Cremaschini
ha dunque rappresentato i dodici Apostoli con diverse tecniche e assemblaggi di
vari materiali. Questi ultimi erano perlopiù di recupero (bottoni, ecc.). Il
tutto ha richiesto quindici anni di lavoro: era visibile, nelle varie tele, le
tappe dello sviluppo dell’artista.
Tutte erano accomunate dalle tinte squillanti.
A volte, lo stile era naïf, a volte geometrico, “picassiano” o “egizio”, altre
volte ancora molto materico; oppure, la pittrice aveva sciolto la forma nel
colore, esasperandola con effetti espressionisti. I Dodici erano così divenuti
altrettanti esperimenti di tecniche artistiche. Il culmine della maturazione,
naturalmente, era raggiunto nella figura del Cristo: inscritto in un tondo
color oro e argento, riassumeva in sé le caratteristiche degli altri dipinti.
Il tema dell’Ultima Cena, naturalmente, è stato seguito da quello della Pasqua, trattato da una mostra collettiva (10-23 aprile 2022). Trattandosi di una festività religiosa, l’inaugurazione è stata un po’ più solenne del solito. È iniziata con un discorso introduttivo del parroco, don Alessandro Tuccinardi, che ha sottolineato il legame fra gioia e dolore in questo periodo liturgico. L’osservazione ricollegava esplicitamente la Pasqua al presente periodo storico, segnato sia da una pandemia che da una guerra su suolo europeo.
Per
l’occasione, si è esibito al Borgomella il coro “Sant’Imerio” di Offlaga,
preparato e accompagnato all’organo da Marianna Manenti. Il programma è stato
presentato da Nicola Bonini.
Dopo
aver ascoltato la selezione di brani pasquali, il pubblico è stato invitato a
visionare le opere esposte. Era marmorea e ieratica La tomba ritrovata di
Fabiana Brognoli, mentre Il battito della Pace di Davide Rossini alludeva
alla guerra in Ucraina (ne era stata tratta una cartolina distribuita ai
presenti). Luciano Baiguera aveva dipinto L’Angelo della perla: il suo
candore incontrava la perfezione (appunto) della perla. Carlo Monterenzi aveva
fotografato i colori pastello dei fiori freschi (allusione alla resurrezione
della natura); Fabio Sterza aveva immortalato campagne dal cielo arrossato, per
mostrare l’impossibilità di distinguere l’alba dal tramonto, la morte dalla
rinascita. Lucia Aresi aveva proposto un Ecce Homo ad acquerello, mentre
Cristina Brognoli aveva illustrato con stoffe dipinte il passo di Esodo 23:20 (un angelo che guida il cammino del popolo eletto). Enrico Trementini aveva
proposto una Crocifissione dalle tinte accese. Alberto Gelmini aveva realizzato La preda di Geremy (suo pseudonimo): un pesce, simbolo paleocristiano, era
composto da vari ingranaggi, per alludere alla sua modernità. Per l’esattezza,
era un Pesce San Pietro. Sempre di Baiguera era La croce gloriosa, mentre
Giovanna Cremaschini aveva rappresentato il Battesimo nel fiume Giordano. Mauro
Zilioli era l’autore di una Pietà. Ogni opera esprimeva sofferenza e
speranza: fin troppo in linea con lo spirito dei tempi.
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