Antonella Settura è un’ospite assidua su queste pagine, per via del suo Centro Danza attivo a Manerbio e a Capriano del Colle. Probabilmente, ciascuno dei nostri lettori ha assistito ad almeno un saggio della sua scuola. Tuttavia, lei non si occupa solo di danza.
Nata a
Brescia nel 1966, si è laureata in Lingue e letterature straniere allo Iulm di
Milano, con una tesi sul balletto dell’Ottocento: perciò, è anche insegnante di
lingue.
Come danzatrice, si è formata alla Società Ginnastica
Bresciana “Forza e Costanza”; si è poi perfezionata presso l’Accademia
Nazionale di Danza di Roma. Ha fondato il suo Centro Danza nel 1983, dove è
direttrice, insegnante e coreografa.
Come
docente di lingue, non avrebbe potuto trascurare la sua stessa lingua madre.
Perciò, ad Antonella piace anche scrivere.
È stata recentemente invitata a collaborare a un volume
collettivo di poesie: il n. 59 della collana “I Poeti di Ponte Vecchio”
(febbraio 2025, Dantebus Edizioni). Il titolo allude a uno dei monumenti più
celebri di Firenze, una delle due città (insieme a Roma) dove Dantebus ha
aperto gallerie d’arte che fungono anche da librerie. La collana succitata è un
progetto allo stesso tempo condiviso e d’élite: viene curata con la
consapevolezza che la poesia è attualmente un genere di nicchia, ma col
desiderio di creare legami e comunicazioni fra coloro che la amano.
Come gli
altri autori coinvolti, Antonella Settura ha partecipato al volume con dodici
componimenti in versi. Ovviamente, parlano anche di danza, come in “C’est moi”:
descrizione dello sforzo costante richiesto a chi pratica il balletto classico.
Ma ci sono anche simboli universali come quello del sole che si erge sulle
“Umane miserie”, titolo del secondo componimento. L’ “Inno alla vita” cerca di
esortare chi sperimenta il “tempo del disagio” a non buttare via i brevi,
preziosissimi anni concessi: seppellirsi prima del tempo nell’alcool e nel fumo
non è in ogni caso una risposta esistenziale appagante. “Il foglio bianco” è
l’orrore di chiunque ami scrivere o disegnare: quel maledetto blocco della
creatività ricorda troppo i momenti di disperazione nella vita. La magia della
“Primavera”, poi, non ha bisogno di spiegazioni, col suo tepore che ricorda le
carezze materne.
“Il
rumore delle parole” turba il silenzio dell’alba, anche quando proviene solo
dai pensieri. Il “Magnificat” celebra la danza vorticosa delle idee, meraviglia
sperimentata da qualsiasi mente creativa. “Il palcoscenico” parla del noto
amore di Antonella Settura per il teatro, dove vede realizzate le sue
caleidoscopiche coreografie. “A Lucrezia” è dedicata alla figlia.
“Potevo
farlo anch’io” parla della tentazione di lasciarsi affondare nel “letargo
sociale, stagnazione delle idee”: una forma di sconforto comprensibile in una
società in cui persino la produzione artistica è diventata sempre più
massificata e standardizzata. La “Felicità incompiuta”, invece, è quella di
perdersi tra le poltrone di velluto di un teatro o tra i volumi di una
biblioteca, con la consapevolezza che quella peculiare fame di cultura non sarà
mai davvero sazia.
“Ho
vinto!” è un breve dialogo allegorico tra la Follia, la Vecchiaia e l’Infanzia
su cosa sia la vera fortuna: una vincita alla lotteria, forse? O è un gioco
troppo insidioso?
Per cercare una risposta, si può provare a leggere integralmente queste poesie. Per chi volesse, esiste anche un’app curata da Dantebus Edizioni e scaricabile gratuitamente da Google Play Store: “Antonella Settura”.
Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 213 (marzo
2025), p. 8.
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