La Donna con fiore era ispirata a
un’opera di Achille Funi. Il piacere della vista e quello dell’olfatto si
fondevano, per offrire consolazione ai sensi. La donna era anche una seconda
Eva, rivisitata unendo Matisse a Picasso. Il dipinto era su carta, il materiale
preferito da Baiguera. Essa è da lui spesso trattata con la cenere, simbolo
della caducità materiale per eccellenza: l’arte la trasforma in qualcosa di
bello e prezioso.
Il faro, invece, era stato realizzato con pastello su legno. Era una citazione dallo Sposalizio della Vergine di Raffaello: così come in quest’ultimo, vedevamo aprirsi una porta che dava sull’orizzonte azzurro. Sulla stessa linea del Faro, si trovava appeso un Cristo Pantokrator realizzato nello stile delle icone bizantine: questo permetteva la lettura allegorica dell’opera.
L’Annunciazione, invece, vedeva
un Gabriele dalle ali trasformate in onde luminose rivolgersi a una Madonna
contemporanea. La finestra sullo sfondo dava su una scena notturna: la cartiera
di Verolavecchia illuminata da lampioni. Accanto, c’era un altro notturno: la
pieve di Manerbio appariva in lontananza, mentre un’onda di luce invadeva il
cielo scuro; s’intravedevano in essa tre profili stilizzati di arcangeli.
Il Pantokrator di cui sopra era
affiancato da una Madonna con Bambino. Nei pressi, c’era anche La guerre: una
torre in rovina ricordava contemporaneamente la torre di Babele e le
distruzioni operate dai bombardamenti, mentre una figura umana si rannicchiava
nella terra. Il ritratto accanto (carboncino su carta) rappresentava un’anziana
contadina ucraina ed era stato realizzato in tempi non sospetti, per
immortalare una persona reale. La donna offriva pane e sale, tradizionale modo
per accogliere gli ospiti.
In S. Michele e il drago, si
ritrovava l’onda luminosa, unita al movimento verticale. La scelta della carta
di giornale come supporto rimandava al quotidiano e alla fragilità. Nella bocca
del drago, appariva un finto orizzonte luminoso, tagliato dalla lingua
biforcuta; sotto il suo mento, si trovava l’orizzonte reale, con tanto di
chiesa in lontananza. Il bordo superiore dell’opera era dorato: un riferimento
al divino e all’eternità.
Un’altra Madonna col Bambino
compariva su sfondo carnicino, a suggerire calore e un rimando
all’Incarnazione. La terza Maternità era dipinta su tela di sacco: l’ossidazione
l’aveva trasformata in una Madonna nera. Accanto, si trovava l’immagine di un
feto proveniente dall’esposizione Ecce Homo, realizzata in occasione della
Giornata della Memoria 2016. Il Ritratto di signora era dedicato alla memoria
di una donna defunta, che si apprestava a passare per la porta dell’eternità. L’angelo del trapasso dalla follia umana era dedicato alle vittime di famose
stragi terroristiche, accostate al Cristo sacrificato. Una serie di disegni di
piccolo formato riassume le tematiche della mostra, in immagini nette ed
essenziali come meditazioni.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 185 (novembre 2022), p. 10.
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