diffidenti più tosti, ti ritagli amorosi sensi dal desiderio di mescolarti con un’anima di sesso opposto, ti meravigli davvero per la prima volta di come sia trascinante una sosta se contestualizzata dai romantici, a tal punto che le tenebre sembrano calare per proteggere l’umanità conficcatasi in quesiti notevoli, che se non li risolvi allora non ti sai far rispettare.

Per esempio non ti riesci a spiegare come sia possibile congiungere più gruppi di giovani… forse per non smettere di superarsi, favoriti da una condizione di dominio o sudditanza all’occorrenza?

Vieni inghiottito da un essere moltiplicante, da un colorante costituito da fedi diverse, può darsi con obiettivi improponibili, ma che si dischiudono reciprocamente.

Gabriel è certo d’inventare un’istituzione finalmente sensibile al procacciamento di esigenze all’origine, come mangiare, vestire, risiedere e produrre in maniera ecosostenibile; con tre capisaldi che provvedano alla gestione del denaro collettivo, alla coesistenza e alla formazione culturale per contare nel futuro: è per questo motivo che sono stati selezionati i più intelligenti, già, però senza che loro se lo immaginino…!

E, dopo una scrupolosissima ricerca dei pregi e dei difetti con cui si riempiono la testa, non resta che promettere cambiamenti all’impazzata, accogliendo l’universo, ossia quella guerra eccezionale e angosciante, che vede l’Istinto contrastare il Pensiero.

Durante la gratificazione, dà sfoggio di sé un conducente abile a succhiare il sangue di pedine affaticate e stordite, che svaniscono in spiriti liquidabili, travolgibili da supporter più o meno occasionali.

Il successivo giro delle tenebre si affermerà come un’emozione imparagonabile, a consacrare dell’audacia del tutto originale.

Sfilando come esseri che arriveranno al dunque, ci si scambia opinioni su come si dovrebbe dirigere e gestire una e più condizioni civili, ci si riscalda, ma finalmente senza protestare manifestando per limitazioni e negazioni di una dignità impellente; ci si accorge insomma che il ’68 è valso una spiegazione comune, il respiro, che fondamentalizza ma che rafforza anche, di chi ce la può fare ad aggiudicarsi una sfida che mette a dura prova l’espressività, a costo d’imbruttirsi ma senza immaginare d’aver oramai affascinato…!

Il pettegolezzo si colora di attrazioni corrisposte bevendo e fumando.

Le lesioni, superflue e nel profondo, si notano venendo a conoscenza di come un individuo fintamente autonomo, un inconsueto garante dello spettacolo da organizzare solamente per tanti poveri ricchi, possa strumentalizzare la criticità delle nuove generazioni, raccolte per proprio estro e con assistenti fidati e sfuggenti al massimo per chi si ricopre di vittimismo sondabile per illusioni e riflessioni, reali e non; arrotondato quindi per rimbalzare e sbloccare il senso d’orientamento, tanto personale quanto epocale, confermando che i sentimenti sono crudeli ma seguono, nell’impossibilità di ribellarsi, delle rette vie già tracciate, delle scelte che non devi fare altro che percorrere al minimo cenno d’intesa, da trattare come un colpo di scena. 

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                                                                                            Vincenzo Calò




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Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italiana: i