Il Centro per il libro e la lettura, istituto autonomo del Ministero della Cultura, organizza ogni anno il Maggio dei Libri, una campagna nazionale di promozione della lettura. Ovviamente, Manerbio e la sua Biblioteca Civica ne sono coinvolte. Il 19 maggio 2022, si è svolto un incontro con Nicola Fiorin, avvocato penalista e autore di gialli. Di sicuro interesse è il fatto che i suoi romanzi siano “made in Brescia”. Il protagonista, Angelo Della Morte, ha in comune con l’autore il fatto di vivere al Carmine e di essere avvocato penalista. In più, ha una connotazione da “rockettaro antisistema”.
L’incontro è stato ospitato dal
portico del Palazzo Comunale ed è stato moderato da Giulia Brianza, che sta
svolgendo il servizio civile nella nostra biblioteca. Al centro del dialogo fra
lei e Fiorin, c’era l’ultimo romanzo di questi, il settimo della saga dedicata
ad Angelo: Figlio di un assassino (Arpeggio Libero, 2021).
Nonostante l’ambientazione bresciana,
l’idea per la serie gli è venuta grazie a un viaggio in Messico e all’insonnia
sugli affollati bus notturni di laggiù. L’incessante lavoro mentale gli ha
suggerito di trasfondere la propria esperienza di bresciano e uomo di legge
nella narrativa; l’ha fatto nella forma più naturale e congeniale, quella del
cosiddetto “legal thriller”. Del resto, l’autore ama il genere poliziesco sin
da quanto aveva nove anni e seguiva le avventure di Sherlock Holmes.
Come la maggior parte dei gialli
italiani, i suoi hanno un’impronta fortemente locale. Si percepisce il “senso
d’appartenenza”, quello sperimentato da lui e dai coetanei bresciani
nell’infanzia e nell’adolescenza.
Il nome del protagonista è adatto a
un antieroe che non vuol essere preso troppo sul serio, ma è anche un
riferimento al tredicesimo Arcano Maggiore dei Tarocchi: la Morte, intesa come
continuo cambiamento e passaggio di stato. I romanzi della saga vedono infatti
significativi mutamenti nella vita e nella personalità di Angelo. C’è anche
un’eco biblica: la morte è ciò che parifica tutti gli uomini e porta (in questo
senso) giustizia.
Figlio di un assassino tocca una
delle corde più dolenti di questa virtù: la legittima difesa e ciò che la
differenzia dall’omicidio volontario. Come ha precisato Fiorin, bisogna trovare
le “scriminanti”: termine tecnico per indicare le differenze sopra accennate.
In casi simili, bisogna fare i conti anche con il plauso popolare verso chi
uccide ladri e aggressori – cosa che fa sconfinare il caso legale nel dibattito
politico sulla sicurezza.
Nel romanzo, Angelo si trova a dover difendere un architetto che ha ucciso un ladro, nonché aggressore della moglie incinta. Sembrerebbe un evidente caso di legittima difesa; inoltre, il reo è un eroe agli occhi dell’opinione pubblica. Bisogna però fare i conti con quanto scoperto da Lorena Locatelli, sostituto procuratore: il cliente di Angelo è sorvegliato dall’antimafia… Che ci sia di più, dietro la versione ufficiale del fattaccio? Lorena è determinata a portare alla luce la verità, anche a costo di andare contro una giustizia pigra e un ambiente di lavoro fortemente maschilista.
Figlio di un assassino è intriso
di un trauma generazionale, quello di chi ha scoperto “una seconda Italia”,
dietro quella felice e benestante: l’Italia delle stragi di Capaci, di Piazza
della Loggia, di Piazza Fontana. Un’Italia che (come Lorena) si trova a dover
scegliere tra la verità e la versione di comodo. Su tutto questo, riecheggiano
le note di Sangue impazzito dei Timoria, uno dei brani amati dai rocker come
Angelo e che sono capaci di dare voce a un tormento collettivo.
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