Una pagina da "Lager", inserto di "Triangolo Rosso" (mensile dell'ANED), 1985. |
Presso
la Biblioteca Civica, dal 27 gennaio al 27 febbraio 2018, è stata installata
una mostra dedicata alla Giornata della Memoria. Uno dei pannelli ricordava
l’ottantesimo anniversario delle leggi razziali (1938-2018). Una scatola in
legno, aperta, riportava invece il logo dell’A.N.P.I. Manerbio - Sezione
“Giuseppe Bassani”. All’interno del coperchio, era riportata un’espressione di
Liliana Segre (Milano, 1930), testimone dell’Olocausto e senatrice a vita dal
19 gennaio 2018: quella che definisce i giovani “candele della memoria”. Il
contenuto della scatola erano (appunto) lumini colorati, a cui erano legate
note biografiche o citazioni documentarie su cartoncino.
La
parte più consistente della mostra era costituita da ingrandimenti delle pagine
di “Lager”: supplemento a un numero di “Triangolo Rosso”, mensile dell’ANED
(Associazione Nazionale Ex Deportati politici nei campi di sterminio nazisti).
Il titolo della testata allude, appunto, al triangolo rosso con sigla relativa
alla nazionalità, che contrassegnava i prigionieri politici.
L’inserto
ripercorreva le tappe della storia dei lager. Il 1935 vide il riarmo della
Germania e le leggi razziali di Norimberga. Gli ebrei furono pubblicamente
indicati come nemici e l’antisemitismo fu insegnato persino nelle scuole, come
mostravano le lavagne fotografate. Nel 1936, l’esercito tedesco entrò in
Renania, violandone lo status smilitarizzato stabilito dal Trattato di
Versailles e dal Patto di Locarno. Nello stesso anno, terminò la guerra
fascista contro l’Etiopia e fu proclamato l’Impero italiano. A Sachsenhausen,
campo principale di Berlino, i sorveglianti detti “Kapos” (scelti fra
“delinquenti comuni” e “asociali”) infierivano sugli altri prigionieri, per
“meritarsi” privilegi: così affermava il pannello dedicato al 1936. Un altro
citava i concetti di “spazio vitale” e “soluzione finale”. Il primo è la
traduzione di “Lebensraum”: termine passato dalla fito-zoogeografia alla
geopolitica, per giustificare l’espansione della Germania verso est e le
aspirazioni territoriali italiane. La “soluzione finale” si riferiva alla
sistematica deportazione (poi sistematico sterminio) dei cittadini ebrei.
Le
fotografie riportavano i suicidi degli internati contro i reticolati percorsi
dall’alta tensione, un disegno infantile che riproduceva impiccagioni di
prigionieri e un’orchestrina che accompagnava un condannato a morte. Altre
ritraevano i deportati che scendevano dai convogli e una famiglia divisa dalla
selezione: quella che decideva chi inviare ai “Kommandos” (unità di lavoro forzato)
e chi alle camere a gas. Questi ultimi, perlopiù, erano anziani, donne e
bambini.
Uno degli "Stendardi della Memoria" di Luciano Baiguera (Manerbio, BS) |
Il
pannello dedicato al 1944-45 insisteva sul terribile inverno: fame ed epidemie
mietevano vittime nei lager; le SS infierivano sui prigionieri, per figurare
come “combattenti di prima linea” ed evitare così il fronte. La popolazione
tedesca subiva i bombardamenti a tappeto, mentre anche anziani e ragazzi erano
inviati a combattere. Tutto questo per arrivare al fatidico 27 gennaio 1945:
giorno in cui l’Armata Rossa giunse ad Auschwitz.
Nel
cortile della biblioteca, era esposto anche uno degli “Stendardi della Memoria”
realizzati da Luciano Baiguera. Gli altri si trovavano sulla facciata del
palazzo comunale, presso il Politeama e nella stazione. Essi riportavano i distintivi
che distinguevano le categorie di internati: ebrei (stella a sei punte o
triangolo giallo), prigionieri politici (vedasi sopra), zingari (triangolo
marrone), “asociali” (triangolo nero), testimoni di Geova (triangolo viola),
omosessuali maschi (triangolo rosa; le donne lesbiche erano invece classificate
fra gli “asociali”), apolidi (triangolo blu), delinquenti comuni (triangolo
verde). Cerchi concentrici contrassegnavano invece coloro che erano considerati
“pericolosi” (erano bersagli per le SS, insomma).
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.