Passa ai contenuti principali

Parlare arabo in Italia: un futuro sempre più multilingue

chorouk manerbio corsi di araboAnche nel 2018, l’associazione di promozione sociale “Chorouk” di Manerbio ha festeggiato la conclusione dei corsi di arabo da essa organizzati. Il 17 giugno 2018, i membri dell’associazione hanno invitato la cittadinanza all’evento, tenutosi in via Strada Vecchia per Milzanello n. 2. Il luogo era un tendone collocato in uno spazio fornito da un privato cittadino.
Il benvenuto ai presenti è stato dato dal presidente della Chorouk, Allal Martaj. Ha ringraziato: l’amministrazione comunale; Annamaria Alghisi, dirigente dell’Istituto Comprensivo di Manerbio, che ha messo a disposizione i locali per i corsi di arabo; le insegnanti e il responsabile dei suddetti corsi; il proprietario della location dove si sono svolti gli incontri durante il Ramadan. Il suo discorso ha sottolineato la volontà della Chorouk di promuovere la conservazione dell’Islam e della lingua araba, ma nell’ottica di una partecipazione alla società italiana.
Più volte, durante l’evento, bimbi e preadolescenti hanno dato prova delle loro competenze, dialogando o cantillando in arabo. 

isam maarouf
Isam Maarouf


 Nemmeno quest’anno è mancato il contributo di Isam Maarouf: giovanissimo artista di origini marocchine che ha proposto la sua “beatbox”, riproduzione a voce di suoni e rumori svariatissimi.
            Le suddette lezioni di arabo erano rivolte sia a bambini che adulti, in corsi distinti. Erano seguite da allievi di origine africana desiderosi di conservare una parte delle proprie radici culturali e di poter leggere il Corano; ma non mancavano alunni italiani. Uno di loro era Gabriele Zilioli, che ha preso la parola durante la festa. Ha scoperto le lezioni di arabo per caso e se ne è interessato per ragioni universitarie. Ma ha affermato d’aver apprezzato molto anche l’ambiente umano.
Dopo un altro coro di voci infantili, una delle maestre ha tenuto un discorso: esso riguardava lo studio delle lingue come arricchimento culturale, ormai praticato a livello mondiale.
Per quanto riguarda l’arabo orale, ogni zona in cui è parlato è contraddistinta da accenti e varianti - come avviene per ogni idioma vivo. La versione “standard” è quella in cui è redatto il Corano, spesso (almeno in passato) impiegato come base dell’educazione già in età infantile. Le scuole moderne aperte nei Paesi africani registrano questa assenza, è stato affermato durante la festa. I bambini che apprendono l’arabo coranico lo percepiscono comunque come una “lingua straniera”, dato che differisce dai dialetti parlati in famiglia.
Oltre al momento culturale, naturalmente, la festa ha compreso quello conviviale. Tè alla menta caldo e zuccherato è stato servito in appositi bicchieri dalle decorazioni argentate. Sono stati serviti svariati vassoi di pasticcini d’ogni gusto e foggia. Ai bambini era riservata la pizza.
chorouk manerbio dolci marocchini            Voci femminili in coro hanno cantato brani in lingua araba, fra cui uno che parlava del Marocco. E marocchina era la bandiera che le accompagnava, che hanno anche sventolato in corteo per il tendone.
            Altro momento della festa è stata la consegna di targhe di riconoscimento e diplomi: questi ultimi agli allievi e alle maestre dei corsi, le prime a diverse figure. Ad assessori e consiglieri comunali, innanzitutto. Liliana Savoldi, in particolare, ha ricordato ai piccoli che è bene studiare l’arabo… ma che, in contraccambio, potrebbero insegnare l’italiano alle madri. Issa Bousso si è presentato in vece della direttrice dell’Istituto Comprensivo, mentre la mediatrice culturale Fatima Sadiqi ha ricevuto la targa che le spettava. Sono stati “premiati” anche i giocatori della squadra della Chorouk. Naturalmente, sono stati intonati l’inno di Mameli e quello marocchino. Un altro modo per sottolineare la volontà di saper vivere fianco a fianco, senza confondersi.


Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e Victoria, destinati a un matrimonio di convenienza, non è co

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italiana: i