Si trattava di una fila di pietre bianche, da cui spuntavano ciuffetti d'erba o fiori. Intendevano ricreare un infinito cimitero, benedetto però da qualche tocco di "verde speranza": cenni di vita nascente, che non si fa fermare da alcuno sterminio. Era un riferimento all'Olocausto e all'Europa rinata dopo il 1945, ma avrebbe potuto essere applicato a qualsiasi strage, comprese quelle che affollano le cronache di questo periodo. L'installazione era completata da uno stendardo nero (in segno di lutto), su cui era possibile scrivere il proprio nome, a titolo di solidarietà verso le vittime innocenti. La "luce nel buio" viene proprio da qui: dalla scelta fondamentale di non partecipare alla disumanizzazione dell'altro e di non ripetere le atrocità del passato (o del presente).
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Da sinistra: Luciano Baiguera, coordinatore del collettivo artistico "In Essere"; Alessandro Desplanque, presidente dell'ANPI Manerbio; Sara Barbi, assessora alla Cultura del Comune di Manerbio. |
Per le fotografie, ringraziamo:
Luciano Baiguera, Cristina Brognoli, Fabiana Brognoli, Luigi "Bigiai"
Viviani, Giovanna Cremaschini, Vanessa Anzoni, Fabio Sterza.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 212 (febbraio 2025), p. 20.
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