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Di qua di là del Piave… cent’anni dopo

ricordo dei caduti centenario della prima guerra mondiale manerbio
"Di qua di là del Piave..."
Ricordo dei caduti nella chiesa parrocchiale
di Manerbio (BS)

Nel 2018, cade il centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale. Manerbio l’ha ricordato con un concerto canoro, il 26 maggio. S’intitolava “Di qua di là del Piave - Ricordo di tutti i caduti a cent’anni dalla fine della Grande Guerra”. Era nato dalla collaborazione fra il Comune di Manerbio e la parrocchia di S. Lorenzo Martire, insieme al Coro Sotto la Torre, alla Civica Associazione Musicale Santa Cecilia e all’USCI (Unione Società Corali Italiane) - delegazione provincia di Brescia. Corrado Zorza ha eseguito gli accompagnamenti all’organo e al pianoforte. Claudio Bertolini ha diretto i canti. Daniela Capra presentava i brani, mentre i testi e i commenti introduttivi erano stati curati da Annalisa Dotta. 
            La prima parte della serata si è svolta nella chiesa parrocchiale. Il coro “S. Andrea” di Cignano e il coro “S. Martino” di Cigole hanno intonato “Tu solus qui facis mirabilia” di J. Desprez (1450-1521): un inno a Dio come unico oggetto d’adorazione, in contrapposizione con gli interessi e gli attaccamenti che generano le guerre. Delle tante versioni dello “Stabat Mater”, canto sul dolore della Madonna davanti al Crocifisso, è stata eseguita quella di Z. Kodály (1882-1967): si riferiva al lutto di coloro che persero i propri cari. A cori uniti, sono stati cantati: “Libera me Domine”, dal “Requiem in re minore” di Gabriel Fauré (1845-1924), con la voce solista di Ivano Maggini; “Lacrimosa”, dal “Requiem in re minore” di W. A. Mozart (1756-1791); “Pleni sunt coeli”, dal “Te Deum in re maggiore” di M. A. Charpentier (1634-1704). Quest’ultimo pezzo ricordava il sollievo con cui fu accolta la fine del conflitto. 
"Di qua di là del Piave..."
Ricordo dei caduti nel palazzo comunale
di Manerbio (BS)
            Poi, cantori e pubblico si sono trasferiti nel portico del palazzo comunale. Qui, il coro “Sotto la Torre” ha proposto i canti popolari per i quali è famoso. I pezzi introduttivi letti da Daniela Capra, stavolta, erano tratti da lettere dei soldati ai familiari, o da brani letterari d’epoca (per esempio, di Ungaretti o di Malaparte). All’ingresso del palazzo, erano esposte alcune divise d’epoca, per gentile concessione d’un collezionista.
 “Tante putele bele” è un brano tradizionale trentino (armonizzato da L. Pigarelli) che esprime il rimpianto dei soldati per la separazione dalle loro donne. “La tradotta” (arm. da G. Malatesta) parla dell’ecatombe di giovani sulle rive del Piave. “Il testamento del capitano” (arm. da L. Pigarelli) canta il desiderio di un alpino: far suddividere la propria salma fra le persone e i luoghi amati, per appartenere totalmente a loro anche dopo la morte. “Fjol de la guera” (di Giorgio Susana; testo di Gianfranco Salatin) esprime l’attaccamento alla vita nel bel mezzo dei combattimenti e la sorte di un orfanello. “Era nato poveretto”, canto tradizionale del Nord Italia (arm. da A. Benedetti Michelangeli), è riuscito a strappare un sorriso: “Se vuoi vincere la guerra,/sia per mare, sia per terra,/fa’ in maniera che i cannoni/siano pieni di maccheroni”.
            È seguita una serie di canti a cori uniti. “O Gorizia, tu sei maledetta” era il più apertamente esasperato contro il prolungarsi di una guerra logorante. “La Canzone del Piave” (1918) era il noto brano di Giovanni Ermete Gaeta, che ricordava il ruolo svolto dal fiume eponimo come scena di battaglie fra l’esercito italiano e quello austro-ungarico. Di G. Drovetti e C. Arona era “La campana di San Giusto” (1915): quella che suonava da un colle sopra Trieste e che fu perciò cara agli irredentisti. La conclusione è stata affidata all’inno di Mameli. Un suggestivo fuori programma è stato “Signore delle cime” (Bepi de Marzi, 1958). Per non congedare gli ascoltatori in lacrime, è stato condiviso un rinfresco nel giardino comunale.

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