Passa ai contenuti principali

Lettera a Steph


Gentile Stephenie Meyer,
mi scuso se, d’ora in avanti, ti darò del “tu” e ti chiamerò semplicemente “Steph”. Perché non riesco a vederti con più di diciotto anni e lontano dai banchi di scuola. Mi permetterò anche di parlarti nel mio “idioma gentile”, che hai mostrato d’apprezzare. Anche se la tua “Italia” sarebbe credibile solo nei peggiori drammi elisabettiani e, con tutte le sagre popolari che abbiamo, ti sei presa la briga di inventarne una improbabilissima e kitsch.
            Nelle postfazioni (o per bocca del tuo alter ego Bella Swan: io non riesco a non vederla come tale), insisti sulla tua “follia”. Mi spiace, ma ho la presunzione di doverti deludere. Sarai pure incline allo zombie humour, ma Twilight e tutta la saga connessa non ne dimostrano uno maggiore di quello d’un’adolescente malinconica e sognatrice. Tanto di cappello alle adolescenti, anche se, in questo caso, parliamo di una che è madre di famiglia. La tua “follia” finisce qui.
            Ma non ne hai abbastanza per essere una vera autrice di romanzo gotico. Men che meno per generare vampiri autentici. Tu sei ancora la “Steph” che aspettava il Principe Azzurro, che si rifugiava nei sogni letterari e aspirava con tutta forza a una realtà fiabesca e “superiore”. Bella Swan ti fa immaginare così.
            Invece, il vero scrittore di vampiri non ha un cottage romantico in cui rifugiarsi. I suoi nervi sono scoperti e crudeli. Avverte, con precisione implacabile, la fatica d’ogni singolo respiro, le urla soffocate delle pulsioni sotto la giacca o il giro di perle. È il profeta del "disagio della civiltà". Ha una sensualità innocente e perversa; è perverso perché innocente e innocente perché perverso, dato che la Verità assolve solo gli “sbagliati”. Dietro il suo viso pulito, si macera tutto l’inferno dei viventi. È dannato solo perché Uomo e consapevole d’esserlo nonostante tutto. Il “tempo” è per lui un’espressione senza significato; eppure, ha più ricordi che se avesse mille anni. Come nello Spleen di Baudelaire, la sua noia prende le proporzioni dell’immortalità.
 Se non hai mai sentito come fascinosa –almeno una volta- l’idea di morire svenata, come gli antichi stoici, non puoi generare vampiri. Se non hai mai avvertito quanto sia cannibalico il fondo d’ogni affetto sincero, non riprendere la penna in mano. Riusciresti solo a creare oppio di pessima qualità, utile a bambinizzare ciò che d’infantile non ha nulla. E, diciamo, ciò che tu hai fatto rasenta il sacrilegio. O ciò che ha fatto il mercato editoriale, svendendo sogni di ragazza che avevano pur la propria ragione d’esistere. Forse, mia Steph, anche tu hai subito un sopruso. Ma è stato un sopruso dorato, quindi non piangerò su di te. Mi limito a parlarti come avrebbe fatto Charles Bukowski: non scrivere più di vampiri. Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo.
Tua Erica

Commenti

  1. "Riusciresti solo a creare oppio di pessima qualità, utile a bambinizzare ciò che d’infantile non ha nulla. E, diciamo, ciò che tu hai fatto rasenta il sacrilegio."
    Colgo l'occasione per raccontarti che ho visitato, settimana scorsa, una mostra dal titolo "Dracula e il mito dei vampiri" alla Triennale di Milano. Non ho potuto fare a meno di pensarti. Non sono una fanatica di questo genere di letteratura, ma non nascondo che l'ondata di revival succhiasangue che ultimamente si sta sollevando suscita il mio interesse. E', in effetti, una mostra seria, ben documentata, con un taglio storico e diverse chicche in esposizione: trattati medici 700eschi sul fenomeno del vampirismo, resoconti storiografici sulla figura del voivoda Vlad Tepes (un volume viene dalla biblioteca comunale di Piacenza!!), c'è persino la splendida armatura rossa che indossa Gary Oldman nelle prime scene del film di Coppola (!!!), manoscritti, mai esposti in precedenza, di Bram Stoker, una serie di tavole a fumetti di Crepax (che suscitò, non lo si negherà, una mia gioia compulsiva).
    E' una mostra che parla delle origini di questo curioso fenomeno, della paura ancestrale del popolo per epidemie e situazioni che la scienza ancora non spiegava. Dell'ostilità per un'Europa orientale che appariva barbarica e retrograda anche nell'Età dei Lumi, e il modo in cui Bram Stoker colse questa tendenza nelle sue pagine.
    Per citare te, cosa c'è d'infantile in tutto questo?

    Mi permetto invece di citare uno spunto offerto dalla suddetta mostra: "Nella società liquida, il post-vampiro perde la sua diversità e diventa simile a noi - Zygmund Bauman o Richard Sennet?" - sotto, un'immagine di Edward dal film di Twilight.
    In questa luce, anche l'opera della Meyer acquista un valore per il modo in cui incarna un modo d'essere della contemporaneità.
    Resta il fatto che la saga è un prodotto piuttosto scadente - non ho letto i libri, ma ho visto il primo film ED E' BASTATO, puah!
    Pur partendo da un'idea che personalmente trovo molto brillante (ne abbiamo già parlato, ricordi? di come il vampiro sia una specie biologica, e la sua bellezza tormentata sia parte di una natura di predatore, fascinoso per attrarre la sua preda d'elezione, l'uomo. Una condizione subita: Edward è schiavo, come noi, di quella che si potrebbe considerare una condanna dell'evoluzione) troppo indulge alle scenette adolescenziali da college.
    Un bacio e brava brava (anche per l'ultimo, vampiresco, racconto che mi hai mandato, "Ferite". Mi è piaciuto davvero tanto).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Elena, la tua premura è sempre deliziosa e te ne ringrazio. Della mostra sapevo bene, eh eh... Sto solo aspettando la congiuntura ottimale per farci un salto col mio uomo... ;) Nel frattempo, mi sono documentata con la lettura dei saggi di Matei Cazacu e Clive Leatherdale... ;)

      Elimina
    2. non posso essere d'accordo con la questione della società liquida... Credo nei miti e nelle storie come pezzi fondanti dell'umanità. Ed è chiaro che il Vampiro ha una simbologia forte, precisa ed importante. la sensualità ha il suo ruolo, ma è subordinata al Sangue. è la sensualità del predatore, il rischio, il pericolo, l'attrazione autodistruttiva. E il Vampiro, a sua volta, è grande nel male, tormentato, bisognoso e romantico ma distruttivo.

      Togliergli le zanne, disarmarlo, renderlo un patinato sogno da college con qualche tormento puramente di formalità, è inquinare ed annacquare l'inconscio collettivo. è tipo un crimine contro l'umanità, a modo suo.

      Ma lo so che sono un estremista, non fateci caso a me.

      Elimina
  2. Anche se il post è datato, colgo l'occasione per concordare con quello che hai scritto e per salutarti! (tra vere e proprie parentesi: i colori del tuo blog sono deliziosi!)

    Da quanto ho capito affermi che Steph non dovrebbe più scrivere di vampiri, perché non ne rappresenta il vero mondo del quale fanno parte. Io non l'ho mai considerata una scrittrice in grado di riproporre la tensione e l'attrazione verso questo genere di personaggi e di letteratura.

    Direi che è superficiale: manca qualcosa ad ogni personaggio e ad ogni scena: le sue storie dovrebbero essere riscritte e approfondite! Le idee non sono male.

    Che dire: aspettiamo che si rafforzi e che diventi una "vampira" come Bella!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Speriamo davvero, cara Nadia Mariella... Abbiamo bisogno di veri vampiri! ;) Davvero grazie tante per il tuo generoso e gratuito apprezzamento... :-)

      Elimina
    2. P.S. Aggiungerei: il mio invito a non scrivere più di vampiri è una "licenza poetica". Serve a introdurre la citazione di Charles Bukowski, che spiega cosa io intenda. "Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo". Trovo che scrivere di figure come i vampiri o i licantropi non possa essere qualcosa di "carino" o "conveniente". Per avere uno spessore, le storie devono letteralmente salire dal magma delle viscere... Per il resto, ognuno è libero di creare i personaggi che preferisce. Semplicemente, gli appassionati d'un dato genere POTREBBERO aver da ridire. ;)

      Elimina

Posta un commento

Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

Il Cimitero di Manerbio: cittadini fino all'ultimo

Con l'autunno, è arrivato anche il momento di ricordare l' "autunno della vita" e chi gli è andato incontro: i nostri cari defunti. Perché non parlare della storia del nostro Cimitero , che presto molti manerbiesi andranno a visitare?  Ovviamente, il luogo di sepoltura non è sempre stato là dove si trova oggi, né ha sempre avuto le stesse caratteristiche. Fino al 1817, il camposanto di Manerbio era adiacente al lato settentrionale della chiesa parrocchiale , fra la casa del curato di S. Vincenzo e la strada provinciale. Era un'usanza di origine medievale, che voleva le tombe affiancate ai luoghi sacri, quando non addirittura all'interno di essi. Magari sotto l'altare, se si trattava di defunti in odore di santità. Era un modo per onorare coloro che ormai "erano con Dio" e degni a loro volta di una forma di venerazione. Per costituire questo camposanto, era stato acquistato un terreno privato ed era stata occupata anche una parte del terraglio