Era stato previsto per la Giornata della Memoria, ma le restrizioni dovute alla pandemia l’hanno fatto rimandare. Finalmente, il 22 aprile 2022, si è tenuto a Manerbio il concerto “Lo schiaffo: per la pace, contro ogni guerra e per la Giornata della Memoria”. Nel portico del palazzo comunale, Edmondo Mosè Savio ha accompagnato al pianoforte tre voci: il soprano Daniela Capelletti, il mezzosoprano Tea Franchi e l’attore Luciano Bertoli.
Il concerto era dedicato a un
capitolo poco noto della Shoah: la persecuzione dei musicisti, in quanto ebrei
o in quanto autori di musica “degenerata”.
Lo “schiaffo” che dava il nome alla
serata era, in realtà, solo l’inizio di una più pesante aggressione fisica
subita da Arturo Toscanini. La sera del 14 maggio 1931, il celebre direttore
d’orchestra avrebbe dovuto dirigere un concerto in memoria di Giuseppe
Martucci, a Bologna. Si rifiutò però di farlo introdurre da Giovinezza e
dalla Marcia Reale. Una squadra fascista, dunque, lo raggiunse presso uno
degli ingressi laterali e “gli diede una lezione”. Sempre Toscanini, nel 1933,
si rifiutò di tornare a dirigere l’orchestra al festival wagneriano di
Bayreuth, come avrebbe voluto Hitler. Anzi, nello stesso anno, il direttore fu
il primo firmatario di un telegramma diretto al Führer, per protestare contro
il bando dei musicisti ebrei dalle orchestre tedesche.
Come ha ricordato la voce di
Bertoli, l’esclusione dei non ariani dalla vita artistica impoverì notevolmente
il panorama musicale. Furono censurati i componimenti di Felix Mendelssohn
(1809-1847), in quanto egli era di origini ebraiche; fu censurato Franz Lehár
(1870-1948), il celebre compositore de La vedova allegra, perché aveva una
moglie ebrea. E così via.
Anche in Italia, dopo l’emanazione
delle leggi razziali, diversi musicisti lasciarono il Paese o vissero nascosti.
Un esempio è quello di Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968), di cui Savio ha
eseguito il brano Alghe. Rimasto senza lavoro a causa delle proprie origini
ebraiche, emigrò negli Stati Uniti.
Kurt Weill (1900-1950), invece, era tedesco, nonché figlio di un cantore di sinagoga. Mescolava musica classica, jazz e cabaret; i suoi brani davano voce agli emarginati e servivano uno scopo sociale. Una “carta d’identità” che riuniva tutto quanto spiaceva al nazismo, insomma. Anche Weill dovette optare per l’emigrazione.
Oltre
alla questione razziale e politica, c’era anche quella della cosiddetta “musica
degenerata”. Il regime hitleriano ripudiava quanto uscisse dal solco tracciato
dai grandi compositori tedeschi. Il fascismo rifiutava ciò che non era
abbastanza “fiero” o che sembrava anche solo vagamente esprimere dissenso e
disillusione rispetto all’operato del governo. Dopo un canto in ebraico, la
serata manerbiese ha così visto in programma Mille lire al mese, “manifesto”
di quell’ideale di “vita tranquilla” in linea col regime. Banditissimo era il
jazz, accusato di ogni nefandezza possibile… ma che entrava nel Paese grazie a italianizzazioni
e traduzioni.
Durante il concerto, è risuonato anche il
leitmotiv de La vita è bella. Fra le canzoni d’epoca, sono state proposte
anche Vivere e Abbassa la tua radio. Più recente La guerra di Piero, noto
brano di Fabrizio De André; iconico era “Imagine”, di John Lennon.
Bertoli
ha proposto anche testi poetici: Alle fronde dei salici e Uomo del mio tempo, di Salvatore Quasimodo; Generale, di Bertolt Brecht; ma anche versi di Gianni Rodari sull’universale bellezza della luna, che è sempre la stessa…
su Kiev e su Manerbio (come recitava un verso riadattato). La Ninna nanna della guerra di Trilussa, in tono apparentemente leggero, ha espresso la
tragicità del secondo conflitto mondiale. Tante voci per ricordare l’assurdità
di qualsiasi guerra o pretesa di “purezza”.
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