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No, non ce l'abbiamo coi pavesi


No. Noi studenti dell’università di Pavia non ce l’abbiamo con la gente del posto. Anche se, durante una dimostrazione di protesta contro i tagli all’istruzione pubblica, un cinquantenne temporalesco ci ha biascicato: «Vedete di studiare un po’ di più, eh?» Anche se il fatto di star fuori con amici fino a tarda sera, o prolungare un concerto (pur autorizzato dal Comune), o tagliare edera incolta per farne festoni basta a bollarci come “spine nel fianco”. Anche se litigare con uno stoppino difettoso, in chiesa, accendendo un lumino, ci attira gli strali di una beghina semi-parlante. Anche se, quando il Corallo-Ritz ha chiuso i battenti, un rispettabile Pinco Pallino ha pontificato: «E gli studenti dove sono finiti? Preferiscono spendere 10 euro per una birra, piuttosto che per il biglietto del cinema? O guardano i film sulla pay TV, ‘tanto paga papà’?» Ebbene, rispettabile Pinco Pallino: le commediole e i fantocci in 3D che passavano da un pezzo non valevano neppure i 5 euro del biglietto ridotto. Quanto alla birra da 10 euro, dev’essere quella spillata dalle divine botti del Walhalla. Non abbiamo la pay TV –mi spiace deluderLa. Dobbiamo già provvedere a retta/affitto/libri/tasse/vestiti/cibo. Spesso, coi soldi non di “papà”, ma delle borse di studio, del tutorato, del lavoro part-time. Se c’è qualcuno/a che, però, può permettersi studi e pay TV col patrimonio di famiglia, ce lo/la presenti: per lui/lei, saremmo tutti single e senza tabù. Infine: mi scusi tanto… ma Lei ci ha preso per mucche della Sua latteria?
No. Non ce l’abbiamo coi pavesi. Anche se, durante una manifestazione contro un problema sociale, una signora mi ha detto: «Siamo così in pochi? Dove sono finiti gli studenti?» (Questa domanda retorica deve far parte d’un repertorio a prezzo fisso). Le ho risposto che:

  1. Gli studenti c’erano (io cos’ero, per esempio?);
  2. Eravamo in piena sessione d’esame, con tutto il carico di tragicomica alienazione che comporta.
(Senza contare che la manifestazione cadeva verso la fine della settimana e durante una ricorrenza popolarissima. Molti saranno stati fuori Pavia, o avranno avuto altri programmi. Dei pendolari non parliamo).
Al che, la signora è scoppiata a ridere: «Tu studi… Legge?» (Si chiama “Giurisprudenza”, comunque). «No…» «Ah, sai… perché stai facendo l’avvocato del diavolo…»
Nossignora. Io non sono un avvocato. Io spiego le cose dal mio punto d’osservazione. Chissà che, dopo averlo fatto, non ci si renda conto che non c’è alcun “diavolo”… (Ma perché, poi, dovremmo render conto degli affari nostri a Lei?). No, non ce l’abbiamo neanche con il locale umorismo.
Non ce l’abbiamo coi pavesi, nonostante il morbo del “politicamente corretto” predicabondo, qui, sia endemico da far paura alla peste. Perché, fra tante giovani braccia cui tocca cascare, ci sono pure episodi di rara delizia. Come quello delle vecchiette che, davanti a un cartello goliardico, hanno giubilato teneramente: «Oh, ragazzi… che fantasia avete!»

Commenti

  1. Brava! tutto vero e raccontato molto bene!

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  2. Poi i pavesi diventeremo noi e i nostri figli, e allora...

    È lo scontro generazionale. Nella sua versione di scontro tra pezzi di cittadinanza che non si capiscono, perché forse semplicemente non ci riescono.

    In ogni caso, a me questo ambiente un po' freddino non dispiace poi tanto.

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    1. "I pavesi diventeremo noi e i nostri figli..." Non è ancora detto, caro. ;)

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  3. Per il cittadino lo studente fuori sede ideale non è dissimile dall'immigrato ideale per la Lega.

    Per la Lega l'immigrato viene qui, lavora gratis et amore, dice sempre "sì signo', come volere tu signo', certo signo'", e appena stacca con il lavoro scompare (dove non si sa, e non importa) - in più fornisce l'occasione per fare voti con la cagnara degli immigrati che ci rubano il lavoro.

    Lo studente fuori sede per i Pavesi: ideale è che arrivi il lunedì mattina con un treno diverso da quelli dei pendolari (così non scassa le palle e non affolla la stazione che serve ai cittadini) e se ne torni da dove viene il giovedì o venerdì sera, rimanendo in città solo per spendere in affitti e cibarie. Altrimenti, se proprio deve rimanere tutta la settimana, deve adeguarsi all'immigrato ideale: pagare l'affitto ai pavesi, pagare le bollette e la tarsu al comune di pavia, spende negli esercizi commerciali dei pavesi, scomparire dopo le 17 ché non si tollerano schiamazzi, aiutare le vecchiette pavesi ad attraversare la strada, partecipare alle proteste dei cittadini pavesi anche se di nessun interesse, tenere pulito il giardino dei vicini di casa pavesi, chiamare ore pasti, astenersi perditempo.

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