Vista la posizione geografica di Manerbio, era inevitabile che la nostra città avesse un certo rilievo politico e militare nel Medioevo. Ne parla Mons. Paolo Guerrini, nella sua opera Manerbio: la Pieve e il Comune (Brescia 1936, Scuola Tipografica Opera Pavoniana). Tale importanza era dovuta al suo essere pressoché al centro della Bassa Bresciana, sulle vie di comunicazione con l’Italia centrale.
Manerbio ebbe dunque due
fortificazioni: una sulla sponda meridionale del Mella, detta “il Castelletto”
(per ospitare un corpo di guardia), e una maggiore: il Castello vero e proprio.
Questo comprendeva la pieve, la canonica, il cimitero e alcune case signorili,
al centro dell’abitato. Anche il Comune aveva la propria sede presso la pieve,
all’ombra del campanile, e possedeva le case vicine (atterrate in seguito per
costruire la piazza). Questa vicinanza non era casuale: ancora nel Cinquecento,
era normale che le assemblee della Vicinia comunale si tenessero sul sagrato o
addirittura dentro la chiesa, in caso di maltempo.
Un terzo, piccolo castello era
situato in campagna, per permettere ai contadini di difendersi dalle incursioni
dei briganti.
È ignota l’epoca di costruzione del
Castello principale di Manerbio; secondo Mons. Guerrini, bisogna risalire
almeno al X secolo. Tra le famiglie che vi abitavano, lo storico ricorda i
Boccaccio - da intendersi come soprannome dato a un casato di feudatari locali.
Per quanto riguarda i personaggi
illustri che passarono per la nostra città, Mons. Guerrini ci sorprende
ricordando una visita di S. Bernardo di Chiaravalle intorno al 1140, per
gettare le fondamenta del monastero femminile di S. Maria della Colomba (con
regola cistercense). Era una casa di penitenza per nobildonne convertite; alla
sua fondazione, collaborarono i Boccaccio, insieme al vescovo Manfredo (forse,
della loro stirpe). Non sono però note le ragioni che portarono alla creazione
di questo monastero.
Alquanto leggendario è il
personaggio del monaco guerriero D. Taione Boccaccio: benedettino, avrebbe
preferito le armi al saio; rinchiuso nel Castello di Manerbio, con un forte
gruppo di fuorusciti ghibellini, avrebbe affrontato l’assedio dell’esercito
guelfo di Brescia. La resistenza di Taione e dei suoi, però, si sarebbe
conclusa con un trattato di pace e col suo ritorno all’abbazia di Leno, nel
1268 (cfr. F. Odorici, Storie bresciane VI, 193).
Già nel 1271, però, i ghibellini
tornavano ad asserragliarsi nel Castello manerbiese e ad affrontare un altro
assedio. Dopo quaranta giorni, esso si concluse con la rovina degli assediati:
il legato di re Carlo I d’Angiò, condottiero dei guelfi in Italia, mandò al
confino i prigionieri e diede ordine di spianare il Castello. Più tardi, esso
fu ricostruito e fu pronto ad affrontare nuovi conflitti, nei quali le lotte
tra guelfi e ghibellini si intrecciavano a quelle fra signorie. In particolare,
il territorio bresciano fu conteso tra i Visconti di Milano e gli Scaligeri di
Verona. Queste lotte del XIV secolo furono sostituite da quelle fra Milano e
Venezia, nel Quattrocento. La Serenissima conquistò i territori di Brescia,
Bergamo e Crema nel 1426-27. E questo aprirà un nuovo, intricato capitolo della
storia manerbiese, stretta fra Milano e la Repubblica di S. Marco, in rapporti
perennemente ambigui con entrambi.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 169 (settembre 2021), p. 6.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.